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05/06/2019

economia

Mercati: il voto non cambia in modo rilevante le prospettive europee

Delitala (Pictet AM): l'Italia, il cui governo sarebbe rappresentato solo all'opposizione nel Parlamento Europeo, rischia l'emarginazione e questo non agevolerà il dialogo, in vista della legge di bilancio

Le ultime proiezioni sulla formazione del prossimo Parlamento europeo mostrano che i partiti europeisti, Popolari, Socialisti, Liberali, Verdi e Sinistra, mantengono la maggioranza seppure con una maggiore frammentazione. I sovranisti crescono, ma non si è verificata l'ondata euroscettica che tanti paventavano. Qualunque sarà l'effettiva aggregazione di Governo, rimarrà un Parlamento di impronta europeista, dove le voci di dissenso difficilmente potranno influenzare sensibilmente le politiche. È evidente, però, che ora Popolari e Socialdemocratici, avendo perso la maggioranza assoluta delle preferenze, dovranno cercare nuove alleanze, includendo Liberali, Verdi o entrambi.
I Liberali includono i francesi di En Marche, mentre i Verdi hanno sfondato soprattutto in Germania. Quindi, è evidente che Merkel e Macron, potrebbero spingere in due direzioni diverse: l'inclusione dei Verdi presuppone nuovi equilibri anche interni alla Germania, Macron, invece, punterebbe a superare la logica tedesca del partito dominante (e trovare sponda nella nuova Lega Anseatica).

Al momento, non è semplice capire come si chiuderanno i giochi dei raggruppamenti e delle nomine. Il sospetto è che per il candidato dei Popolari Manfred Weber alla Commissione gli spazi si stiano restringendo.
L'Italia, il cui governo sarebbe rappresentato solo all'opposizione nel Parlamento Europeo, rischia l'emarginazione e questo non agevolerà il dialogo, in vista della legge di bilancio.
Sul fronte interno, il rovesciamento dei rapporti di forza tra Lega e M5S apre interrogativi sulla tenuta del governo e dello stesso Parlamento: l'ipotesi delle elezioni anticipate resta percorribile, ma deve tenere in considerazione i tempi per l'approvazione della prossima legge di bilancio. Storicamente non ci sono state tornate elettorali politiche in Italia in autunno, pertanto lo scenario centrale è che l'attuale maggioranza possa essere la medesima che discuterà i vincoli di bilancio con la (nuova) Commissione. Si è già visto che quando l'Europa non concede spazi, il livello del confronto interno sale. Quindi si ritenta di forzare questi limiti, ma probabilmente senza grande possibilità di successo.

A questo punto un rimpasto di governo a breve o anche nuove elezioni nel 2020 sono più probabili.
Dal punto di vista dei mercati, questo voto non cambia in modo rilevante le prospettive europee. Si può immaginare una lieve indicazione positiva per gli asset rischiosi europei per aver superato un (possibile) momento difficile senza traumi. Per un effetto di medio-lungo periodo, però, bisognerà aspettare e vedere se e cosa cambierà nei prossimi giorni, fino alle prime nomine. L'evento più "temibile" sarebbe la nomina di un Presidente non mediterraneo (Weidmann?) alla guida della BCE. L'incidenza negativa, più che sugli asset europei in aggregato, si avrebbe su quelli periferici e l'Italia in particolare. È comunque troppo presto per poter fare delle ipotesi certe.
Sugli asset italiani, invece, i prossimi mesi rischiano di essere volatili: da un lato l'affermazione della Lega a spese del M5S dovrebbe indurla ad avanzare richieste in Europa per aggiungere capacità di spese infrastrutturali o riduzione delle tasse (flat tax). Dall'altro lato l'atteggiamento dell'Europa non sarà accondiscendente, poiché la posizione italiana risulta isolata: la notizia del 27 maggio, ad urne appena chiuse, è che la Commissione, il prossimo 5 giugno, potrebbe aprire una procedura d'infrazione all'Italia per mancato raggiungimento degli obiettivi di deficit del 2018.


Dejà vu o scontro definitivo?
Gli asset azionari europei in questo momento sono meno preoccupati rispetto alla primavera del 2018 sul rischio geopolitico poiché il rischio macro derivante dalle tensioni commerciali è preponderante. Un fattore positivo sia per BTP che per i mercati azionari è che il posizionamento risulta essere molto ridotto rispetto a un anno fa: non ci sono posizioni rilevanti di carry sul BTP da parte di investitori esteri e l'azionario europeo continua a osservare importanti deflussi settimanali (superiori ai 100miliardi di euro cumulativi su fondi ed ETF). Il fattore più preoccupante è che il punto di partenza dello spread (270bp) è molto più vicino alle soglie di allarme (350bp) rispetto al 2018 (in questo momento lo spread del BTP e solo 40bp inferiore a quello del decennale greco).

Andrea Delitala, Head of investment advisory di Pictet Asset Management


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