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16/01/2019

economia

Uno sguardo critico sui mercati che verranno

Diodovich e Longo (IG): i tre rischi maggiori sono la trade war tra USA e Cina, l'incognita Brexit e l'incertezza legata al rinnovo del Parlamento Europeo. Ma anche la sostituzione di Draghi e il prezzo del petrolio terranno banco

E' iniziato il 2019 e sui mercati finanziari già da qualche mese sono affiorati diversi rischi che potrebbero accentuarsi nel corso del prossimo anno. Il rischio numero uno rimane lo scontro commerciale tra Stati Uniti e Cina che ha già iniziato a produrre i suoi effetti sull'economia reale. Nonostante i segnali di avvicinamento tra le parti delle ultime settimane, la situazione è tutt'altro che risolta.
La Cina si è mostrata temporaneamente (fino a marzo 2019) aperta a ridurre le tariffe sulle auto importate dagli Usa (al 15% dal 40%) e ha ripreso a comprare semi di soia dagli agricoltori statunitensi. Basterà? Probabilmente no.
I punti fondamentali del negoziato riguardano la tecnologia e la proprietà intellettuale su cui il dibattito rimane molto acceso. Ci aspettiamo quindi che i negoziati proseguiranno con qualche difficoltà, ma alla fine si arriverà a un accordo in prossimità del primo marzo, termine ultimo per scongiurare l'innalzamento delle tariffe al 25% dall'attuale 10% sui prodotti cinesi importati da Washington.
Questo è il nostro scenario base, che potrebbe contribuire a tenere alta la volatilità sui mercati nei primi mesi dell'anno.

Lo scenario peggiore rimane quello di un mancato accordo che si tradurrebbe con forti turbolenze sui mercati.
Proprio le tensioni commerciali e il rallentamento dell'inflazione potrebbero spingere la Federal Reserve (Fed) a rivedere la propria politica monetaria, sospendendo il percorso di rialzo dei tassi avviato tre anni fa. Elemento questo che dovrebbe allentare temporaneamente le pressioni ribassiste sui mercati azionari. Oltre alla dinamica dei tassi, gli operatori dovranno tenere conto della liquidità che sta diminuendo a un ritmo di quasi 50 miliardi di dollari al mese causa mancato riacquisto di Mortgage Backed Securities (MBS) e Treasury in scadenza.
La Brexit rimane senz'altro il secondo grande rischio del 2019. Il piano portato avanti da Theresa May sarà sottoposto al voto del Parlamento britannico la terza settimana di gennaio (tra il 14 e il 18 gennaio). I numeri al momento non depongono a favore di una sua approvazione (solo 220 i consensi a favore contro i 316 necessari). Lo scenario base rimane per una bocciatura del piano e la possibilità di un ritorno alle urne.

Eventualità questa che richiederebbe uno slittamento della partenza della Brexit di almeno 6 mesi rispetto alla data del 29 marzo. Al momento non si può escludere neanche un secondo referendum richiesto da un possibile nuovo governo. Lo scenario peggiore rimane senz'altro il No Deal, che potrebbe aprire a un territorio inesplorato, con la recessione che potrebbe essere più grave del previsto. Riteniamo che questo evento abbia basse probabilità, ma l'esito potrebbe essere catastrofico.
Il terzo rischio per i mercati sarà l'incertezza legata al riassetto delle istituzioni europee. A maggio si terranno le elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo. L'ascesa dei partiti populisti, contrari a una maggiore integrazione in Europa, potrebbe rappresentare un rischio per la stabilità del Vecchio continente. Sarà inoltre da valutare l'affluenza dopo i dati deboli del 2014 (solo del 43%).
Altro appuntamento importante è la nomina del successore di Mario Draghi alla guida della Banca centrale europea (Bce). Draghi è stato il più attivo governatore nella breve storia dell'Istituto (i predecessori erano stati Wim Duisenberg e Jean Claude Trichet) ed è stato quello che ha dovuto affrontare la peggiore crisi finanziaria dell'era moderna.


Al momento i favoriti per la conquista dell'ambita poltrona di Draghi sono Erkii Liikanen e Olli Rehn (rispettivamente l'ex governatore e quello attuale della Banca Centrale della Finlandia), Jens Weidmann (governatore della Bundesbank), Philip Lane (governatore della Banca centrale d'Irlanda), Francois Villeroy (governatore della Banca centrale francese) e Benoit Coeure (membro del consiglio direttivo della Bce).
È chiaro che esistono soluzioni di continuità alle politiche di Draghi e altri scenari che potrebbero portare a un cambio radicale dell'atteggiamento accomodante dell'Istituto di Francoforte. In linea generale, ci aspettiamo che sia Draghi a fare il primo rialzo dei tassi d'interesse, chiudendo così un ciclo avviato ben 8 anni prima.
Infine, gli operatori dovranno monitorare la forte volatilità dei prezzi petroliferi, che per molti versi interagiscono con i rischi sopra citati. L'accordo raggiunto a Vienna tra i paesi produttori (Opec) non è stato in grado di arginare la caduta dei prezzi. La produzione record statunitense di shale oil e le aspettative di un rallentamento della crescita globale stanno riportando sotto i riflettori i timori di un eccesso di offerta.


La discesa dei prezzi potrebbe assumere lo stesso ritmo visto tra il 2015 e inizio 2016, aprendo a forti tensioni sul mercato del petrolio.
Non escludiamo, pertanto, delle riunioni straordinarie del cartello Opec+ (ovvero l'Opec più la Russia e gli altri grandi produttori dell'Asia Centrale) volte a ripensare all'entità dei tagli alla produzione in grado di frenare la caduta dei prezzi.
Per quanto concerne l'Italia, il rischio dovuto all'incertezza politica si è ridotto considerevolmente con l'approvazione della manovra di bilancio. Tuttavia, riteniamo che le elezioni europee possano portare una nuova fonte di disaccordo tra Lega e Movimento 5 Stelle. Dagli ultimi sondaggi, la Lega e i propri alleati di destra potrebbero avere una potenziale maggioranza in caso di nuove elezioni e, in caso di conferma alle elezioni europee di maggio, questo potrebbe creare forti tensioni nel Governo gialloverde.
In conclusione, crediamo che le discese sui mercati non siano terminate qui. Il processo di normalizzazione della politica monetaria da un lato e la perdita di spinta della crescita mondiale dovuta al clima di maggiore protezionismo dall'altro porteranno gli operatori a essere molto più cauti sui mercati.



Ora che i rendimenti del reddito fisso tornano a salire e la liquidità inizia a ritirarsi gli investitori dovranno riabituarsi al costo opportunità. Pertanto, i mercati potrebbero dire addio all'euforia che li ha caratterizzati negli ultimi anni per entrare in un contesto più tradizionale.

Andrea Longo e Filippo A. Diodovich, Market Strategists presso IG.


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