Il principale rischio geopolitico? Il cambiamento
Yoram Lustig (T. Rowe Price): pur eclissati dal coronavirus, in un mondo interconnesso Unione Europea, Stati Uniti e Cina rappresentano potenziali problemi
Investire è rischioso, ma fortunatamente i rischi vengono ricompensati. Tuttavia, dallo scoppio della crisi finanziaria globale nel 2008, i rischi geopolitici hanno preso il centro della scena. Il problema con questo tipo di rischi è che non vengono ricompensati e che hanno un risultato binario: bene/male. Infatti dipendono da decisioni politiche quasi impossibili da prevedere: accordo fiscale/nessun accordo, Trump/Biden, accordo commerciale/nessun accordo commerciale.
L'evento che ha attratto maggiore attenzione nel 2020 è stato il virus. Tuttavia, abbiamo deciso di concentrarci sui tre grandi rischi geopolitici, forse eclissati dal virus, ognuno in un diverso angolo di mondo: Unione Europea, Stati Uniti e Cina. Tutto è connesso e insieme questi rischi hanno cambiato profondamente l'universo degli investimenti.
Unione Europea: la trappola delle politiche
Dopo la crisi del 2008, la crisi del debito sovrano ha colpito l'UE nel 2011, poi la Brexit nel 2016 e il coronavirus nel 2020. Mentre la BCE faceva tutto il possibile per tenere insieme l'unione e supportare gli stati membri più deboli, la politica monetaria è rimasta senza cartucce. Niente più bazooka.
I tassi sono diventati negativi, il bilancio della BCE sta per raggiungere gli 8.000 miliardi di dollari, rispetto ai neanche 2.000 miliardi di inizio 2008, e le speranze in una normalizzazione dei tassi stanno andando in frantumi. Con la politica monetaria non convenzionale che è ormai diventata convenzionale, il testimone degli stimoli è passato ai governi, che ora hanno bisogno di bazooka fiscali per tenere in piedi l'economia.
I tassi ultra-bassi non derivano soltanto dalla risposta alla crisi, ma anche dalle forze secolari. L'invecchiamento della popolazione, la guerra contro la deflazione, l'aumento del debito pubblico e le politiche monetarie inefficaci sono tutti sintomi di una Giapponesizzazione. Il rischio per gli investitori è che, con i mercati che sono ormai dipendenti dagli stimoli, quando le politiche raggiungeranno il limite vi saranno effetti sui mercati finanziari globali.
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