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Editoriale
Se il debito pubblico è un problema solo per noi
Il debito pubblico italiano rappresenta un problema dalla massima priorità. Anzi, a stare a sentire media e politici, è IL problema. E per farcelo meglio ricordare nelle stazioni ferroviarie di Milano e Roma qualcuno ha pensato bene di mettere un contatore per indicarne l'ammontare. In un momento a caso: poco prima delle elezioni. Incredibile caso di come un numero possa essere piegato a seconda delle proprie esigenze. Infatti, non è l'ammontare totale ad essere il problema, ma il suo rapporto con il Pil. E qui troviamo il punto in cui si concentrano le diversità di vedute. La quota massima prevista dai trattati è il 3%, che tutti regolarmente sforano, Francia in testa. Noi dobbiamo invece rispettarla religiosamente (perché poi?). Si può abbassare il debito pubblico (e quindi il suo rapporto con il Pil) attraverso un taglio alla spesa pubblica (detta anche austerity all'europea). Ma da Monti in poi i dati ufficiali dimostrano che così il debito si è alzato e di parecchio. Oppure si può tentare di far crescere il Pil, che porterebbe ad un decremento del rapporto sul debito (e più ricchezza nel Paese). L'Europa, Francia in testa, spinge per inasprire ancora di più la ricetta tagli più tasse, magari con una bella patrimoniale, e qualche partito italiano - magari non esplicitamente, siamo in campagna elettorale - la segue su questo terreno. Ma, visto che la medicina somministrata al paziente Italia finora ha solo aumentato la debilitazione e la malattia, non sarebbe il caso di cambiare cura? Se l'Italia viaggia verso il 133% del rapporto debito/Pil, il Giappone è da tempo in zona 250%, senza che nessuno gli dica nulla. E quando scoppiò il problema Grecia, il suo rapporto era a circa al 60%. Non sarà che l'accoppiata euro più questa Europa rappresentano il nostro problema?
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