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03/06/2020

economia

Mercati emergenti: ancora troppo presto per dare un segnale di cessato allarme

 

Secondo il team di Raiffeisen CM questo vale soprattutto nel caso delle azioni. La situazione si è però notevolmente calmata anche nel caso delle obbligazioni e delle valute

Il netto crollo a livello globale dei mercati azionari è stato seguito da una forte ripresa ad aprile. Ancora una volta essa è stata trainata dai grandi indici azionari USA. Anche nei paesi emergenti in molti casi si sono registrati consistenti aumenti dei corsi. Tuttavia, non hanno avuto in generale il vigore dei mercati USA e gli indici nei paesi emergenti (come nella maggior parte dei mercati sviluppati) sono ancora molto più lontani dai massimi di febbraio rispetto agli USA. Anche le obbligazioni dei Paesi emergenti si sono riprese, ma solo in modo relativamente modesto. Nonostante il calo della volatilità dei corsi, le incertezze per l'economia globale e gli utili aziendali rimangono estremamente elevate. Questo vale anche nel caso ottimistico di una rapida scomparsa della pandemia da COVID-19.

Mercati emergenti: ancora troppo presto per dare un segnale di cessato allarme

Rialzi significativi negli USA, ma concentrati sui titoli tecnologici
Le misure di contenimento sono iniziate più tardi e l'economia USA, fortemente trainata dal settore dei servizi, dovrebbe risentire particolarmente degli effetti diretti e indiretti della pandemia. Questa presunta contraddizione viene però in gran parte risolta se si osserva quali azioni hanno in particolar modo provocato l'aumento degli indici USA. Sono stati soprattutto i grandi titoli tecnologici globali, meno direttamente interessati e considerati meno ciclici, alcuni dei quali stanno persino beneficiando degli effetti secondari della pandemia (commercio online, video streaming, home office). Le azioni delle piccole e medie imprese con maggiore orientamento sul mercato interno hanno visto una ripresa meno forte, così come molti titoli sensibili all'andamento congiunturale.

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La loro situazione è quindi abbastanza simile a quella dei Paesi emergenti, cioè quella di una forte ripresa che però non implica ancora che i corsi delle azioni abbiano definitivamente toccato il fondo. Per questo le incertezze per l'economia globale e le imprese al momento sono ancora troppo grandi, anche se la pandemia dovesse attenuarsi rapidamente. Di conseguenza, dopo gli aumenti e le rassicurazioni recenti sono abbastanza probabili nuovi cali e la ripresa di forti oscillazioni di prezzo.
Situazioni complesse o, addirittura, una discesa al di sotto dei minimi di marzo, sono ancora ovunque possibili. Sebbene le valutazioni in molti paesi emergenti siano in parte abbastanza interessanti nel lungo periodo, sembra ancora troppo presto per dare un segnale di "cessato allarme" per i mercati azionari.
Obbligazioni dei mercati emergenti: pochi deflussi di capitali

La situazione si è notevolmente calmata anche nel caso delle obbligazioni e delle valute dei mercati emergenti. Gli afflussi e i deflussi degli investitori internazionali nelle e dalle obbligazioni EM al momento si compensano ampiamente, mentre per le azioni continuano i deflussi. Tuttavia, la ripresa delle obbligazioni dei Paesi emergenti finora è stata ancora piuttosto limitata. Anche se molte valute hanno già subito consistenti perdite, in alcuni casi esistono ancora notevoli rischi al ribasso, come in Arabia Saudita, Turchia o Sudafrica. E questo nonostante le ampie linee di swap in dollari messe a disposizione dalla banca centrale USA. E mentre le insolvenze nazionali attualmente non sono un tema negli USA, in Giappone o nell'UE, nonostante i livelli record di nuovo indebitamento, la situazione dei Paesi emergenti è molto più diversificata. Al contrario, ciò significa spesso molto meno margine di manovra per supporti fiscali e monetari alle rispettive economie. I Paesi esportatori di petrolio ne avrebbero bisogno con una certa urgenza, siccome i prezzi del petrolio nelle ultime settimane sono temporaneamente precipitati in caduta libera. Con la contrazione economica globale si è improvvisamente verificato un gigantesco eccesso di offerta di petrolio. L'evento, fortemente trainato da caratteristiche specifiche del mercato, è senza precedenti nella storia, ma difficilmente si ripeterà.

Forti tagli dei tassi anche nei mercati emergenti
Ciò che colpisce è che questa volta anche i Paesi emergenti, quasi senza eccezione, agiscono (o possono agire) con forti tagli dei tassi d'interesse. Nelle crisi precedenti, spesso era necessario il contrario per rallentare i deflussi di capitale e il deprezzamento della valuta. Al momento, nonostante l'indebolimento delle valute, questo non è un grande problema. Ciò è probabilmente dovuto al fatto che i tagli dei tassi d'interesse, gli acquisti di obbligazioni e i programmi fiscali finanziati con il debito avvengono quasi ovunque nel mondo in contemporanea. Ciò che sarà interessante in questo contesto è l'ulteriore sviluppo del prezzo dell'oro come unica valuta di fatto non interessata da tali misure monetarie e fiscali.
Tempi della ripresa ancora incerti

La durata e l'intensità della ripresa dell'economia reale e la nuova normalità dell'economia globale dopo la pandemia restano per ora del tutto incerte, ma ci troviamo ancora nel bel mezzo del processo di contrasto al cambiamento climatico e delle lotte globali per il mantenimento e la distribuzione del potere. E mentre almeno per i prossimi 12-18 mesi nella maggior parte delle regioni si prevedono sviluppi piuttosto disinflazionistici o deflazionistici, successivamente potrebbe diventare molto più importante la questione dell'inflazione. Ciò è ancora più valido in quanto molte banche centrali avrebbero probabilmente difficoltà a contrastarla con i soliti strumenti degli ultimi decenni, come, per esempio, aumenti dei tassi di interesse più elevati.

 



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