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10/07/2019

idee

Cala la disoccupazione ma cresce l'apprensione nel manifatturiero

Ci sono voluti 7 anni per superare i danni del Governo Monti. Ma siamo ancora molto lontani dal recuperarli dal punto di vista della crescita economica

I dati Istat e HIS Markit sul settore manifatturiero ci danno due fotografie del nostro Paese molto diverse.
Da una parte abbiamo il tasso di disoccupazione che scende sotto la soglia psicologica del 10% (a maggio è stato 9,9%), prendendo in contropiede i molti "espertoni d'area" che da mesi parlano di disastro del Decreto dignità. Il calo è dovuto interamente all'aumento degli occupati (+0,3% m/m). Il tasso di occupazione è salito di un decimo al 59%: sia il livello degli occupati che il tasso di occupazione hanno raggiunto nuovi record. Il tasso di inattività è rimasto stabile al 34,3% (vicino a un minimo storico). Ciò significa che la tanto temuta "Quota 100", non ha poi creato sfracelli, visto che il cluster di età degli over 55 è quello che ha visto crescere maggiormente le assunzioni (+88mila).
Il fatto che il calo non abbia interessato la fascia 35-49 anni è preoccupante perchè è la classe dei lavoratori una volta stabilizzati, e questo potrebbe essere un sintomo che il sistema industriale sta espellendo i lavoratori più tutelati e costosi per sostituirli con lavoratori a minor prezzo.

Un modo per proseguire la compressione salariale, che questo esecutivo promette di interrompere, anche con azioni come il costo orario minimo.
Speriamo che adesso i catastrofisti in servizio permanente effettivo tolgano dal loro repertorio frasi del tipo "il governo non fa nulla per il lavoro", oppure "al governo dovrebbero pensare meno a litigare e lavorare di più per il Paese".
Certo, le oltre 140 vertenze per conclamata crisi aziendale sono note a tutti e di difficile soluzione, visto che gran parte dei tavoli di discussione sono aperti da tempo, anzi da quando c'erano i governi precedenti.
Il caso Alitalia è tale da almeno 15 anni e nemmeno esecutivi tecnici o competenti per auto-acclamazione sono riusciti a risolverlo, pur non avendo l'Europa contro. Vedremo cosa si inventerà l'esecutivo gialloverde.
Questi dati riguardano il presente e testimoniano che l'Italia stia comunque in qualche modo tentando di rimettersi in moto. Ma se guardiamo al futuro, le prospettive potrebbero non essere rosee.
Secondo Paolo Mameli, senior economist Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo, "ci sembra più importante, per le prospettive del ciclo, l'indicazione anticipatrice fornita dal PMI manifatturiero di giugno.

L'indice è tornato a calare, dopo aver mostrato un recupero nei due mesi precedenti. La diminuzione è stata più accentuata del previsto, a 48,4 da 49,7 di maggio. Si tratta del nono mese consecutivo in territorio recessivo. La flessione è diffusa a tutte le principali componenti, ma riguarda in particolare i nuovi ordini, anche dall'estero (47,5 da 49,5: si tratta di un minimo da agosto del 2012). Proprio la componente occupazione è tra quelle che registra il calo più accentuato rispetto al mese precedente, a 48,2 da 50,2 (si tratta del secondo valore più basso da luglio del 2013). Assieme all'analoga indagine dell'Istat, il PMI manifatturiero conferma che l'andamento degli indici di fiducia non risulta ancora coerente con una stabile espansione del settore industriale. Ciò segnala rischi sulla ripresa dell'attività economica che la maggior parte dei previsori vede a partire dal trimestre estivo (dopo una primavera fiacca). In altri termini, ci sembrano in aumento i rischi al ribasso sulla stima (nostra e governativa) di una crescita del PIL di 0,2% quest'anno. Abbiamo recentemente rivisto al ribasso la previsione per l'anno prossimo, a 0,5% da 0,7%".



C'è da dire però che se il manifatturiero è da tempo in contrazione, vede cioè un "peggioramento delle condizioni operative", il comparto dei servizi non lo è affatto. Ed è il motivo per cui occorrerebbe guardare all'indice composito prima di dare un giudizio sulla crescita del Paese. Anche perché, vista la nostra vocazione all'export, se le altre economie rallentano o calano bruscamente (vedi la Germania in questo periodo) è chiaro che le nostre aziende ne risentano.
Insomma, i dati che arrivano sono contrastanti, ma confidiamo che se arrivasse una misura shock per rivitalizzare l'economia interna, quindi lato domanda, potremmo crescere più del previsto.

Claudio Gandolfo


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