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Editoriale
Chiudono i negozi ma arrivano le cartelle esattoriali
La notizia dei 5mila negozi chiusi a Roma a causa della pandemia non ha avuto il risalto meritato.
Ogni negozio che non riapre significa quasi sempre un numero doppio di famiglie senza reddito. E la stessa situazione la si vive a Milano, Bologna, Genova e in moltissime altre città d'Italia. I negozi sono importanti perché sono l'ultimo anello della catena distributiva (oltre alla GDO e l'eCommerce). Se chiudono significa che non ci sono abbastanza clienti, e quindi che le famiglie non spendono.
Confcommercio certifica un crollo dei consumi anche ad agosto, mese notoriamente favorevole. Il governo deve prendere atto che ormai le famiglie cercano di risparmiare il più possibile, senza contare che c'è un enorme numero di lavoratori in CIG (quindi con stipendio decurtato) e oltre 500mila domande di sussidio ancora inevase dall'INPS. Questo significa meno reddito disponibile e futuro incerto, visto che tra un po' decadrà il blocco dei licenziamenti (si parla di circa un milione i posti di lavoro a rischio).
La politica dei crediti fiscali oltre che ad essere inefficace, mancano i decreti attuativi, non porta alcun sollievo alle aziende e ai lavoratori. L'unica misura valida sarebbe l'erogazione di soldi a fondo perduto, solo così si uscirà dalla crisi, e non certo indebitandoci con l'UE, bensì finanziandoci sui mercati con la BCE che fa il suo lavoro. Ma ogni giorno sentiamo ragliare di MES e RRF. In tutto questo il MEF fa gentilmente sapere che da metà ottobre partiranno 9 milioni di cartelle esattoriali, proprio quello di cui ha bisogno l'economia.
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