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04/09/2019

economia

Gli investitori individuali continuano a preferire la gestione attiva

Bottillo (Natixis): per molti però non è ancora ben chiaro che solo la consulenza finanziaria specializzata aiuta a comprendere il livello di rischio accettabile, mettendo al riparo da brutte sorprese

Gli investitori possono anche avere pareri diversi in tema di rischio e rendimento, ma esprimono comunque una preferenza per la gestione attiva e la consulenza finanziaria. Lo rivela il sondaggio condotto a livello globale su 9.100 investitori individuali (di cui 400 in Italia) da Natixis Investment Managers.
Sulla scia dei una delle fasi più complesse dell'ultimo decennio, le aspettative di rendimento degli investitori sono cresciute, ma permangono gli interrogativi relativamente al livello di rischio accettabile. Anche se l'86% degli interpellati a livello globale ritiene importante i risultati dei propri investimenti nel lungo periodo (in Italia l'82,8%), piuttosto che nel breve, e il 77% è disposto a mettere al primo posto la sicurezza e non la performance (80,8% per l'Italia), la storia ha mostrato che gli investitori possono avere memoria corta nelle fasi di rischio e volatilità.
"Gli investitori non sembrano comprendere chiaramente che la ricerca di rendimenti a doppia cifra significa investire con un livello di rischio più alto", afferma Antonio Bottillo, Country Manager per l'Italia di Natixis Investment Managers.

"Questo gap fondamentale tra attese di rendimento e tolleranza al rischio evidenzia l'importanza della consulenza finanziaria per comprendere la reale portata di rischio e volatilità ed essere pronti a raggiungere i propri obiettivi di lungo periodo".

Preferenza per gestione attiva e consulenza finanziaria?

Dal sondaggio emerge che, nonostante la crescita e la diffusa popolarità degli investimenti indicizzati, le attese degli investitori sono più vicine alle strategie attive rispetto a quelle passive. Gli investitori sembrano anche più consapevoli delle caratteristiche di quest'ultime strategie e si aspettano di ricevere una gestione attiva reale in cambio del pagamento di una commissione. Tra i risultati:
- Più della metà (56%) degli interpellati è disposto a pagare un premio per la gestione attiva per combattere la volatilità. In Italia questa percentuale arriva al 62,8%.
- Il 70% degli investitori ritiene importante per i propri investimenti avere la possibilità di battere il benchmark di riferimento per ogni specifica asset class (64% per l'Italia);
- Il 70% afferma come sia importante avere le capacità di trarre vantaggio dai movimenti di mercato di breve termine.

In Italia la percentuale arriva al 75,8%;
- Il 68% si aspetta che i propri fondi abbiano un portafoglio diverso da quello dell'indice di riferimento; in Italia la percentuale è pari al 74,8%.
- Il 77% ritiene che i gestori applichino commissioni elevate anche se in realtà replicano l'indice di riferimento. In Italia, questa percentuale è pari al 76,3%.
Dal sondaggio emerge una rinnovata attenzione per gli investimenti alternativi. Il 57% degli investitori afferma che la volatilità li ha condotti a prendere in considerazione asset class diverse dalle tradizionali azioni e obbligazioni (in Italia la percentuale arriva al 62,8%), con il 38% degli interpellati che ha confermato di avere già in portafoglio investimenti alternativi (in Italia il 34,5%). I precedenti sondaggi avevano rivelato che nell'ambito degli investimenti alternativi, gli investitori danno un valore particolare alle indicazioni dei propri consulenti finanziari.

? ma un certo grado di confusione rimane per gli investimenti indicizzati

In tema di gestione passiva, il sondaggio però evidenzia un certo grado di confusione tra gli investitori.


I due terzi degli interpellati affermano di comprendere la differenza tra gestione attiva e passiva, ma solo il 68% riconosce che i fondi passivi offrono i rendimenti di mercato, sia positivi sia negativi, e che non danno protezione nelle fasi di ribasso dei mercati.
Allo stesso tempo, il 67% afferma che la recente fase di volatilità ha mostrato come i fondi passivi siano stati più rischiosi di quanto avessero immaginato.
L'80% dei professionisti della finanza ritene che il bull market degli ultimi dieci anni abbia abbassato le difese degli investitori dinanzi al rischio e che la volatilità di mercato nell'ultimo trimestre del 2019 abbia cambiato di poco questa percezione. Sebbene due terzi degli investitori avessero dichiarato di essere pronti ad affrontare i rischi di mercato all'inizio del 2018, con il senno di poi solo il 59% conferma di aver avuto una reale strategia per la fase recessiva di fine anno.
"I falsi miti degli investitori riguardo a rischio, volatilità e investimenti indicizzati potrebbero essere offuscati da obiettivi di rendimento a doppia cifra. Negli ultimi dieci anni, gli investitori hanno beneficiato di significativi ritorni in un lungo bull market, caratterizzato da tassi di interesse storicamente bassi e volatilità relativa.


Gli investitori potrebbero quindi avere dimenticato che i fondi passivi non hanno una gestione del rischio incorporata e che sono esposti allo stesso livello di rischio dei mercati", conclude Bottillo. "Il mercato ha oggi bisogno di una view di lungo periodo e di un approccio attivo all'investimento per intercettare le migliori opportunità e aiutare gli investitori a bilanciare le attese di rischio e rendimento".  


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