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26/06/2019

marketing

Il pricing è una forma di comunicazione

Bertini (ESADE Business School): ogni cliente percepisce il prezzo in tre modi differenti. Occorre quindi studiare la componente analitica, sociologica e psicologica

Parlare di Pricing oggi comporta esser proiettati in un ambito che va ben oltre il marketing, e che presenta moltissime implicazioni. Ne abbiamo parlato con Marco Bertini, Associate Professor of Marketing, ESADE Business School, Barcellona, intervistato durante il World Marketing and Sales Forum di Milano, organizzato dal WOBI.

Come si cattura valore nei mercati?

L'idea principale è che non bisogna mai separare la creazione del valore dal cliente dalla cattura di questo valore. E' un processo continuo focalizzato sul cliente, e da qui possiamo pensare alle regole del gioco.
Ci sono quattro diverse regole, che vedono il cliente al centro.
La prima è "Che tipo di metriche usiamo nel mercato": passiamo da una metrica di possesso e proprietà (vendo un prodotto o servizio), alla metrica del tempo (con subscription e membership), alla metrica dell'uso (pay per use), fino a modelli in cui i clienti pagano per i risultati o per il valore del prodotto e del servizio.
La seconda è "Come stabilire i prezzi", e da qui l'importanza di conoscere il valore del prodotto per il cliente, non tanto del costo in sé.


La terza regola riguarda "Le differenze sul mercato tra i diversi clienti", le clusterizzazioni che si possono avere, e quindi come adattare i prezzi e renderli più flessibili, usando tre metodologie.
Infine, "come allineare il messaggio del brand con il messaggio che dà il prezzo". Questo perché i prezzi danno messaggi e non si vuole che i messaggi siano diversi da quelli aziendali o addirittura opposti. Su questo ho fatto alcuni esempi di imprese che hanno allineato i prezzi con il messaggio che voleva dare il marchio.

Come si allinea il prezzo con la percezione del cliente?

La cosa più importante è capire che ogni cliente percepisce il prezzo in tre modi differenti. Il primo è come un incentivo, e quindi l'azienda indirizza un po' il comportamento del cliente.
Il secondo, la parte più psicologica, riguarda le informazioni che dà il prezzo. Tutti pensiamo che se il prezzo è più alto allora il prodotto è di una qualità migliore, ma potrebbe anche non essere vero. Quindi ci sono un sacco di aziende che pensano al tipo di messaggio che hanno e come possano avere una campagna di prezzi che si allinei a questo.


La terza componente, la parte più emotiva, e riguarda come costruire una relazione più forte con i clienti attraverso le campagne di pricing.

Quali sono gli errori più frequenti che fanno le aziende?

Quello più grande è stabilire i prezzi pensando da dentro l'impresa verso l'esterno. Quando creiamo valore per il cliente ormai sappiamo che dobbiamo focalizzarci su di lui, penetrare nei suoi bisogni e da lì costruire la nostra offerta.
Durante il processo della formazione dei prezzi c'è quello che io chiamo il momento "Dr. Jackill e Mr. Hide": cambiamo e pensiamo a noi stessi, a quali sono i nostri bisogni, a quali sono i nostri costi, a quali rischi possiamo permetterci. Da lì si stabiliscono i prezzi. Questo è un errore.
Quando non si allinea la parte della creazione e della cattura del valore, si perdono due tipi di opportunità: il mercato è più piccolo di quello che potrebbe essere, e la fetta di mercato che si prende è sempre minore.

La determinazione del prezzo come strategia vale solo per le grandi aziende o può esser significativo anche per le PMI?

E' significativo per tutti.


Anzi, a volte potrei dire che conta di più per le aziende piccole, che hanno bisogno di tutte le risorse possibili. E anche per gli imprenditori. Spesso ti trovi di fronte ad un imprenditore che ha avuto un'idea brillante di come risolvere un problema della gente, che lo sviluppa. E come lui tanti altri dicono "più avanti penserò a far soldi". Quando arriva però quel momento non hanno revenue sufficienti per continuare. Quindi il prezzo è importante per tutti, grandi e piccole aziende. Ma a volte soprattutto per quelle più piccole.

L'idea di proporre solo prodotti premium non sempre paga.

Dipende dal valore che gli si dà. Se il tuo prodotto non è premium non puoi farlo diventare tale. La questione è sempre capire ciò che vuole il cliente e poi come convertirlo e quantificarlo in un prezzo.

Non è facile.

No. E' un po' un mix tra la parte quantitativa analitica, che ormai è entrata nei prezzi in una forma importante, e la parte più qualitativa, come unire il tutto alla gestione della marca. La persona che gestisce i prezzi nelle aziende ha ormai due profili: la parte quantitativa e la parte più da general management.




In questo la tecnologia quanto conta?

Moltissimo. La tecnologia ormai ha una parte importantissima nella gestione dei prezzi, cioè assicura la trasparenza nello scambio tra l'azienda ed il cliente. E da lì partono altre ramificazioni.
La prima è l'accountability, cioè il mantenimento della promessa al cliente, e adesso con la tecnologia possiamo vederlo e analizzarlo. Questo sta forzando molte industrie a cambiare il modello di negozio, orientandosi verso un tipo di pagamento per il risultato ottenuto (Pay per Outcome).
In secondo luogo, la tecnologia offre maggiore visibilità della concorrenza, ovviamente anche vale anche il contrario, e quindi si può agire molto più rapidamente.
Il terzo punto riguarda il fatto che offre molta trasparenza nelle informazioni e quindi permette di operare in forma più razionale, usando algoritmi invece della tua mente per prendere le decisioni.

E quindi il marketing diventa sempre di più data driven?

E' inevitabile da entrambe le parti. Sia per quella della creazione del valore, perché aiuta a capire i clienti, ma soprattutto nella cattura del valore.




Quanto conta la componente consulenza?

Ovviamente dipende dalle dimensioni dell'azienda. Ma mi immagino che non si possa essere eccellenti in tutto, soprattutto nella parte più analitica. Infatti, le consulenze per analytics stanno ormai crescendo molto.
Negli algoritmi, tornando alla questione dei prezzi, è importante capire le variabili che hanno una correlazione con il valore del cliente. Questo a volte è difficile farlo in house. Per esempio, è anche difficile capire che dati si hanno, pulirli, strutturarli, ecc. Per tutto questo molte volte c'è bisogno di un aiuto esterno.

Ci sono anche componenti social?

Certamente. Il commercio stesso è una cosa sociale: è una relazione tra aziende e clienti. E il prezzo è uno di quei segnali molto forti nella relazione.
Le aziende che pensano al prezzo solamente come un'arma economica non capiscono l'importanza che ha questo dialogo tra le due parti, e quindi è sempre importante comprendere la parte analitica, ma anche quella sociologica e psicologica. Il prezzo è una forma di comunicazione.



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