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02/05/2019

economia

Tra Bond ed Equity, chi si sta sbagliando?

de Michelis (Frame): come diceva una nota canzone della mia infanzia "fin che la barca va lasciala andare," ma tenendo un occhio ai salvagenti

Continua la fase di bonaccia sui mercati finanziari, e prosegue la fase di riavvicinamento ai massimi della Borsa di New York che ormai dista appena poco più di punto.
Contestualmente, il Bund decennale tedesco è tornato in territorio negativo (seppure danzando giorno per giorno sulla soglia dello zero) e questo devo dire con mio grande stupore, visto che non pensavo potesse accadere ancora, a Quantitative Easing concluso.
A lasciarmi ancora più perplesso, tuttavia, è l'andamento della curva dei rendimenti di tutti gli emittenti europei.
A volte mi chiedo quanti tra i risparmiatori che acquistano fondi obbligazionari siano a conoscenza del fatto che per ottenere un rendimento del 2% circa bisogna prestare soldi per 5 anni alla Grecia, mentre se prestiamo gli stessi soldi alla Germania a 15 anni otteniamo un misero 0,2% annuo.
Del mercato dei corporate investment grade e high yield ho già detto quello che penso e ribadisco: la mancanza di liquidità dei titoli sottostanti dovrebbe preoccupare maggiormente per l'effetto snow-ball che potrebbe avvenire a cascata anche sul mercato azionario e quindi mi domando che senso abbia avere in portafoglio ampie porzioni di questa asset class.


Ovviamente, se fossimo investitori in dollari sarebbe molto più semplice, con un cash che rende oltre il 2,4%. In Europa, purtroppo, aggiungere troppi dollari alla propria asset allocation potrebbe invece significare un aumento di volatilità non remunerata.
Siamo quindi a quanto pare di fronte ad una "giapponesizzazione" del mercato europeo e vedendo quello che accaduto al mercato equity del Sol Levante negli anni passati, direi che l'approccio "buy and hold" potrebbe non essere particolarmente premiante.
Un altro indizio di "tempesta in arrivo" potrebbe giungere dalla recente inversione della curva dei rendimenti americana, dove i tassi a breve hanno superato quelli a 10 anni. Ciò sta a significare che o il mercato azionario si sta sbagliando oppure è l'obbligazionario a trarci in inganno. Il fatto è che, se l'economia cresce (e l'equity con esso) questi tassi non hanno senso.
Se invece la crescita è destinata a rallentare o addirittura si va in recessione (come la curva dei tassi sembrerebbe anticipare) allora è il mercato azionario che sta prendendo una cantonata!
Direi quindi che, quanto meno, la cautela sia d'obbligo in questo momento, anche se la stagione delle trimestrali americane sembra sia cominciata nel migliore dei modi con JPMorgan sugli scudi e anche Wells Fargo e PNC Financial oltre le attese.


Tra l'altro il settore finanziario Usa (su alcuni nomi specifici) è tra i miei preferiti, quantomeno in ottica di relative value, in quanto tratta a dei multipli interessanti rispetto ad altri settori growth che scontano scenari di crescita altamente ottimistici che sono in contraddizione rispetto a questa fase del ciclo.
Vedremo nei prossimi giorni se anche le altre grandi (Citi, Goldman Sachs, Bofa e Morgan Stanley) confermeranno il mood positivo e più in generale se la corporate americana riuscirà a stupirci visto che le attese questa volta non sono particolarmente alte.
Come diceva una nota canzone della mia infanzia "fin che la barca va lasciala andare," ma tenendo un occhio ai salvagenti.

Michele de Michelis CIO, FRAME Asset Management


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