25/03/2020

idee

I pessimi dati economici cinesi anticipano quelli italiani?

 

Da Pechino segnalano a febbraio -13,5% della produzione industriale e -20,5% del commercio al dettaglio. I nostri come potranno esser migliori?

I dati che escono dalle varie istituzioni sui numeri fondamentali per l'economia sono paragonabili allo specchio retrovisore. Ad oggi, quelli pubblicati riguardano al massimo il periodo di gennaio e solo per l'inflazione c'è il dato di febbraio.
I problemi arriveranno dai prossimi e in Europa l'Italia sarà il primo Paese a vederli. Non va dimenticato che il primo paziente si è scoperto il 21 febbraio, anche se alcuni comparti, turismo in testa, avevano già evidenziato forti cali, specialmente di arrivi dalla Cina.
E proprio alla Cina dobbiamo guardare per capire cosa ci potrebbe aspettare, anche perché in quel Paese il virus ha colpito almeno un mese prima che arrivasse qui.

I dati indicano che a gennaio e febbraio la produzione industriale ha visto un calo, rispettivamente, dell'13,5% e 13,5%. Anche le vendite al dettaglio hanno fatto registrare un dato gemello: -20,5%. Dati terrificanti. Lasciamo perdere per un attimo il dettaglio che si siano riscontrati in entrambi a casi dati analoghi (improbabile), ma concentriamoci su un altro aspetto.
In Cina l'epidemia di COVID-19 ha di fatto riguardato una sola regione (Hubei), per quanto importante. E lì è stata imposta una ferrea quarantena che ancora non è finita. Anche se sono stati chiusi gli esercizi delle vendite al dettaglio in oltre metà del Paese, nelle altre regioni lo stop nelle aziende è stato molto più limitato nel tempo. E la ripresa oggi è molto lenta. L'impatto sul Pil del 2020 sarà molto forte, considerando che il virus negli USA e in Europa (Italia esclusa) sta esplodendo adesso.

Che impatto potremo vedere nei dati italiani di marzo e aprile?
Consideriamo alcuni fattori. Il virus ha di fatto bloccato l'intero comparto del turismo mondiale, che per il nostro Paese vale il 20% del Pil. Il che significa che il settore è a dir poco in emergenza, visto che la stagione estiva è alle porte e dubitiamo che possa non risentire della situazione. E se crollano le prenotazioni, aumentano di pari passo le disdette, i licenziamenti, e anche le chiusure di strutture di ricettività e servizi.
Fabbriche ed esercizi commerciali chiusi significano solo produzione e fatturato in meno. Bene la grande distribuzione, ma le PMI e le microimprese sono a rischio di sopravvivenza.
Negli ultimi anni abbiamo basato gran parte della nostra economia sull'export, che adesso per ovvi motivi sarà più complicato.
Stime precauzionali parlano di un 10% di PIL in meno se le cose dovessero tornare vicino alla normalità tra maggio e giugno. Probabile. Come altrettanto probabile è che potrebbe essere anche il doppio, visti settori più colpiti.

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E in tutto questo mentre la Germania annuncia un piano da 550 miliardi di euro (col trucco, visto che sono prestiti della KfW) per le proprie aziende, la Cina oltre 700 miliardi, e gli USA danno vita all'azzeramento dei tassi di interesse, liquidità per famiglie e aziende (500 mld di repo non previsti) e un QE infinito, l'Italia fatica a mettere in piedi un piano da 25 miliardi, dovendo chiedere il permesso a Bruxelles col cappello in mano. Si pensi che l'Olanda, Paese da 19 milioni di abitanti ne ha annunciati 100?
Forse qualcuno a Roma non ha ben compreso che il COVID-19 ha colpito il cuore economico dell'Italia. Qual è l'ammontare del PIL di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna rispetto a quello del Paese? Aspettiamo i prossimi comunicati mensili dell'Istat che metteranno nero su bianco i dati di una catastrofe annunciata?

Claudio Gandolfo



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