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07/02/2018

economia

L'oro nero ora sono i dati

Feuerman (AllianceBernstein): La riforma Trump si prefigge di stimolare il rimpatrio di capitali esteri. Ottimo per i giganti della tecnologia

C'era una volta il petrolio, materia prima che ha dettato le regole della crescita economica e che ora viene affiancata da nuove commodity pronte a seguirne i passi: i dati e chi li disciplina. In un momento in cui si assiste ad un continuo rally dei mercati che alimenta la preoccupazione degli investitori circa la possibilità di un prossimo tracollo, diventa importante capire quali saranno le società su cui puntare e quali i trend fondamentali. Il fenomeno dati rientra tra questi. Ne è evidenza l'avanzata dell'eCommerce a spese del retail fisico o la contrazione della domanda di spazi da adibire ad ufficio che risente delle maggiori attività svolte direttamente da casa.
Tali trend saranno deleteri per alcuni business, ma vincenti per altri. Vediamo, ad esempio, ottime opportunità in quelle società che stanno lavorando allo sviluppo di piattaforme globali con una capacità di processare una mole di dati sempre più grande come Alphabet e Facebook. Nuova linfa, inoltre, potrebbe arrivare da società che hanno lottato per anni con l'avanzata della tecnologia e che hanno finito per adattarvisi.


Pensiamo ai colossi mediatici tradizionali. Questi hanno sofferto il cambiamento delle abitudini dei consumatori che usano ora la tecnologia per godere del prodotto mediatico in maniera nuova ed innovativa. Nell'imperversare della battaglia che si rifletteva sul prezzo delle azioni, i grandi gruppi hanno risposto con armi proprie, sviluppando i loro servizi over-the-top e cercando potenziali target da acquisire. Le valutazioni di questi titoli sono convenienti, ma presto il mercato potrebbe cambiare il suo giudizio vedendo queste società non come superate ma come sopravvissute, lasciando spazio a ritorni significativi.
A discapito delle preoccupazioni, la nostra visione sul futuro dell'azionario americano rimane positiva. Di fatto, anche prima del via libera al nuovo piano fiscale, l'economia a stelle e strisce era in accelerazione. Adesso, potremmo assistere ad un vero e proprio boom. La liquidità delle aziende, infatti, dovrebbe salire, portando ad una graduale crescita sia dell'economia che del benessere. In aggiunta, la classificazione a spesa degli investimenti, grazie ai vantaggi in termini fiscali che ne derivano, dovrebbe fungere da incentivo per le società non solo ad investire, ma a farlo in territorio statunitense, alimentando così la crescita domestica.


La riforma targata Trump renderà i prossimi mesi molto interessanti per gli investitori. L'attenzione si poggia soprattutto sulle aziende, sia di grandi che di ridotte dimensioni, con business orientati prevalentemente al mercato interno e soggette ad oggi ad aliquote elevate. Si parla di società appartenenti al settore finanziario, industriale e di alcune compagnie di beni di consumo. Meno vantaggi, quindi, per i colossi multinazionali, anche se non tutto è perduto. La riforma, tra le altre cose, si prefigge di stimolare il rimpatrio di capitali esteri.
Le società con ingenti liquidità all'estero, quindi, hanno ora modo di attingervi pagando un'aliquota ridotta. Questo, in particolare, va a favore dei giganti della tecnologia, come Apple, che al momento ha in pancia 250 miliardi di dollari di liquidità all'estero. Come già annunciato, è nelle intenzioni di Cupertino rimpatriare i fondi offshore, operazione che si tradurrà in un assegno di 38 miliardi per il governo Usa, e usarli per costruire un nuovo campus e per creare posti di lavoro. Tutte cose positive per l'economia statunitense.

Kurt Feuerman, portfolio manager dell'AB Select Absolute Alpha Portfolio di AllianceBernstein

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