BusinessCommunity.it

13/06/2018

digital

eCommerce: l'Italia cresce ma non abbastanza

Liscia (Netcomm): aziende e istituzioni devono capire che l'online porta tre grandi opportunità, strategica di trasformazione dell'impresa, di investimenti in nuove tecnologie e di creazione di occupazione di qualità

L'eCommerce italiano mantiene le promesse e proseguirà la sua crescita anche nel 2018. Le previsioni rivelano che la domanda eCommerce sarà trainata dai prodotti e in particolare da quei settori ormai definiti storici che crescono con un ritmo più vicino alla media: Informatica ed Elettronica (+18%) con 4,6 miliardi di euro, Abbigliamento (+21%) che passa da 2,4 miliardi nel 2017 a circa 3 miliardi nel 2018, l'Editoria (+25%) con 1 milione di euro. I settori che da qualche anno vengono connotati come emergenti segnano, invece, performance superiori: Food & Grocery (+34%) che passa da 0,83 miliardi di euro del 2017 a 1,1 miliardi, Beauty (+29%) con quasi 430 milioni, Arredamento e home living (+44%) a quota 1,26 miliardi, Auto e Ricambi (+26%) che sfiorano i 610 milioni. Lo sviluppo prosegue anche per quanto riguarda i Servizi, seppur a ritmi meno sostenuti: sia il settore Turismo e Trasporti (9,7 miliardi di euro) che quello delle Assicurazioni (oltre 1,3 miliardi di euro) crescono del 5%.

Un settore quindi che è in piena espansione. Ne abbiamo parlato con Roberto Liscia, Presidente di Netcomm.

A che punto siamo con il mercato in Italia?

Il mercato cresce in maniera lineare ed omogenea con quello che è avvenuto negli anni passati. E' allineato con la crescita di tutti i Paesi del mondo dove sappiamo che l'eCommerce cresce di circa il 18%. Nel nostro Paese cresce del 15% e prevediamo un fatturato complessivo per l'Italia vicino ai 27 miliardi di euro. Questo dato è significativo perché in realtà non solo crescono tutti i settori tradizionali - come il fashion o l'elettronica di consumo oppure l'entertainment e i libri - ma crescono i nuovi comparti, quelli che si sono affacciati recentemente, con tassi di crescita vicini al 50%. Parliamo di cosmetica, arredamento, food. In particolare, quest'ultimo è un settore che vedrà nei prossimi anni, proprio per il cambiamento delle abitudini delle famiglie e dei cittadini a livello planetario, una crescita importante rispetto ad altre realtà. D'altronde il food delivery ha dimostrato una componente di servizio che nessuno si aspettava e che sta dimostrando una vitalità in tutti i Paesi del mondo, Cina inclusa.



Come si colloca l'Italia nel contesto internazionale?

Malgrado la crescita del 15%, è e resterà indietro. Sappiamo che in Italia poche attività e pochi prodotti vengono esportati in maniera digitale. Quelle di maggior successo sono, naturalmente, le realtà dell'abbigliamento e del fashion. Fatta 100 la torta dell'eCommerce europeo, l'Italia ha una fetta circa del 4%, quindi è molto sottorappresentata rispetto sia alla percentuale della popolazione sia del ruolo industriale che gioca il Paese.
Questo è dovuto a diversi fattori, soprattutto al fatto che ci sono poche imprese che vendono online: si parla di solo 50mila imprese che son preparate alla vendita diretta online e di qualche altra decina di migliaia di imprese che vendono tramite marketplace.
Ma se questo lo confrontiamo con quello che accade in Europa, dove ormai più di un milione e 200mila imprese vendono online, di cui 550mila in Germania e 200milan in Francia, questo ci dimostra come l'eCommerce delle imprese è di fatto molto arretrato rispetto a quello che dovrebbe essere. E questo è un fatto allarmante perché l'eCommerce non vuol dire solamente vendere online, ma significa trasformare l'impresa, trasformare la relazione, investire in competenze e in tecnologie.


Sappiamo anche che nei Paesi più avanzati, quelli che investono di più, hanno una componente del Pil piuttosto importante generata dall'eCommerce: si parla dell'8% in Cina del 6-7% in Gran Bretagna. L'Italia ha una quota del Pil dell'1,6%, il che significa che se le imprese del nostro Paese e gli organi istituzionali non capiscono che l'eCommerce non è soltanto un'occasione per vendere di più le merci, sia in Italia sia all'estero, ma rappresenta tre grandi opportunità - strategica di trasformazione dell'impresa, di investimenti in nuove tecnologie, di creazione di occupazione di qualità - in realtà perdiamo una grande occasione per generare nuovo valore e ricchezza per il nostro Paese.

Come si esce da questa situazione?

La risposta è semplice: conoscenza, formazione, competenze. Dobbiamo investire in nuova conoscenza, e questo lo possono fare le università, le famiglie, lo Stato. Non servono agevolazioni fiscali o finanziarie, tipo Industria 4.0, che pur sono state importanti e hanno generato una accelerazione di investimenti in tecnologie e dei processi produttivi. Qui bisogna generare investimenti nella nuova relazione con il cliente.




Omnicanalità è ormai diventata la parola d'ordine per il retail

Una cosa è certa: l'esperienza di acquisto passa sempre (tranne che per i servizi) attraverso un'esperienza tattile. L'acquirente le merci le vuol vedere, sentire, odorare ed essere istruito e supportato. E' quindi evidente che il ruolo del negozio e del punto di vendita sarà sempre essenziale. Il nostro Osservatorio prevede che nel 2022 il 18% delle merci saranno vendute online. Ma quello che non si dice è che l'82% delle merci continuerà ad essere venduto offline. Il che significa che quest'ultimo canale deve cambiare pelle, deve rigenerarsi, deve diventare totalmente integrato con l'online me, soprattutto, deve fornire quell'esperienzialità che l'online non è in grado di creare. Questo attraverso modelli di business totalmente innovativi: l'online può fare formazione, in qualche misura l'istruzione e accompagnare il cliente nella scelta dei prodotti, può fare showrooming. L'offline gioca e giocherà un ruolo importante se capace di rinnovarsi, in qualche misura coerente con il cambio del comportamento del consumatore globale e digitale.




eCommerce e mobile sembrano un matrimonio perfetto?

Associare il mobile solo all'eCommerce mi sembra riduttivo. E' diventato un'estensione di tutti i nostri comportamenti. Col mobile non solo comunichiamo, ma cerchiamo informazioni e prodotti, serve nel mondo del business e delle attività professionali. Quindi, evidentemente, tutti noi, sia che siamo cittadini-consumatori sia che siamo professionisti, vediamo nel mobile il ponte per accedere alla soddisfazione dei nostri bisogni. E quindi, certamente, nell'eCommerce ormai il mobile conta per il 50% degli acquisti. Ma dobbiamo anche considerare che ormai il mobile è un punto del customer journey, cioè uno dei tanti punti che vengono toccati nel processo di acquisto. Non è quindi tanto importante il mobile per l'acquisto in sé, ma perché si inserisce in una serie di punti che ciascuno di noi tocca - in termini informativi, di engagement, di social network - prima di arrivare a quello che Google definisce lo "zero momento of truth", cioè l'acquisto vero e proprio.

Le principali evidenze emerse nel rapporto eCommerce e next payment

Il nostro Osservatorio dimostra come il pagamento sia un elemento essenziale in una esperienza di acquisto "frictionless".


Molti operatori si concentrano sul livello della convertion prima del carrello, ma in realtà molte delle perdite di convertion avvengono dopo il carrello. Dalle nostre ricerche emerge che tra il 15 ed il 25% delle uscite dal carrello avvengono al momento del pagamento. Quindi quest'ultimo deve essere veloce, semplice senza intoppi o attrito, sicuro, e deve essere considerato come un non problema.

Perché l'ingresso di nuovi player nel payment diventa un fattore strategico?

Quello che sta avvenendo in tutti i pezzi della catena del valore è che le tecnologie stanno cambiando il comportamento di gran parte dei giocatori. Soprattutto il payment sta diventando un pezzo importante di questa catena, dove il pagamento stesso è quasi marginale rispetto al ruolo che gli operatori del settore potranno avere in futuro. Il pagamento è in grado di portare informazioni, di raccogliere comportamenti, di garantire al consumatore una serie di servizi che, come dicevo, devono essere senza attrito e di grande facilità d'uso. Ma deve soprattutto garantire all'imprenditore e al merchant di avere una bassa possibilità di perdita di clienti al momento del pagamento, e una mole di servizi che possono essere messi a disposizione del venditore per servire meglio il cliente.



ARGOMENTI: marketing - retail - ecommerce - intelligenza artificiale - AI - IA - digital transformation - pmi - high yield - bitcoin - bond - startup - pagamenti - formazione - internazionalizzazione - hr - m&a - smartworking - security - immobiliare - obbligazioni - commodity - petrolio - brexit - manifatturiero - sport business - sponsor - lavoro - dipendenti - benefit - innovazione - b-corp - supply chain - export - - punto e a capo -

> Vai al sommario < - > Guarda tutti gli arretrati < - > Leggi le ultime news <

Copyright © 2009-2024 BusinessCommunity.it.
Reg. Trib. Milano n. 431 del 19/7/97
Tutti i Diritti Riservati. P.I 10498360154
Politica della Privacy e cookie

BusinessCommunity.it - Supplemento a G.C. e t. - Reg. Trib. Milano n. 431 del 19/7/97
Dir. Responsabile Gigi Beltrame - Dir. Editoriale Claudio Gandolfo


Copertina BusinessCommunity.it