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10/04/2019

idee

Le previsioni non sono tutte uguali

E' una questione di affidabilità e credibilità e il Centro Studi di Confindustria non ne è certo un esempio. Basta ricordare ciò che scrisse in occasione del referendum del 2016

Le previsioni le sbaglia solo chi non le fa. La frase è vecchia come il mondo ma rende bene l'idea che non si può prevedere il futuro. Specialmente in ambito economico.
Però, attraverso l'analisi di alcuni fattori è possibile fare delle ipotesi, che dovrebbero contemplare molteplici scenari. L'affidabilità di chi fa queste ipotesi è data ex-post dal numero di queste che si siano dimostrate corrette o almeno il più vicino possibile alla realtà. Quindi non tutti gli scenari hanno la stessa affidabilità, da cui deriva la credibilità chi li ha fatti. 
Recentemente il Financial Times ha ridicolizzato il FMI perchè dal 1991 ad oggi le sue previsioni sono state praticamente tutte smentite.
E a proposito di affidabilità, in questi giorni si parla molto delle previsioni del Centro Studi di Confindustria (CSC) sull'andamento dell'Italia nel 2019. Esse vedono per il nostro Paese una crescita prossima allo zero, contro un dato di oltre l'1% ipotizzato dal governo in sede di Finanziaria. E da qui, sui media si sono scatenati gli opinionisti, chiedendo immediatamente conto all'esecutivo di queste previsioni.

Pochi si sono posti il dubbio che siano sbagliate: Confindustria è Confindustria.
Chiariamo subito un paio di cose.
L'Italia in circa 20 anni (dall'entrata in vigore dell'euro) è cresciuta del 3% circa. Non all'anno, ma in totale. Ciò significa che se in qualche anno si è vista una crescita, in molti altri si è rilevato un calo. E anche forte. Quindi una ipotesi di crescita italiana nulla, non è che poi sia un cigno nero, anzi.
Inoltre, le previsioni del CSC si basano su due presupposti: un forte calo dell'export, e l'incapacità di generare crescita da misure come il reddito di cittadinanza o quota 100. In pratica, queste non aiuterebbero i consumi interni.
Già i primi dati Istat relativi all'export indicano che il calo dell'export - almeno nella misura ipotizzata - non si vede. Peraltro, sempre l'Istat indica che gli ordinativi sono in aumento. Certo, l'economia mondiale frena, ma ciò che va all'estero sono per lo più prodotti ad alto valore aggiunto, specialmente a livello extra UE. Potremmo frenare molto ma molto meno di altri Paesi cui siamo legati a livello di supply chain in determinati settori.


Reddito di cittadinanza e quota 100 daranno i loro frutti nella seconda metà del 2019, e difficilmente chi ha un reddito bassissimo o non ne ha, non spenderà i soldi che riceverà, visto che con un massimo di 780 euro al mese parlare di risparmio è quasi ridicolo. Così come se chi andasse in pensione smettesse di consumare, non ricevesse la liquidazione e non venisse sostituito al lavoro. In fondo le aziende private sono piene di dipendenti con nulla da fare?
E, sempre a proposito di ridicolo, giova ricordare che il Centro Studi di Confindustria è lo stesso che nel 2016 a livello di previsioni affermò che in caso di mancata vittoria del SI al referendum costituzionale voluto dal duo Renzi-Boschi, nel 2017 l'Italia sarebbe entrata in una pesante recessione, con il Pil che avrebbe visto un crollo del 4%, la disoccupazione un aumento di 600mila unità, gli investimenti un calo del 17%, mentre i poveri sarebbero aumentati di 430mila persone.
Qualcuno si ricorda cosa accadde? Stendiamo un velo pietoso.
Ecco perché l'affidabilità delle previsioni è certificata dalla credibilità del soggetto che le fa. Se no, meglio la sfera di cristallo o la monetina.


Claudio Gandolfo


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