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Editoriale
Puntare solo sull'export non è mai una buona soluzione 

Non si vive di solo export. Anzi, questa scelta si rivela esiziale quando a livello globale il commercio rallenta, e il piano B non c'è perché ideologicamente non lo si vuole concepire. E' quello che sta accadendo alla Germania, dove l'economia si è fermata a metà 2019 e si prospetta debole anche nel resto dell'anno. Dalle parti di Berlino l'export è pari a quasi la metà del PIL (quello italiano a meno di un terzo), e adesso anche la produzione industriale è in picchiata per mancanza di ordinativi. La vera sorpresa però è che nell'ultimo anno l'export tedesco è stato più debole di quello italiano. È stato più penalizzato dal crollo delle vendite di auto (il 19% del totale manifatturiero, contro l'8% italiano) ed è fortemente esposto al rallentamento cinese e al rischio Brexit. Inoltre, la performance italiana è stata molto positiva nei beni di consumo (farmaceutici, abbigliamento, alimentari) e negli USA. E questo nonostante il costo del lavoro elevato e tassazione iperbolica. Certo, molte aziende italiane che operano, per esempio, nel comparto della subfornitura automotive potranno nel medio termine veder calare a loro volta gli ordinativi. O veder calare il fatturato causa dazi USA. Ma l'estrema specializzazione, la resilienza e il valore del Made in Italy dovrebbero comunque consentire di superare la crisi contingente, magari esplorando altre regioni. A livello nazionale però la crisi tedesca dovrebbe invitare il governo a spingere sui consumi interni, vero antidoto ad una potenziale frenata delle esportazioni. Tanto l'inflazione non si vedrà per un bel pezzo. Peraltro, con il costo del denaro mai così basso, investire in infrastrutture (quantomai necessarie) creerebbe lavoro, impatterebbe molto favorevolmente sul Pil, e garantirebbe la nostra economia. Altri stati già si stanno attrezzando in questo senso. Per mettere al riparo l'Italia dalla crisi che si sta prospettando non ci vuole poi molta fantasia. Basta volerlo e lasciar lavorare in pace le nostre aziende.



Claudio Gandolfo

In questo numero


 

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