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02/12/2020

idee

L'azienda Italia è abbastanza forte per superare la crisi

 

Valentino Pediroda (modefinance): la corporate domestica è più solida sul fronte finanziario e più preparata ad affrontare i nuovi scossoni, con un sistema comunque resiliente

Dieci anni dopo la Grande Crisi Finanziaria, la grande Azienda Italia è meno indebitata e più redditizia e, a piccoli passi, guadagna terreno sul fronte del merito di credito, la cui qualità aumenta sensibilmente, con il rating che sale di un notch, passando in media da B a BB. Ma soprattutto raddoppiano le quote di aziende tripla A e doppia A, a scapito delle junk (tripla C e doppia C, pressoché dimezzate). È una buona notizia anche perché nel frattempo gli strumenti di analisi del rating sono diventati più sofisticasti e dunque più affidabili, in grado di cogliere, con l'analisi previsionale affiancata a quella storica tutte le sfumature delle possibili insolvenze. Un'evoluzione che hanno subito gli stessi strumenti di modefinance, società FinTech specializzata in soluzioni di Intelligenza Artificiale per la valutazione e la gestione del rischio di credito, a partire dal modello di credit scoring More, che si è arricchito grazie ad AI e machine learning, e di For-St, modello previsionale modulare che consente di proiettare i bilanci nel futuro per prevederne la solidità.

L'azienda Italia è abbastanza forte per superare la crisi

Il campione: le aziende analizzate fatturano oltre 1.600 miliardi di euro
Abbiamo confrontato i dati di bilancio del 2007 relativi alle prime 100mila aziende italiane per fatturato, con le superstiti del 2019 (circa 70mila), riuscendo a estrapolare per un confronto, in base ai bilanci già pubblicati a fine ottobre 2020, un campione di circa 24mila realtà. Un'analisi mirata a fotografare la condizione delle nostre aziende nell'anno che ha preceduto due delle più gravi crisi economiche dell'epoca contemporanea e a immaginare in che mondo potranno pararne i colpi oggi, proprio a partire dall'esperienza 2008. Se i numeri non sono un'opinione, raccontano che le aziende sono oggi più preparate ad affrontare le crisi, complici anche strumenti di analisi della solvibilità più sofisticati, interventi pubblici massicci in termini di incentivi e regole più efficaci. Il campione analizzato è molto rappresentativo della produzione italiana. Tanto per avere un'idea della sua ampiezza, riportiamo che il fatturato totale ammontava nel 2019 a 1.613 miliardi (+22% rispetto ai 1.256 miliardi nel 2007), un valore vicino a quello del Pil italiano dello stesso anno (1.787 miliardi di euro). È un campione anche molto eterogeneo, includendo tutti i settori merceologici e organizzazioni con fatturati che variano da un minimo di 2,6 milioni a un massimo di oltre 84 miliardi. Il primo dato rilevante è la crescita del fatturato mediano, passato da 8,6 milioni nel 2007 ai 12,2 del 2019, un aumento che sfiora il 42%.

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La corp italiana ha le spalle larghe: leverage entro i livelli di sicurezza e Roe su del 67% (al 6,5%)
Buone notizie anche sul fronte qualitativo. Migliorano molto i parametri di bilancio, a partire dai livelli di indebitamento sia complessivo sia finanziario. Il leverage, che misura l'indebitamento totale di un'impresa esprimendo il grado di dipendenza da fonti di terzi, dovrebbe posizionarsi tra 0 e 2 per un'adeguata proporzione delle fonti di investimento, mentre ratio superiori al 3 segnalano un forte squilibrio. Il leverage delle nostre aziende è significativamente migliorato dal 2,71 del 2007 all'1,91 del 2019. Situazione simile per il leverage finanziario, che indica l'indebitamento finanziario e che è passato da 0,53 a 0,40. Un altro dato interessante è relativo al current ratio, che misura la capacità dell'impresa di ripagare i debiti a breve termine (attività correnti/passività correnti). Nelle attività correnti rientrano le risorse di denaro liquido dell'azienda e quelle che si presume possano essere convertite in denaro entro un anno: per questo parametro è auspicabile che il valore si collochi tra 1,5 e 2,5. Le nostre aziende sono vicine al limite inferiore di questo range con un risultato pari a 1,46 (dall'1,29 del 2007). Mostra un miglioramento anche il quick ratio (che valuta l'ammontare di debiti finanziari in scadenza che possono essere ripagati velocemente, senza attendere il rientro di liquidità dal magazzino) passato da 0,99 a 1,08. Non si osservano invece variazioni in termini di Roi (il parametro che misura la reddittività degli investimenti) pari al 3,7%, al contrario del Roe (che misura la reddittività del capitale proprio ovvero la bontà dell'investimento nell'impresa) e che si è portato al 6,5% dal 3,9% del 2007 (+67%).

L'onda del rating si sposta verso la A
Anche sul fronte del rating la comparazione mostra uno spostamento virtuoso verso le fasce superiori. Si è incrementato in particolare l'insieme delle triple A e delle doppie A, raddoppiate rispettivamente all'1,1% e all'8,9% del totale (rispetto allo 0,5% e al 4,4% del 2007). Tutte le categorie investment grade - fino alla B - sono diventate più corpose. Mentre i primi livelli del junk, in particolare CCC e CC sono crollate, passando rispettivamente dal 12,4% al 6,9% e dal 4,5% al 2,9%.
2008-2020: oggi siamo più preparati ad affrontare la crisi
Le differenze rilevate nell'analisi comparata sono infine il segnale di un mondo che è cambiato completamente. Le due crisi che abbiamo messo a confronto sono esse stesse profondamente diverse. La prima, quella del 2008, è stata prettamente finanziaria, mentre quella attuale dipende dalla domanda e dunque dall'economia reale. Ci sono anche altre differenze: oggi la politica si è subito attivata, non solo a livello nazionale, ma anche a livello europeo con un massiccio piano di interventi e finanziamenti. Le aziende inoltre sono più capaci di stare in piedi nella burrasca perché, anche grazie a Basilea II e III, hanno in larga parte preso consapevolezza della necessità di monitorare costantemente i propri punti di forza e di debolezza. Questo sistema ha finito per premiare le imprese più attente all'autovalutazione, che si sono dimostrate più stabili e più resilienti. Ed è per questo che, complessivamente, il sistema risulta oggi più solido.

L'evoluzione degli strumenti di analisi del rating
Gli strumenti di analisi del merito di credito sono cambiati essi stessi, migliorando la propria capacità di predire la solvibilità della singola organizzazione. Il nostro modello di scoring More, rispetto alla prima versione, ha visto migliorare, in particolare dopo il 2012, tutta la parte di analisi di liquidità, il cui peso nella assegnazione del giudizio è stato potenziato. Nel 2007 si utilizzavano i dati di bilancio, che per loro natura sono storici, ma non era un'approssimazione sufficiente. Ora c'è un'attenzione maggiore alla freschezza del dato. Negli anni più pesanti della crisi si è reso evidente che le PMI cadono soprattutto per mancanza di cassa e abbiamo deciso di dare maggior rilevanza agli indicatori che misurano il ciclo monetario dell'azienda e la sua capacità di ripagare i debiti a breve termine. È stato possibile, inoltre, grazie alle tecnologie abilitanti, aggiungere modelli di analisi previsionale come For-St. Le tecniche classiche di forecasting sono l'analisi tecnica delle singole voci che vengono simulate e l'analisi settoriale, ma entrambi questi metodi presentano forti lacune perché la prima obbliga ad avere uno storico non sempre disponibile, mentre la seconda vincola aziende appartenenti allo stesso settore ad essere simulate in forma troppo simile le une con le altre. Utilizzando le metodologie di Data Science e in particolare le tecniche di clustering degli algoritmi di machine learning, For-St non solo sfrutta una complessa rete di dati derivante sia da informazioni storiche sia da statistiche settoriali, ma è in grado di stimare il percorso evolutivo più probabile sulla base sia dei dati statistici ricavati per quel cluster sia dell'andamento storico della società.

Le metodologie di valutazione cambieranno dopo il Covid?
Il futuro ci riserva molte nuove sorprese su questo fronte. Stiamo prepotentemente entrando nel campo delle valutazioni nowcasting (previsioni a brevissimo termine), che permettono di conoscere in real-time l'evoluzione della solvibilità delle imprese istante per istante. La normativa PSD2, che di fatto apre l'accesso ai dati bancari sui pagamenti, rappresenta una spinta in questo senso, perché consentirà di sfruttare dati aggiornati, necessari allo sviluppo di modelli di valutazione del rischio in nowcasting. Tuttavia, c'è ancora molto da fare laddove c'è mancanza di trasparenza. Vi sono delle tipologie di aziende e situazioni dove strutturalmente manca l'informazione ed è necessario colmare l'insufficienza di dati. Al momento siamo più pronti tecnologicamente di quanto non lo siamo a livello di dati.

Valentino Pediroda, AD di modefinance



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