01/04/2020

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Santoni (Cisco): si sta aggiornando il modo di operare del Paese  

Il digitale è diventato centrale nel sistema Italia, grazie all'impegno delle aziende del comparto e all'intervento di tanta volontari molto è possibile

Un momento storico importante: persone forzatamente a casa, aziende chiuse e la connettività è l'unico modo non solo per proseguire a lavorare, quando si può, ma anche per studiare o semplicemente restare in contatto con parenti e amici. Un momento di grande cambiamento che rappresenta, inevitabilmente, un momento di rottura verso il passato. Il digitale diventa la normalità per gli italiani, il digital divide non è stato superato, ma molto, obtorto collo, è stato colmato, anche grazie all'aiuto di tante imprese che hanno messo a disposizione risorse e persone. Ne abbiamo parlato con Agostino Santoni, Ceo di Cisco Italy.

Cosa sta accadendo in questo momento nel nostro Paese?

Questo che viviamo è una sorta di palestra per tutte le aziende e tutti i settori, nessuno escluso. E' un'occasione che non avremmo mai voluto vivere ma che si sta dimostrando straordinaria per aggiornare il ''sistema operativo'', inteso come modo di operare, del Paese, delle aziende, delle scuole, delle Università e delle pubbliche amministrazioni. Impatta su una quantità incredibile di cittadini. Una prova durissima, ma anche un punto di rottura rispetto al passato. Abbiamo la fortuna di avere delle aziende che reagiscono, nel nostro piccolo noi e soprattutto i nostri partner che sono straordinari, e quando dico straordinari non lo dico esclusivamente il punto di vista del business, ma nella generosità delle persone che vi lavorano. Abbiamo elaborato negli ultimi anni il progetto ''Digitaliani'' per diffondere la cultura del digitale e abbiamo già lavorato con tante aziende, pubbliche amministrazioni scuole e Università per sfruttare al meglio gli strumenti. In questo periodo durissimo stiamo vedendo dei risultati incredibili; penso a case di cura che hanno a disposizione strumenti per far sì che le famiglie possano vedere i propri cari perché mai come in questo periodo c'è la necessità di vedersi a distanza in maniera decente. E' solo un piccolo esempio di come la tecnologia che era già a disposizione sia diventata fondamentale. Ma è anche un esempio che ha permesso a tante persone che faticavano a comprendere quale fosse il mio lavoro, di poterlo apprezzare.

L'emergenza sta cambiando il "sistema operativo" del Paese.

E come sta vivendo Cisco questa situazione?
Siamo veramente orgogliosi. Ripeto, noi non produciamo le mascherine né macchine per distribuire l'ossigeno, facciamo un altro mestiere, però mi rendo conto che il funzionamento del digitale è importante. C'è stata un'accelerazione incredibile e, nel piccolo, stiamo dando il nostro contributo. Siamo stati tutto molto bravi, a mio parere, a fornire risposte rapide perché le aziende e le persone hanno necessità di trattare la comunicazione in modo diverso rispetto a qualche settimana fa. I numeri sono stati impressionanti. Nei primi 11 giorni di marzo ci sono stati 5,5 miliardi di minuti di meeting sulla piattaforma Webex. Il 16 marzo, in un solo giorno, ci sono stati 3.2 milioni di meeting attraverso la piattaforma, e questo numero non include i meeting one-to-one, ma sono stati considerati solo i meeting con più di due persone!


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Le difficoltà non sono mancate.
Abbiamo mille difficoltà, perché la banda a disposizione non è infinita e noi, che siamo un'azienda che si occupa di connessioni, siamo stati al centro della questione. La situazione va vista da diversi lati. Il primo è come noi abbiamo interpretato la salvaguardia dei dipendenti Cisco, quindi c'è stata una fortissima attività di comunicazione sia da parte del nostro CEO sia da parte mia verso i dipendenti e i nostri fornitori. Tutto il nostro ecosistema ha posto al centro la protezione delle persone. Certo, noi abbiamo il grande beneficio culturale per cui lo smartworking, il lavoro agile, fa parte della cultura della nostra azienda ed è parte del nostro portfolio di tecnologia che proponiamo al mercato. Quando noi pensiamo alla collaborazione, ci immaginiamo che questa riguardi le persone negli uffici e che abbia una potenziale estensione, una trasformazione, anche utilizzando il lavoro da casa. Ma è la combinazione dei due mondi e come sono solito dire, la tecnologia Vediamo la combinazione di una vita di ufficio che viene trasformata perché l'ufficio diventa di per sé un modo diverso di fare collaborazione. E' un'esperienza aumentata dal digitale, quello che per esempio troviamo nei nostri strumenti di collaborazione.

La tecnologia come supporto e abilitatore.
Certo, ma qui entriamo in un altro ambito in relazione alla situazione attuale. La sicurezza delle nostre persone e dei fornitori che lavorano con noi e per noi ha subito un brusco cambiamento, una sorta di congelamento dell'azienda perché abbiamo attuato delle misure molto rigorose sin dall'inizio. Al tempo stesso, abbiamo dato priorità per aiutare il più possibile la comunità, non intendo solo clienti, ma partner e istituzioni come il governo o le regioni, le città o le no profit. Abbiamo reso disponibili una parte importante delle nostre piattaforme, come Cisco Webex o come Meraki perché le aziende di ogni settore ne hanno necessità per avere la business continuity.
Cosa ha prodotto questo vostro comportamento?

Abbiamo delle storie bellissime, dei progetti bellissimi, con degli ''eroi ed eroine'' che attraverso Webex hanno permesso di lavorare e di costruire rapporti e relazioni coi clienti. Abbiamo reso gratuiti gli strumenti per un periodo di tre mesi e così tante aziende della nostra industry perché abbiamo una grande responsabilità verso il mercato. Tutta la tecnologia oggi è messa sotto pressione perché l'uso in queste settimane è letteralmente esploso. Le telco sono sotto pressione, i cloud provider sono sotto pressione - per esempio, il servizio Cisco Webex è un servizio in cloud - e per far funzionare tutto serve uno sforzo di ingegneri e tecnici enorme. Ogni servizio oggi deve essere resistente, deve dare continuità perché tutti i processi critici del Paese devono funzionare. C'è uno sforzo gigantesco di investimenti e di persone per rendere le nostre piattaforme resistenti e garantire i servizi e la continuità delle operazioni.

Ma cosa sta accadendo in questo momento in Italia?
Noi abbiamo collaborato in queste settimane in modo significativo con la ministra Pisano e abbiamo aderito, tra le prime aziende, al piano ''Solidarietà Digitale'' e insieme al Miur abbiamo aderito al progetto importantissimo che quello che si chiama ''la scuola continua'' insieme a WeSchool. Attraverso il Ministero dell'Istruzione e il Ministro dell'Innovazione e Trasformazione Digitale ci siamo messi a disposizione dei docenti e degli studenti in questo periodo di cambiamento ''forzato''. Si tratta di un'attività di trasformazione del sistema di educazione e di valorizzazione delle piattaforme digitali per migliorare il modello educativo. Questo è un cambiamento di cui vedremo ricadute anche in futuro, quando questa emergenza finirà e avremo a disposizione molti più strumenti per la didattica.

All'inizio si parlava di lati con cui vedere la situazione, le persone, la didattica, e poi?
Lo smartworking è un aspetto interessante, ma non fine a se stesso. La situazione va vista dal lato del modo con cui le persone lavorano oggi e lavoreranno in futuro. Lo smartworking è una modalità, ma io vedo un cambiamento culturale importante, un passaggio verso la delega e la responsabilizzazione delle persone. Ce ne stiamo già accorgendo, abbiamo visto un generale ripensamento dei processi nelle aziende, forzato dalla situazione di bisogno, ma da cui sarà difficile tornare indietro. Non è una questione di strumenti o modalità, ma di modo di operare e interagire. Le piattaforme sono strumenti, ma devono cambiare i processi, perché le piattaforme non sono una soluzione, sono un mezzo, sta cambiando già il modo con cui le aziende gestiscono l'organizzazione, quindi le persone e i processi.

Un cambiamento di cultura?
Assolutamente. Viviamo una situazione per cui il modo di lavorare è cambiato drasticamente e il governo ha regolamentato il funzionamento, ma non è sufficiente. Il telelavoro, che è una parte dello smartworking e del lavoro agile, prevede un ripensamento del modo di organizzare le persone e di farle collaborare tra di loro. Mi auguro che l'esperienza digitale che oggi stiamo vivendo sia il punto di partenza per un ripensamento di come gestire le imprese e le pubbliche amministrazioni perché penso che sia fondamentale, in particolare per il nostro Paese, perché se c'è una criticità fortissima che non abbiamo ancora risolto e mi riferisco al pre-coronavirus e all'aumento della produttività.
Ci sono tanti indicatori che noi servono per misurare il nostro Paese, ma uno dei temi importantissimi da valorizzare e che dobbiamo migliorare è la produttività. Io penso che anche scegliendo dei metodi di lavoro più efficaci potremo garantire più produttività e se un'impresa o un amministrazione pubblica diventa più produttiva diventa più competitivo il Paese. Tutto questo deve essere supportato dall'educazione, intendo il sistema scolastico.

Quali potrebbero essere i problemi all'orizzonte?
In questo momento stiamo un po' trascurando il tema della cybersecurity. Ci stiamo connettendo da casa e stiamo facendo buon viso a cattivo gioco, bypassando tante procedure. Ma il cybercrime non si è messo in pausa e quindi dobbiamo essere molto attenti su questi temi e aiutare le aziende e amministrazioni nell'abilitare il lavoro agile e favorire i processi in digitale, ma importantissimo anche mantenere alta l'attenzione sul problema della sicurezza digitale.



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