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Editoriale
Il fantasma dell'inflazione che non c'è (e forse non ci sarà)
I dati dell'Eurostat sono lì a dimostrarlo. Il QE di Draghi (dal "Whatever it takes" in poi) non ha sortito alcun effetto. L'inflazione core, il tasso depurato dell'effetto delle componenti più volatili (energia, beni alimentari, alcolici e tabacco), ha segnato nel mese di aprile 2018 un valore di 0,7%, contro lo 0,9% atteso dagli analisti. Siamo ben lontani dall'unico compito che ha la BCE, un target di inflazione "sotto, ma vicino al 2%". Sono ormai trascorsi 38 mesi dall'avvio del programma di Quantitave Easing, sono stati impiegati 2400 miliardi di euro in acquisti di titoli pubblici e privati. Hanno sostenuto le banche, ma l'inflazione core è rimasta sostanzialmente la stessa di tre anni fa. E adesso? Draghi ha già accennato ad un allungamento del tapering, quindi la BCE continuerà nel suo programma anche oltre la scadenza prefissata. E questo nonostante le proteste tedesche e Paesi vassalli. Ma abbiamo visto, che il programma in sé non porta quell'inflazione fisiologica che dovrebbe arrivare dalla domanda aggregata (soprattutto i consumi). L'Istituto di Francoforte potrebbe abbassare i tassi di interesse in modo mai sperimentato prima, ma anche questa mossa, soprattutto se teniamo conto dell'esperienza giapponese, difficilmente porterebbe a qualche risultato. Rimanendo nelle soluzioni "non convenzionali", mancherebbe solo l'accredito diretto di liquidità nei conti correnti privati, l'Helicopter Money teorizzata da Friedman. Forse, sarebbe meglio considerare che in una deflazione da debiti, il fantasma dell'inflazione - di cui in molti teorizzano una ripresa e un rischio per la crescita - richiederà molto tempo prima di riapparire e terrorizzare i mercati.
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