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Editoriale
Non sarà mai abbastanza
L'Italia cerca faticosamente di uscire delle sabbie mobili in cui la sua economia è stata spinta nel 2012 dal governo Monti su indicazioni di Bruxelles. Facendo crollare i consumi interni per via fiscale e con deflazione salariale, è chiaro che poi l'intero sistema ne ha risentito pesantemente. Nonostante tutto, abbiamo mantenuto il Paese in avanzo primario (lo Stato spende meno di quanto incassa), siamo in surplus commerciale con l'estero, siamo contributori netti dell'UE, abbiamo sperimentato l'efficacia dell'austerity, al prezzo di migliaia di aziende fallite o scappate, una povertà sempre più estesa tra la popolazione e un tasso di disoccupazione troppo alto per un Paese che è pur sempre la settima potenza industriale al mondo. L'Istat ha comunicato che per la prima volta dal 2012 la disoccupazione è scesa sotto il 10%, con un significativo aumento dei contratti a tempo indeterminato, segno che qualcosa inizia a muoversi. Così come Conte e Tria hanno portato a Bruxelles conti veri, non previsioni, in cui si dimostra che le entrate fiscali da gennaio ad oggi sono aumentate, migliorando i conti pubblici. Eppure tutto ciò sembra non interessare alla Commissione europea che vorrebbe ancora affibbiarci la procedura di infrazione per un presunto e ipotetico sforamento dello 0,2%. Vedi anche gli ultimi attacchi di Oettinger. E' quindi chiaro che si tratta di un atto politico, in cui i numeri reali non contano più. A Bruxelles evidentemente serve un'Italia in catene. E anche da noi c'è chi purtroppo ragiona ciecamente allo stesso modo. Sono gli stessi che ci hanno messo nelle sabbie mobili.
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