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15/01/2020

economia

Azionario: si prospetta un 2020 altalenante

Roose (DPAM): ci aspettiamo una sovraperformance dei mercati europei, aiutata dalla ripresa quest'anno della raccolta netta delle azioni

Con il 2019 appena conclusosi, è tempo di guardare indietro a un anno stellare per le azioni e di meditare sulla strada da percorrere. Dobbiamo anche considerare la prospettiva a lungo termine appropriata per gli investitori azionari che applichino un approccio fondamentale.
Nonostante le preoccupazioni legate alla recessione, dovute (per lo più) ai timori della guerra commerciale alla fine del 2018, l'MSCI World ha registrato una forte performance (+25% al momento in cui si scrive), in netto contrasto con il triste quarto trimestre del 2018.
Lo scorso anno, le nostre prospettive per il 2019 riflettevano chiaramente questo sentimento: "È sempre bene investire in azioni dopo un calo".
Fortunatamente, l'inversione di tendenza della Fed a gennaio ha in gran parte messo in secondo piano le preoccupazioni macroeconomiche. Tuttavia, se gli investitori azionari desiderano sovraperformare i mercati, il 2019 serve a ricordare che le considerazioni macro e geopolitiche non sono la bussola migliore su cui orientare le proprie decisioni d'investimento.

Fin dal 2008, un'eccessiva ed errata fiducia sui dati macroeconomici è stata diffusa da (alcuni) investitori, che sembrano vivere nel costante timore che una nuova apocalisse sia dietro l'angolo. Quando invece nel 2019 la curva dei rendimenti USA si è invertita di poco e sono riemersi i timori della recessione, abbiamo sottolineato il nostro sostegno al mantenimento di una prospettiva basata sui fondamentali, piuttosto che su reazioni emotive e basate sul timore.
Ovviamente, non ignoriamo completamente la prospettiva macro quando si tratta di gestire portafogli azionari. Viene considerata per ragioni tattiche, od ogni volta che ha un legame materiale con alcune delle nostre convinzioni a lungo termine. Il tema dell'invecchiamento e l'intero dibattito sulla sua sostenibilità economica ne sono un esempio calzante: da un lato, ci spinge a privilegiare le aziende o i sotto-temi che si concentrano su soluzioni sanitarie basate sul valore (come l'assistenza sanitaria a domicilio o aziende mediche selezionate). Dall'altro lato, a partire da agosto scorso abbiamo costantemente ridotto il peso dei beni di consumo di base in alcuni dei nostri portafogli.

Siamo convinti che le proiezioni di crescita - grazie all'allentamento delle preoccupazioni commerciali, alle politiche monetarie di sostegno e alla probabilità di futuri stimoli fiscali - miglioreranno e di conseguenza faranno salire i tassi a lungo termine. Questi tassi tendono ad essere correlati negativamente con i beni di consumo di base. Dopo le vendite di agosto, abbiamo anche aggiunto diverse società cicliche ai nostri portafogli grazie all'aumento di interessanti soglie di ingresso.
Analizzando più a fondo nella performance del 2019, emergono alcuni elementi degni di nota:
- La continua sovraperformance dei mercati americani;
- La performance stellare dei titoli dei produttori di semiconduttori, nonostante le revisioni negative degli utili del 10%;
- La performance poco brillante del settore dell'energia
, tenuta in ostaggio dai prezzi del petrolio a forbice e dalle persistenti preoccupazioni in termini di sostenibilità.
La sovraperformance degli indici statunitensi è stata quella che ha definito la tendenza dei mercati azionari nell'ultimo decennio. Il 2019 non ha fatto eccezione.


L'S&P500 ha una composizione dell'indice nettamente diversa da quella dell'MSCI Europe. Questa differenza spiega la maggior parte, se non la totalità, della discrepanza nei multipli prezzo/utili. Uno sguardo più attento a entrambi gli indici rivela che anche l'impatto delle novità dirompenti - sia negative che positive - è molto diverso. Dopo un'immersione profonda in ogni settore appartenente al GICS1, riteniamo che circa il 30% dell'indice USA sia a rischio di subire cambiamenti dirompenti. Tuttavia, nell'UE questa cifra supera il 40%.
Ancora più importante è il fatto che gli Stati Uniti abbiano una percentuale sensibilmente maggiore di società in grado di creare cambiamenti dirompenti rispetto all'UE, nella parte di indice rimanente. Nel mettere a confronto questi settori non soggetti a cambiamenti dirompenti, si noti che la valutazione in termini di prezzo-utili (p/e ratio) è simile per gli Stati Uniti e l'Europa.
Si noti che osservare la valutazione attraverso una lente come quella del rapporto prezzo/utili è tutt'altro che un'operazione esente da imprecisioni.


Essa infatti trascura la densità di capitale di un'impresa o di un settore, così come la sua conseguente capacità di generare flussi di cassa e di poterli reinvestire nella propria attività. Preferiamo effettuare investimenti a lungo termine in attività a bassa densità di capitale. Anche in questo caso, gli Stati Uniti superano nettamente l'Europa: circa il 44% delle imprese americane sono a bassa densità di capitale, mentre in Europa la cifra si avvicina al 33%.
Quanto sopra ci porta a sostenere la tesi di una sovraperformance persistente degli Stati Uniti nel 2020? Anche se ci asteniamo dall'investire su scenari così a breve termine (ciò significa che deteniamo generalmente posizioni nei nostri fondi per 3-5 anni), in realtà prevediamo che i mercati dell'UE supereranno gli Stati Uniti nel 2020. In tal senso, è più probabile che i primi reagiscano attivamente a una retorica commerciale in via di miglioramento e alla dissipazione dei timori legati alla Brexit. La Germania, in particolare, trarrà un profitto non indifferente da questi due fattori.
Inoltre, nuovi venti soffiano sulla Commissione e sulla Banca Centrale Europea, che potrebbero portare a misure fiscali più forti del previsto.


Nel frattempo, non ci aspettiamo alcuno stimolo fiscale da parte degli Stati Uniti, a causa delle imminenti elezioni americane e del processo di impeachment in corso. Contrariamente al 2019, il 2020 dovrà mostrare una certa crescita degli utili, anche se i valori medi dei multipli p/e rimangono relativamente interessanti. Riteniamo che non sia necessario basare la performance prospettica da qui a un anno delle azioni su multipli del rapporto prezzo-utili.
A meno che non si verifichi un esito catastrofico della "fase 1" delle discussioni commerciali USA-Cina, ci aspettiamo performance timidamente positive per le azioni. Inoltre, ci aspettiamo anche una sovraperformance dei mercati europei, aiutata dalla ripresa della raccolta netta delle azioni nel 2020, che nel 2019 era in gran parte assente. Ribadiamo inoltre che continuiamo a privilegiare gli investimenti in società di qualità che siano in grado di far crescere la loro produttività nel corso del ciclo economico, con vantaggi competitivi, una leva relativamente bassa, meno inclini a forze dirompenti e idealmente in grado di capitalizzare i cosiddetti obiettivi di sviluppo sostenibile.




Alexander Roose, Head of International and Sustainable Equity, DPAM


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