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Editoriale
I Ristori che non servono ma umiliano chi lavora

In attesa dei vari decreti Ristori (dovremmo essere arrivati al quinto), poco più che elemosine, l'Italia scivola sempre più nella palude della recessione.
Il Fondo Monetario Internazionale ad ottobre ipotizzava una caduta del Pil del 10,6%, l'OCSE del 9,1%, l'Istat comunica un III trimestre al -8,3%, ma il secondo lockdown farà salire ulteriormente il dato, che qualcuno vede nelle vicinanze del 13%.
E del resto, con l'export che si è fermato e i consumi interni e il Pil che arretravano già a fine 2019, è chiaro che la pandemia avrà un effetto letale sul nostro tessuto produttivo ed economico.
I numeri sono impietosi.
Secondo l'Istat in Italia siamo arrivati al settimo mese consecutivo di deflazione e non si vede come si possa invertire la tendenza.
Per le attività al dettaglio non poter aprire significa morire, visto che i costi fissi rimangono.
E la beffa della chiusura forzata, magari dopo aver speso migliaia di euro e indebitarsi per mettersi in regola con le norme anti COVID-19, è per molti la mazzata finale. Basti pensare alla ristorazione o all'abbigliamento.
Avrebbero bisogno ben altro che i decreti Ristori o del rinvio di 10 giorni delle scadenze fiscali.
Secondo il Centro Studi della CGIA di Mestre "dalla primavera scorsa il governo tedesco ha erogato 284 miliardi di euro a sostegno, in particolar modo, di lavoratori, imprese, scuola, trasporti e sanità. Ben 194 in più di quelli stanziati per gli stessi ambiti dal nostro esecutivo".
Questo offre in misura inequivocabile la differenza sul come, quando e quanto sia stata affrontata la pandemia.
E per la Francia abbiamo misure equipollenti a quelle tedesche.
Peraltro né a Berlino né a Parigi è venuto in mente a qualcuno di allocare risorse milionarie in monopattini elettrici, ma si sa, noi abbiamo il genio italico.
Sempre la CGIA lancia l'allarme: entro la fine dell'anno 3,6 milioni di italiani potrebbero perdere il lavoro, anche in presenza della legge che vieta i licenziamenti.
Se un'impresa non ha abbastanza commesse almeno per coprire le spese, chiude.
Vale per i negozi come per i professionisti e per le PMI.
Ma l'esecutivo continua a parlare a reti unificate come se avesse inondato aziende, lavoratori e cittadini di liquidità.
Salvo poi scoprire, giusto per fare un esempio, che dei 12 miliardi di euro messi a disposizione dal Governo per consentire alle ASL, alle Regioni e agli Enti locali il pagamento dei debiti commerciali scaduti entro il 31 dicembre 2019, solo poco più di 2 miliardi sono stati richiesti alla Cassa Depositi e Prestiti per saldare i propri creditori.
Le casse del MES non sono mai state così fornite. Di questo passo saranno sempre di più i cittadini che ne avranno le tasche piene, che stufi di promesse potrebbero alzare la voce e farsi sentire in modalità molto meno social e più in presenza?
Con tutto ciò che ne seguirà.



Claudio Gandolfo

In questo numero


 

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