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17/01/2018

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Tobagi (Invesco AM): alla ricerca della diversificazione efficace

Non basta avere asset class diverse in portafoglio. Occorre che queste siano poco correlate tra di loro e che i loro andamenti devono essere il quanto più dissimili possibile

I mercati avranno già toccato i massimi? Come sarà il 2018 dell'obbligazionario? Quali linee guida deve seguire in fatto di rischio un investitore accorto in un momento di bassi tassi di interesse? Ne abbiamo parlato con Luca Tobagi, CFA, Invesco Asset Management.

Dal vostro outlook sul 2018 emergono tre fattori che dovranno rappresentare una sorta di bussola per gli investitori. Quali sono?

Le tre idee principali rappresentano la realizzazione di un'idea più generale, quella cioè che nel 2018 possiamo vivere una prosecuzione di alcuni trend positivi che abbiamo già visto nel 2017. Queste riguardano azioni, obbligazioni a spread e diversificazione.
Una prima idea è quella che è vero che i mercati hanno corso tanto, sono molto saliti e così le valutazioni, ma in questo momento non ci sono in generale degli eccessi pericolosi. Quindi sostanzialmente possiamo ancora mantenere - con tutte le cautele del caso poiché ci aspettiamo dei rendimenti attesi inferiori all'anno precedente - un atteggiamento favorevole per alcune asset class rischiose.

Tra queste abbiamo sicuramente le azioni e le obbligazioni a spread.

Partiamo dall'azionario.

Per quanto riguarda le azioni, la prima cosa da dire è che il ciclo economico sta vivendo una fase positiva. Gli Stati Uniti sono ben avviati, e nel 2018 potrebbero completare il ciclo di espansione più lungo che sia ricordato della loro storia.
Nel corso del 2017 è inoltre apparso molto chiaro come altre aree del globo come l'eurozona e il Giappone abbiamo vissuto una fase di stabilizzazione e poi di ferma ripresa macroeconomica. Tutto è favorevole alla crescita, anche alla crescita degli utili, quindi tendenzialmente anche ai mercati azionari.
In particolare, dobbiamo dire che, rispetto agli USA, forse aree geografiche come eurozona, Giappone e Paesi Emergenti sono più legate all'andamento del ciclo globale. E quindi, dato che hanno anche valutazioni più contenute, possono magari dare delle soddisfazioni agli investitori in termini relativi rispetto agli Stati Uniti, che fanno nuovi massimi ma hanno raggiunto livelli valutativi più elevati.
La crescita delle valutazioni non è ancora - secondo noi - a livelli preoccupanti, da bolla speculativa come abbiamo visto nel 2000 o nel 1929, anche perché non è stata accompagnata da un comportamento frenetico da parte degli investitori.

Questi non si sono buttati a pesce ad acquistare azioni a qualunque prezzo, come accaduto in altri casi precedenti. Questo si è tradotto in una crescita abbastanza regolare dei prezzi delle azioni anche nel mercato americano, le cui valutazioni si sono espanse ma, appunto, non ancora a livelli che storicamente sono sembrati più patologici.

Passiamo all'obbligazionario.

Per quanto riguarda il mondo delle obbligazioni, il discorso è un po' più articolato, in quanto noi sappiamo che questa asset class è importantissima per tutti i nostri investitori, e una parte fondamentale dei portafogli anche per quello che è l'orientamento per generare del reddito periodico dagli investimenti, non solo un rafforzamento in conto capitale.
Qui ci si scontra con il tema di un buon andamento dei mercati obbligazionari da alcuni anni, grazie anche agli interessi massicci delle banche centrali, che ha portato ad una compressione dei rendimenti via via più evidente, al punto che ormai, anche le obbligazioni con profilo di rischio più elevato come quelle ad alto rendimento, hanno rendimenti che sono meno attraenti in prospettiva storica rispetto a quelli cui siamo stati abituati.


E' chiaro che entrare nel 2018 pensando ad investimenti obbligazionari ci costringe innanzitutto a questo genere di premessa. E' giusto che questa asset class sia una parte rilevante del portafoglio, ma è anche giusto esser consapevoli che è improbabile che i rendimenti attesi da questa asset class possano essere generosi come quelli del 2017.
Detto questo, diventa anche importante distinguere quello che è un rischio ciclico da un rischio sovrano.
Noi abbiamo un quadro macroeconomico in miglioramento che spesso si accompagna a dei rendimenti governativi in ascesa. Questo porta gli investitori in obbligazioni governative a rischiare, o spesso realizzare, delle perdite in conto capitale che, quando il livello dei tassi è molto molto basso, possono anche diventare significative. Il problema è che di solito l'investitore in obbligazioni governative sceglie questa asset class proprio perché non vuole avere perdite. E quindi non se le aspetta. Questo è un rischio insidioso che noi dobbiamo tenere a mente e che è giusto evidenziare agli investitori.

Come si può mitigare questo rischio?

Si mitiga prendendo esposizione a delle asset class che sono, a differenza delle obbligazioni governative, esposte al buon andamento del ciclo economico come, per esempio, le obbligazioni a spread, nel mondo corporate, che sia investment grade o a più alto rendimento.


Questo perché la qualità del credito in un contesto macroeconomico di miglioramento, migliora a suo volta. E quindi questo porta ad una compressione degli spread, che sono una parte importante dei rendimenti obbligazionari che l'asset class corporate può generare nel tempo. Questo non significa che noi ci aspettiamo che nel 2018 l'obbligazionario investment grade o ad alto rendimento possa generare gli stessi ritorni agli investitori che abbiamo visto nel 2017 e nel 2016, poiché purtroppo buona parte di questi rendimenti sono già stati estratti. Però è importante, in un'ottica di sana diversificazione del portafoglio capire che, per esempio, mentre il rischio politico sui singoli Paesi è ingovernabile da parte degli investitori, l'analisi del ciclo economico e prendere esposizione a dei fattori qualitativi di rischio (che possono diventare dei fattori di performance che ne mitigano altri, che magari potrebbero essere un pochino più negativi), diventa sempre più importante.
Questo ci porta al terzo e ultimo aspetto: l'importanza di una buona diversificazione dei portafogli.

Cosa significa nella pratica?

Questa deve essere efficace.


Ciò significa che non basta più dire "io ho un titolo di stato italiano e un'azione della Malaysia" per pensare di avere un portafoglio diversificato. La storia ci insegna che negli ultimi 7-8 anni anche attività finanziarie che sulla carta sembravano le più diverse, hanno iniziato a vivere una fase di aumento delle correlazioni, cioè i loro prezzi hanno cominciato a muoversi sempre di più nella stessa direzione e nello stesso momento. Questo non è un problema quando le cose vanno bene, ma può diventare un rischio abbastanza insidioso - proprio perché poco percepito - quando le cose non vanno bene. Questo perché c'è bisogno di avere delle aree di portafoglio che provano almeno a offrire un rifugio nel momento in cui alcune asset class importanti cominciassero ad andare meno bene.
In questo senso, il consiglio che noi diamo e la modalità con cui, dal punto di vista gestionale, costruiamo i portafogli dei nostri clienti, è proprio quello di dire: "cerchiamo una diversificazione efficace", cioè delle attività finanziarie che siano poco correlate tra di loro, il che significa che i loro andamenti devono essere il quanto più dissimili possibile.


Scegliendo queste asset class e combinandole in modo tale che il prezzo di questa maggiore diversificazione non sia una rinuncia troppo elevata in termini di rendimento atteso. E' un compito impegnativo ma noi cerchiamo di affrontarlo nel miglior modo possibile.


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