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11/03/2020

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2019 anno da record per i minibond

In crescita le emissioni, le società emittenti e il flusso di raccolta. Aspettative ottimistiche, ma va stimolata la domanda di capitale da parte delle imprese, per investire in innovazione e sostenibilità

Per l'industria dei minibond il 2019 è stato l'anno dei record: ne sono stati registrati addirittura quattro, relativamente al numero di emissioni (207, +24,7% sul 2018), di società emittenti (183, di cui 129 per la prima volta) e al flusso di raccolta (1,18 miliardi di euro, +21,1%). I minibond si confermano dunque una fonte di finanziamento in continua crescita, alternativa e complementare al credito bancario, per accedere al mercato competitivo degli investitori professionali, quasi un 'allenamento' a successive operazioni più complesse come il private equity o la quotazione in Borsa.
E' quanto emerge dal 6° Report italiano sui Minibond redatto dall'omonimo Osservatorio della School of Management del Politecnico di Milano.
La ricerca ha identificato 536 imprese italiane che da novembre 2012 al 31 dicembre 2019 hanno collocato minibond - intesi come titoli di debito emessi da società italiane non finanziarie, in particolare società di capitale o cooperative, di importo inferiore a 50 milioni di euro, non quotati su listini aperti agli investitori retail -; di queste, 314 (il 58,6%) sono PMI.


Il 2019 ha contribuito al totale con 183 emittenti, 129 delle quali affacciatesi sul mercato per la prima volta: entrambe due cifre record da quando è partita l'industria. Il 69,4% di esse sono SpA, il 28,4% Srl e il 2,2% società cooperative, percentuali che si mantengono stabili rispetto al 2018. Il volume dei ricavi invece è molto variabile: 54 emittenti (29,5%) fatturavano meno di 10 milioni di euro prima del collocamento. Circa il settore di attività, si conferma la netta supremazia del comparto manifatturiero (44,3% del campione).
La collocazione geografica continua ad evidenziare una netta prevalenza delle regioni del Nord: domina la Lombardia con 41 emittenti (il 22,4% su scala nazionale), ma crescono il Veneto e il Trentino-Alto Adige, grazie ad alcune operazioni di sistema come i Trentino Bond e i Pluri Bond Turismo Veneto Spiagge, e anche le regioni di Sud. Quanto alle motivazioni del collocamento, rimane dominante l'obiettivo di finanziare la crescita interna dell'azienda (62,1%) e di ristrutturare le passività finanziarie (12,7%), seguono il bisogno di alimentare il ciclo di cassa del capitale circolante (PMI) e le strategie di crescita esterna tramite acquisizioni (grandi imprese).


"Per il 2020 le nostre aspettative sul mercato dei minibond sono ottimistiche - commenta il professor Giancarlo Giudici, Responsabile dell'Osservatorio Minibond della School of Management del Politecnico di Milano - e stimiamo un ulteriore aumento delle emissioni e del flusso di raccolta. Crediamo però che, a fronte di tante iniziative dal punto di vista dell'offerta di capitale, sia importante stimolarne la domanda da parte delle imprese per supportare nuovi, imprescindibili investimenti in innovazione, tecnologia e sostenibilità".
Vanno segnalate anche due modifiche alla normativa, cioè la contro-riforma dei PIR, che dovrebbe far ripartire la raccolta dei fondi PIR-compliant, e il nuovo Regolamento Consob che implementa la possibilità per i portali di equity crowdfunding autorizzati di collocare minibond di SpA a particolari categorie di investitori, in partenza proprio queste settimane. Novità pure da Piazza Affari: è stato aperto il nuovo segmento ExtraMOT PRO3, gestito da Borsa Italiana, pensato specificatamente per la quotazione sul mercato obbligazionario non regolamentato dei titoli sotto i 50 milioni di euro, che a fine anno erano già 161, emessi da 114 imprese.

Anche in altri Paesi europei stanno nascendo listini qualificati come SME Growth Markets, dedicati ai titoli di debito di imprese delle piccole e medie aziende.
Un focus specifico sulle emittenti che hanno quotato obbligazioni in passato su ExtraMOT PRO, condotto con Borsa Italiana, ha evidenziato un ?avvicinamento' alle pratiche di governance tipiche delle società che aprono il capitale di rischio a investitori istituzionali, ma senza modifiche strutturali nella compagine proprietaria: si riscontrano infatti una maggiore managerializzazione, un incremento delle competenze rappresentate all'interno del Consiglio di Amministrazione e l'assunzione di nuove risorse umane in diverse aree di competenza (non solo finanziarie ma anche gestionali e informatiche). Nonostante non vi sia un rapporto di causa-effetto fra emissioni e aumento del volume d'affari, per un buon numero di PMI il minibond rappresenta una tappa di un ben definito percorso di crescita.

A quota 801 finora le emissioni

Il database dell'Osservatorio comprende 801 emissioni di minibond, effettuate da imprese che talvolta ne hanno condotte più di una, a partire da novembre 2012, per un valore nominale totale di oltre 5,5 miliardi di euro (1,97 miliardi per le sole PMI) che scendono a 4,75 miliardi se si considera la raccolta netta.


Il 2019 ha contribuito con 1,18 miliardi di euro da 207 emissioni, rispettivamente +21,1% e +24,7% sul 2018, entrambi due record storici, nonostante la raccolta delle PMI sia passata da 379 a 344 milioni. Il valore medio delle emissioni è al minimo tendenziale storico, 4,68 milioni nel secondo semestre: sotto la soglia dei 5 milioni di euro si colloca infatti il 63% del totale, ma nel 2019 la percentuale è salita al 68%.
Meno della metà dei minibond (47%) è stata quotata su un mercato borsistico e nel 2019 si è scesi al 32%, anche se rimane stabile la scelta di un listino estero (9%). Per quanto riguarda la scadenza, il valore medio del 2019 è 5,0 anni (come nel 2018), benché la distribuzione continui ad essere molto variegata, con titoli "short term" con maturity a pochi mesi ed emissioni a più lunga scadenza; il 57,7% prevede comunque il rimborso del titolo a rate successive.
Secondo una proiezione dei flussi di capitale da rifinanziare, nel 2020 sono in scadenza minibond per 805 milioni di euro, mentre nel 2021 l'ammontare dovuto sarà di 766 milioni. Il valore medio della cedola fissa (la più frequente) per l'intero campione è 4,89%, quello mediano 5,00%.


Nel 2019 torna a scendere la remunerazione (4,42% di media rispetto a 5,07% dell'anno prima) anche grazie a numerose emissioni garantite dai Confidi o da soggetti pubblici. Nel 26% dei casi i minibond sono associati a un rating emesso da agenzie autorizzate, ma la percentuale è scesa ancora nel 2019, assestandosi al 14%.

Gli attori della filiera

Il Report identifica i principali player sul mercato italiano per ognuno dei ruoli della filiera, dall'advisor al consulente legale, dall'arranger alle società di rating, fino alle banche agenti e le banche depositarie. Per quanto riguarda i sottoscrittori di minibond, nel 2019 hanno fatto la parte del leone i fondi chiusi di private debt, con investimenti pari al 32% del totale, e le banche nazionali (26%), mentre è calato il contributo delle assicurazioni e degli investitori esteri. L'attivismo della Cassa Depositi e Prestiti, impegnata nell'operazione di sistema degli Export Basket Bond, conquista una quota del 10%.


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