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28/03/2018

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Dall'Angelo (Hermes IM): con le riforme l'Italia può farcela

Basso debito privato e sensibilità alla domanda estera sono i punti di forza. Occorre intervenire su giustizia, Pubblica Amministrazione, regime fiscale

Manca poco ormai alla fine del QE di Draghi e in molti si domandano quale sarà il futuro dell'Italia senza l'ombrello della BCE. Può essere positivo, se si considerano alcuni fattori come export e investimenti esteri, comprendendo anche quello delle banche alle prese con gli NPL. Ne abbiamo parlato con Silvia Dall'Angelo, Senior Economist, Hermes Investment Management.

Crescita globale 2018: com'è posizionata l'Italia?

E' in un'ottima posizione per beneficiare della ripresa che vediamo all'interno dell'economia globale, che ha avuto inizio alla fine del 2016, è proseguita del 2017 e ha la potenzialità di per continuare quest'anno. L'Italia ha una elevata sensibilità alla domanda estera e, di fatto, nell'ultimo anno la crescita è stata largamente guidata dalle esportazioni, cresciute del 6%, e dagli investimenti, aumentati del 4%. Quello che abbiamo visto è che le imprese si trovano davanti ad una domanda estera più "vivace" e di conseguenza rispondono con maggiori investimenti.

Entrando più nello specifico, quali sono i fattori che qualificano la situazione attuale dell'Italia?

Abbiamo alcuni elementi di forza dell'economia italiana.

In primo luogo, l'economia è ancora nella fase iniziale del ciclo rispetto ad altro Paesi come, per esempio, la Germania e altri nell'eurozona che sono in fase più avanzata. Possiamo quindi avere un effetto di recupero nei prossimi anni.
Il secondo punto di forza è la sensibilità alla domanda estera, rispetto alla quale le prospettive per quest'anno rimangono positive. E di debolezza?

Ci sono però anche alcuni elementi di debolezza. In particolar modo la domanda interna e i consumi sono deboli, e nell'ultimo anno c'è stato un rallentamento. Questo riflette la situazione del mercato del lavoro, dove abbiamo sì visto dei miglioramenti, ma molto lenti. Se consideriamo il reddito da lavoro, si trova ancora in una posizione di debolezza rispetto ai livelli pre-crisi, e questo è dovuto a due fattori. In primo luogo, la qualità del lavoro non è buona: la sua creazione è stata concentrata nel settore part-time piuttosto che nel full-time, contratti temporanei e in generale "arrangements" alternativi. Secondo fattore, il più importante, è che la crescita salariale è molto bassa.

Al momento si attesta interno all'1%. E se guardiamo alla crescita salariale reale degli ultimi 10 anni, siete stati attorno allo 0,1%.
Quali sono i punti di forza dell'Italia?

Se da un lato abbiamo un debito pubblico molto elevato, al 132% del PIL, che rappresenta una causa di preoccupazione per gli investitori esteri e per le prospettive dell'Italia, dall'altro abbiamo alcuni aspetti di forza che possono in qualche modo limitare il rischio del debito pubblico.
Intanto il debito privato è abbastanza contenuto, intorno al 120% del PIL, uno dei livelli più bassi tra i Paesi del G7, ed è rimasto contenuto anche dopo la crisi: dopo un iniziale aumento è rimasto contenuto e stabile. Questo riflette probabilmente una certa predisposizione delle famiglie italiane al risparmio e ad un approccio cauto.
Il secondo punto di forza è la posizione dell'Italia rispetto al resto del mondo. La bilancia dei pagamenti con l'estero è rimasta positiva negli ultimi anni, intorno al 3-4% del PIL. Questo ha contribuito ad un rafforzamento della posizione patrimoniale esterna dell'Italia, che ha un debito basso rispetto al resto del mondo, intorno al 7% del PIL, e questo contiene in qualche modo il rischio di un elevato debito pubblico.



Tra i punti deboli c'è anche la questione fiscale?

Come già detto, anche se il debito pubblico è elevato, le prospettive sono cautamente positive. Abbiamo infatti una discreta crescita, che nel 2017 è stata dell'1.5% a livello reale, e ci aspettiamo una crescita simile anche per quest'anno. Abbiamo dei tassi di interessi bassi, grazie anche al supporto della Banca Centrale Europea, e in queste condizioni mi aspetto una stabilizzazione e una graduale riduzione del debito pubblico nei prossimi anni.
Il governo italiano ha delle stime più aggressive, si aspetta degli sviluppi più positivi per il debito pubblico nei prossimi anni. Forse è troppo ottimista, ma anche la nostra visione, pur non essendo così estrema è per una stabilizzazione e regressione del debito pubblico.

C'è molto spazio per le riforme. Quali?

C'è spazio per temi quali la giustizia, Pubblica Amministrazione, regime fiscale, e alcune di queste riforme sono, come si dice in inglese "low hanging fruits", frutti molto accessibili. Penso in particolar modo ad una semplificazione del sistema fiscale.



Un altro ambito dove si può far qualcosa rendere più facile il business, semplificare la burocrazia per aprire nuovi business in Italia. E penso anche al mercato del lavoro: è stato reso più flessibile dal Jobs Act e alcune riforme del governo precedente, ma penso che ci sia ancora margine per migliorare, specialmente per quanto riguarda gli investimenti in formazione continua della forza lavoro per renderla più adatta a quelle che sono le sfide della nuova economia.

Banche e NPL: un tema assai caldo in Italia?

Il sistema bancario ha ancora delle tensioni, ma il governo precedente è riuscito ad introdurre nuove riforme per rafforzarlo e quindi portarlo in una direzione di una maggiore concentrazione e di accorpamento dei soggetti minori e più deboli. Il livello dei Non Performing Loans (NPL) è ancora elevato ma si è stabilizzato, e di fatto il governo è riuscito a creare anche un mercato per questi prodotti. Naturalmente con una garanzia pubblica per favorirne lo scambio. Il fatto che si sia creato un mercato è positivo, poiché il settore privato è stato coinvolto e in questo la mia visione è abbastanza positiva.




Come cambierà l'accesso al credito dopo la fine del QE?

La BCE ha fornito uno stimolo molto importante all'economia italiana. Secondo le nostre stime, il problema del QE, che adesso sta procedendo ad un ritmo di 30 mld di euro al mese in acquisto di titoli pubblici, è che nel suo complesso negli ultimi anni, ha compresso i tassi italiani di circa 70-80 punti base, in media e su diverse maturità (tra i 2 e i 30 anni).
La nostra analisi suggerisce che il principale effetto sui tassi deriva dal livello, dallo stock, del programma di QE della Banca centrale. Quindi anche dopo la fine del programma di acquisti la BCE manterrebbe comunque un elevato stock, attraverso il reinvestimento dei titoli a scadenza, e questo continuerebbe comunque a comprimere i tassi di interesse sul debito italiano.
E a valle contribuirebbe anche a delle condizioni di accesso al credito abbastanza positive. Poi per me c'è da dire che il problema è più sul lato della domanda piuttosto che dal lato dell'offerta.

Cioe?

Se guardiamo alla domanda vediamo che è rimasta sostanzialmente a zero.


C'è poco incentivo. Le imprese hanno ancora timore nella situazione del credito. Prima si parlava di riforme: c'è ancora bisogno di sbloccare questa situazione con investimento pubblico, coinvolgimento di soggetti privati, e in questo potremmo vedere maggior domanda del credito da parte delle aziende italiane. Se ben costruiti, gli incentivi servono.

Rappresenteranno un maggior problema i dazi di Trump o un dollaro basso?

Sicuramente i dazi USA saranno un problema maggiore, di fatto il rischio principale per quella che è la mia visione per l'economia globale per quest'anno. Specialmente perchè potrebbero innescare un processo a catena nel quale altri Paesi si aggiungerebbero alla lista di avversari al libero commercio, andando poi verso una "trade war".
Un dollaro debole non mi preoccupa particolarmente, a patto che le variazioni siano contenute. Di fatto un dollaro debole ha avuto l'effetto di sostenere l'economia globale e la circolazione del credito verso Paesi delle economie emergenti. Quindi, in generale, un dollaro tropo forte è positivo per l'economia globale. .


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