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16/12/2020

economia

La preoccupazione più importante per il settore pensionistico europeo è l'anti-fragilità

 

I piani pensionistici si indirizzeranno verso i mercati privati per conseguire nei portafogli una resilienza su misura e verso le azioni globali per colmare il deficit di finanziamento. Cresce l'importanza del fattore S negli ESG

Con l'economia globale tormentata da tanta incertezza, coloro che gestiscono soluzioni pensionistiche si ritrovano in un viaggio verso l'ignoto. Di conseguenza, i piani pensionistici adesso premiano più di ogni altra cosa la resilienza del portafoglio, come viene evidenziato dal nuovo rapporto 2020 "Creating resilient pension portfolios post COVID-19" pubblicato da CREATE-Research e da Amundi. Lo studio si basa su un sondaggio effettuato su 158 intervistati in rappresentanza di 17 mercati pensionistici sia pubblici che privati, con 1.960 miliardi di euro complessivi in gestione. La ricerca si prefigge di fare chiarezza su come i piani pensionistici in tutto il mondo stiano reagendo mentre l'economia mondiale lotta per riprendersi da quello che è l'equivalente economico di un gravissimo infarto.

La preoccupazione più importante per il settore pensionistico europeo è l'anti-fragilità

Il COVID-19 ha pesantemente danneggiato le finanze delle soluzioni pensionistiche, ci aspettano una ripresa irregolare e il ritorno dell'inflazione
La risposta straordinaria in termini di politica monetaria da parte delle banche centrali e dei loro governi è stata tempestiva e indispensabile. Ma ha anche provocato degli effetti collaterali molto dannosi per la solvibilità dei piani pensionistici attraverso il gonfiarsi delle passività e la caduta a picco dei rendimenti forniti dagli attivi, dovuta all'azzeramento dei tassi di interesse. Insieme al crollo del mercato nel marzo 2020, questi elementi hanno danneggiato i funding ratio a livello mondiale.
Secondo l'85% degli intervistati, i mercati finanziari avranno una ripresa a forma di W o a fisarmonica: entrambi gli scenari sono molto volatili per natura. La maggior parte degli intervistati ha dichiarato di ritenere probabile che le banche centrali perderanno l'indipendenza dai loro governi (84%) e che l'inflazione seguirà la deflazione dopo la fine della crisi attuale (77%). Infine, la stragrande maggioranza degli intervistati ritiene che i rendimenti degli asset saranno inferiori in questo decennio rispetto a quelli precedenti (90%).

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Il Professor Amin Rajan di CREATE-Research, che ha guidato il progetto, ha detto: "valutare il danno sul piano macroeconomico del COVID-19 è come guardare attraverso un caleidoscopio: ad ogni giro del quadrante appaiono immagini diverse. Comunque una cosa è certa: più a lungo durerà la pandemia, maggiore sarà il danno economico per i piani pensionistici".
Investire si riduce adesso ad un unico imperativo: contrastare la fragilità
L'asset allocation avrà due ulteriori pilastri: liquidità e resilienza. In quest'epoca di accresciuta incertezza e volatilità, gli investimenti devono avere un orizzonte di lungo periodo, come sottolineato da tre quarti (76%) dei nostri intervistati. Il 75% degli intervistati si rivolgerà ai mercati privati per conseguire una resilienza su misura, mentre tra le azioni globali quelle delle aziende con cash flow elevati che vengono reinvestiti in azienda (cd. compounder) saranno in cima alle scelte di asset allocation per il 76% degli intervistati alla ricerca di strumenti per rendere meno fragili i loro portafogli.

Oltre la metà (58%) si rivolgerà all'investimento tematico per la sua resilienza intrinseca grazie ai temi secolari. Un fondo pensione britannico ha indicato alcuni ambiti specifici. Il primo è la demografia, con focus sull'assistenza sanitaria e sull'urbanizzazione. Il secondo è la tecnologia, incentrata sull'intelligenza artificiale, sulle reti 5G e sul cloud computing. Il terzo è l'ESG, con focus sulle energie rinnovabili, sulle prassi in ambito lavorativo e sulla corporate governance.
Poiché ci si aspetta che le obbligazioni sovrane producano rendimenti minimi, gli strumenti di risk management faranno ampiamente affidamento su altri mezzi. La pianificazione di uno scenario più ampio sarà l'approccio preferenziale che sarà utilizzato dai piani pensionistici per gestire il rischio nei portafogli durante il prossimo decennio (61%), mentre quasi due terzi degli intervistati (57%) faranno affidamento principalmente sulla gestione della liquidità. La diversificazione rimarrà un forte caposaldo negli investimenti, che si tratti di asset class (55%) o di fattori di rischio (54%).

Pascal Blanqué, Group Chief Investment Officer di Amundi (nella foto), sottolinea che "il COVID-19 ha costretto governi e banche centrali a lanciarsi in una risposta di politica monetaria 'whatever it takes' come in tempo di guerra. Gli impatti nel lungo periodo sui mercati finanziari diventeranno evidenti solo a posteriori. Di fronte a una tale incertezza, la resilienza del portafoglio e l'anti-fragilità saranno la nuova stella polare per coloro che gestiscono soluzioni pensionistiche".
I piani pensionistici favoriranno le azioni globali per la crescita del capitale
Per la generazione di reddito saranno privilegiate cinque classi di attivi: infrastrutture (58%), obbligazioni US Investment Grade (44%), obbligazioni Investment Grade dei mercati emergenti (41%), private debt (38%) e Investment Grade europeo (36%). Le infrastrutture in particolare beneficeranno di incentivi fiscali su larga scala con una particolare attenzione alle energie rinnovabili e al miglioramento delle dinamiche di costo. Un intervistato ha aggiunto che "con la loro intrinseca resilienza, le infrastrutture saranno il più grande vincitore di questa crisi".

Per quanto riguarda la protezione dall'inflazione, l'azionario e le infrastrutture saranno nuovamente favoriti; materie prime e debito immobiliare lo saranno molto meno con solo, rispettivamente, il 4% e il 29%. Le obbligazioni sovrane saranno preferite da una piccola minoranza (18% per i titoli di Stato Usa e 17% per i titoli di Stato dei mercati emergenti) e solo quelle con buoni funding ratio che consentono un elevato grado di gestione dei rischi del portafoglio.
I fondi ESG passeranno dall'essere un indicatore virtuoso a essere un indicatore di valore
La pandemia ha dato agli investitori un vero assaggio di come gli shock fisici possano devastare i portafogli. In questo contesto, gli investimenti ESG si sono dimostrati resilienti, fornendo al contempo dei buoni rendimenti corretti per il rischio. Il crollo del mercato nel mese di marzo è stato un vero e proprio test per capire se l'investimento ESG sia o meno solo un "lusso" del mercato toro che manca di resilienza nei momenti in cui si verificano grandi perdite.

I risultati del nostro sondaggio dimostrano il contrario. Per la maggior parte degli intervistati, i loro fondi ESG hanno ottenuto risultati migliori del resto del portafoglio (52%) o di pari misura (45%). Inoltre "il fratello minore" a lungo ignorato in ambito ESG, ossia il fattore ?S', ha assunto valore poiché il COVID-19 ha reso evidenti salari bassi, lavori precari e sfruttamento dei lavoratori che svolgono mansioni in prima linea, in particolare nel commercio al dettaglio, nei trasporti e nel settore medico.
Secondo un altro partecipante all'indagine "le imprese si stanno rendendo conto di aver bisogno di una licenza sociale per operare. Le vecchie modalità adesso sono inaccettabili per i loro clienti." Con queste considerazioni di natura sociale che vengono alla ribalta, la componente 'S' dell'acronimo ESG in futuro sarà più importante poiché i riflettori sono puntati su come le aziende globali gestiscono in particolare le loro catene di approvvigionamento. Quindi, rispetto al sondaggio del 2018, l'importanza relativa del fattore sociale (30%) ora è aumentata e quella dei fattori ambientali (41%) e di governance (29%) è in qualche modo diminuita.



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