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10/01/2018

economia

Decisioni OPEC e tensioni in Medio Oriente: gli impatti sul prezzo del petrolio

Defend e Sandrini (Amundi AM): l'escalation delle tensioni nella regione potrebbe provocare volatilità nel prezzo del petrolio, ma uno shock della produzione è improbabile

Le tensioni in Medio Oriente non sono certo una novità, ma recentemente una serie di fattori hanno fatto riflettere sulla possibilità che nel 2018 potrebbero sfociare in una serie di problematiche rischierebbero di essere un fattore nel mercato del petrolio. Su questo abbiamo sentito il parere di Monica Defend (MD), Head of Strategy, Deputy Head of Research, e di Francesco Sandrini (FC), Head of Multi-Asset Balanced, Income & Real Return, presso Amundi Asset Management.

Quali sono le vostre previsioni sul greggio per il 2018 alla luce del recente vertice dell'OPEC?

MD: Nonostante l'ultima decisione dell'OPEC di estendere i tagli alla produzione fino al termine del 2018, i prezzi potrebbero stabilizzarsi dato l'aumento della produzione negli Stati Uniti che è destinata a salire sopra i 10 milioni di barili al giorno (mmb/d) come minimo nel 2018. L'elasticità dell'offerta di shale oil negli Stati Uniti è la variabile chiave, almeno nel breve termine, e potrebbe essere il fattore chiave per quanto riguarda il nostro range obiettivo per il 2018: se gli Stati Uniti alzassero drasticamente la produzione, a circa 11 mmb/d, il prezzo potrebbe tornare in un range di $30-50 al barile.


Tuttavia, un improvviso aumento della produzione di petrolio negli USA non è il nostro scenario di base. Pertanto, prevediamo che per il 2018 le quotazioni del petrolio resteranno piuttosto stabili, in un range di 60-65 dollari al barile per il Brent. L'Agenzia Internazionale dell'Energia (IEA) ha rivisto al rialzo le stime di crescita per la domanda globale di petrolio a 1,5 mmb/d nel 2017 (+1,6%) e a 1,3 mmb/d nel 2018 (+1,3%), in linea con le nostre aspettative. La domanda è robusta e dovrebbe arrivare sia dai Paesi emergenti che da quelli sviluppati.
Peraltro, ci si aspetta un ridimensionamento dell'aumento della produzione di petrolio (OPEC e non-OPEC) da 3,0 mmb/d a 2,6 mmb/d, il che significa che l'eccesso di offerta petrolifera sarà di circa 1 mmb/d, il livello più basso degli ultimi 5 anni. L'accordo dell'OPEC (e dei 10 paesi produttori non-OPEC guidati dalla Russia), che prevede il taglio della produzione di petrolio di circa 1,8 milioni di barili al giorno fino a fine 2018, è stato efficace, con un tasso di adesione molto buono. L'obiettivo finale è di riequilibrare le scorte globali di petrolio fino alla media quinquennale (sono ancora circa 154 milioni di barili al di sopra di tale media) nel tentativo di mantenere i prezzi del petrolio all'interno della zona di comfort dell'OPEC.

Se il mercato dovesse diventare troppo squilibrato, i paesi OPEC e non OPEC sarebbero in grado di adeguare l'accordo alla prossima riunione di giugno 2018.

Quali sono i presupposti alla base del range di prezzo stimato?

MD: Prevediamo che i prezzi di equilibrio si muoveranno nell'intervallo di 55-60 dollari al barile per il WTI e 60-65 dollari al barile per il Brent nel 2018. I target di prezzo derivano da un modello econometrico che considera la variazione delle dinamiche nei fondamentali di offerta/domanda.
Dal lato dell'offerta, nel nostro modello economico, consideriamo la produzione mondiale di petrolio (OPEC e non OPEC) e teniamo conto della dinamica delle scorte petrolifere.
Dal lato della domanda, riteniamo importante monitorare gli indicatori anticipatori dell'OCSE come stima dell'attività economica globale. Per il 2018, prevediamo una crescita ancora robusta che dovrebbe far aumentare la domanda di petrolio.

In che modo la recente escalation delle tensioni in Medio Oriente avrà un impatto sul prezzo del petrolio?

MD: Gli eventi in Medio Oriente (in particolare in Arabia Saudita e Libano) hanno dato un ulteriore slancio al prezzo del petrolio e sollevato preoccupazioni per gli shock di offerta petrolifera, ma riteniamo che solo gli eventi estremi (come attacchi militari dei sauditi o degli israeliani contro obiettivi di Hezbollah) avranno impatti significativi sul prezzo del petrolio.


Al momento, valutiamo molto bassa la probabilità di episodi estremi, almeno nel breve termine: nessuno degli attori coinvolti è interessato ad iniziare una guerra che potrebbe far deragliare gli ultimi 10 anni di crescita economica nel Golfo.
Pertanto, il recente rally del petrolio è più correlato a un adeguamento alle migliori condizioni di crescita e di domanda mondiale (la Cina è il maggiore contributore a questa domanda con la crescita più elevata su base annua dal 2010, aggiustata per le riserve strategiche di petrolio) piuttosto che a problemi geopolitici.
In conclusione, nonostante una situazione al momento fragile, la crisi del Medio Oriente non dovrebbe far deragliare la traiettoria del prezzo del petrolio e i sauditi sembrano impegnati a non violare gli accordi di produzione dell'OPEC. Le crescenti tensioni tra Arabia Saudita e Iran potrebbero portare a una maggiore volatilità del prezzo del petrolio, ma i fondamentali favoriscono un riequilibrio a medio termine nella tendenza del prezzo del petrolio.

Da un punto di vista multi-asset, vedete opportunità di investimento legate al petrolio nel 2018?

FS: Una valutazione dei movimenti del prezzo del petrolio è particolarmente rilevante per gli investitori multi-asset.


Non è confinata solo alle opportunità di investimento in sé, ma guida anche le dinamiche dei diversi settori (sia direttamente, come nel caso del settore energetico, sia indirettamente, ad esempio nel settore dei trasporti) e influenza le prospettive macro per i Paesi (importatori ed esportatori).
Le previsioni per il petrolio nel 2018 sono costruttive in termini di dinamica domanda/offerta, ma vicino a ciò che abbiamo visto nel 2017. Quindi, sarà sostanzialmente neutrale per le prospettive a livello di singolo Paese. Riteniamo che nel breve termine gli investitori avranno ancora opportunità limitate dagli investimenti diretti nel petrolio.
Pur riconoscendo che l'inclinazione della curva dei futures indica un contesto di investimento migliore (il prezzo corrente è superiore a quello forward), riteniamo che la maggior parte delle ipotesi - come descritto sopra - sia ampiamente prezzata, con un prezzo attuale del Brent di $ 62,5 al barile, esattamente a metà dell'intervallo definito per il 2018. L'investimento diretto nel petrolio ha mostrato una volatilità implicita media del 30% dal 2015, con una leggera riduzione di recente.
Allo stato attuale, qualifica il petrolio come un investimento con un profilo di rischio/rendimento asimmetrico per gli investitori, in cui la probabilità di subire stop loss a breve termine è superiore alla probabilità di realizzare un guadagno.


In questa fase del mercato, gli investimenti azionari nel settore energetico sembrano seguire lo stesso andamento poiché l'ampiezza del movimento all'interno del settore (percentuale di aziende che sovraperformano la media mobile su un anno) appare piuttosto stabile dopo un significativo rialzo dai minimi di agosto.
Molti investitori guardano ancora ai settori petrolifero ed energetico come a settori ancora in difficoltà, il che significa aspettare ancora un loro maggiore consolidamento.
Anche se al momento abbiamo una visione cauta, stiamo sottoponendo a revisione la valutazione dei settori sulla base di una visione più costruttiva in ragione dei rapidi cambiamenti nel sentiment e del posizionamento conservativo del mercato.
Riconosciamo esservi inoltre una maggiore attenzione alla redditività aziendale rispetto agli anni precedenti. Tuttavia riteniamo che, a causa del possibile consolidamento nel settore, le opportunità più interessanti rimangano nella selezione di titoli piuttosto che nelle esposizioni direzionali al settore (ad esempio, tramite derivati).


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