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26/09/2018

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De Felice (Intesa Sanpaolo): continua la crescita del sistema moda italiano

Un settore in grande espansione con 24,2 miliardi di euro di valore aggiunto nel 2017, che rappresenta il 10% del nostro manifatturiero e occupa circa 500 mila addetti. Primi in Europa con distacco

Il sistema moda, che comprende tessile, abbigliamento e calzature, è un settore chiave per l'economia italiana. Ma rappresenta anche un'eccellenza a livello europeo. La moda Made in Italy mantiene saldo il suo primato, sia in termini di produzione che di valore aggiunto. Più di un terzo del valore aggiunto generato dal sistema dell'Unione Europea è associabile all'Italia (33,9%), una quota pari a tre volte quella tedesca, quattro volte quella spagnola e quasi cinque volte quella francese. Questo è il quadro che emerge dal report "Il sistema moda italiano tra tradizione e innovazione", curato da Intesa Sanpaolo. Ne abbiamo parlato con Gregorio De Felice, Capo economista Intesa Sanpaolo.

Quali cono i punti di forza del sistema moda italiano?

Partiamo dalla fotografia dell'esistente. Il sistema moda Italia rappresenta una quota importantissima del nostro manifatturiero, il 10% del suo totale, e con un valore aggiunto pari circa a 24 miliardi di euro.
Il comparto dà lavoro a circa 500mila dipendenti.

Quindi in un quadro in cui l'industria italiana perde leggermente quota rispetto al totale del Pil, il sistema moda è un settore che mantiene le proprie posizioni. Ed è un settore peculiare, molto interessante, poiché mette insieme un'attività tradizionale - il vestire, il bello, scarpe, accessori e così via - con l'innovazione. Parliamo di innovazione tecnologica, di prodotto e, naturalmente, nello stile.
Abbiamo un saldo commerciale con l'estero che fa invidia a tutti gli altri Paesi, poiché raggiunge i 20 miliardi di euro all'anno. E' una quota molto più ampia di quella di Paesi come la Francia che sono in deficit, poiché proprio la Francia ha diversificato, esternalizzato le proprie produzioni al di fuori del proprio Paese. L'Italia produce per sé stessa e anche per altri stati, per esempio la Francia, dove il 6% della moda transalpina è realizzato da noi.
Un dato cui tengo molto è quello di quanto rappresenta la moda italiana rispetto al totale della moda europea. Siamo a oltre il 33% e rapportato alla Francia siamo cinque volte la loro quota. Quindi si tratta di un'enormità rispetto a quelli che sono sempre considerati i nostri più classici concorrenti in questo settore.



Moda e innovazione. Un'unione ormai inscindibile.

L'innovazione è ormai fondamentale nel modo di produrre, nel cercare di ridurre l'uso di alcune materie prime che generano molti rifiuti. Ma oltre al tema della sostenibilità ritengo sia ormai essenziale quello della digitalizzazione. Nella catena del valore che è molto lunga in questo settore: ogni capofila ha un numero molto elevato di subfornitori. E poi il grande tema del commercio online, sul quale dobbiamo dire che la moda italiana che ha tanti pregi e punti di forza, forse in questo campo è un po' più in ritardo. Abbiamo fatto un'indagine sui produttori della moda e abbiamo rilevato che pochi di loro hanno strategie complesse di eCommerce, che significa vendere dal proprio sito o da un marketplace (o sito specializzato), e avere una propria app. Solamente il 12% dei produttori ha tutti questi tre canali di vendita insieme. Siamo indietro, comunque in un Paese che compra online: gli acquisti sono cresciuti a 3 miliardi di euro nel corso degli ultimi anni. C'è quindi sempre maggior interesse ma credo che non bisogna affidarsi solo ai marketplace, ma avere delle strategie più elaborate e articolate che puntino su tutti i canali di vendita.




Come vedete le prospettive del settore?

Le prospettive sono quelle di puntare sempre di più sull'alto di gamma, quindi sulla qualità. E' perdente ormai mantenersi sul basso e sul medio poiché ci sono nuovi produttori - come Bangladesh, India e Cina - che ben conosciamo e guadagnano moltissime quote di mercato.
In termini di previsioni di fatturato a prezzi costanti abbiamo una crescita media nel periodo dal 2019 al 2022 dell'1,5%. Questo, ripeto, a prezzi costanti, quindi al netto dell'inflazione. Il dato molto interessante è che continua ad aumentare la propensione ad esportare delle nostre aziende, l'export arriva a oltre il 66%, con un avanzo commerciale nei conti con l'estero che passa dagli attuali 20 miliardi di euro in previsione a quasi 25 miliardi nel 2022. Quindi ancora forza e grande attrattività della moda italiana, soprattutto in mercati più lontani come Stati Uniti, Cina, Hong Kong, Emirati Arabi e, naturalmente, c'è sempre il Giappone.

Quanto pesa il comparto moda all'interno del Pil italiano?

Parliamo di un valore aggiunto di 24 miliardi, quindi rispetto ad un Pil di circa 1.


600 miliardi siamo grossomodo all'1,5%. E' una quota importante considerando che è un settore manifatturiero e questo intero enorme comparto non vale più del 20% del Pil del nostro Paese.


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