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Editoriale
Fiducia e conti in tasca
Gli ultimi dati Istat ci danno una fotografia del Paese ben lontano da quello che viene comunemente raccontato. L'indice di fiducia dei consumatori di novembre è crollato di quasi due punti. Il fatturato delle imprese è sceso dell'1,2% a settembre su agosto, mese in cui le vacanze la fanno da padrone, e gli ordinativi di un bel -3,9%, sempre su mese. Attendiamo senza troppe speranze i dati sull'occupazione e sull'inflazione, ormai in calo da troppi mesi.
Eppure la gran parte dei politici e dei commentatori parla di ripresa, anzi, di consolidamento della ripresa, che per la quasi totalità degli italiani è ormai una chimera.
Ma se le cose andassero davvero così bene, con un PIL in crescita e l'ottimismo sparso a piene mani, come mai la fiducia dei consumatori scende? Non sarà che lo storytelling fin qui ampiamente manifestato non basta più a rassicurare gli italiani? Magari proprio gli stessi soggetti spaventati dalla legge sul recupero coatto dei debiti, che rischia di espropriare della propria abitazione chi ha un debito con la banca o anche solo è in difficoltà con le rate del mutuo? Oppure dal fatto che le tasse, nonostante i proclami governativi, non calano ma salgono? Senza contare che le difficoltà del mondo del lavoro, dove ormai i contratti solo quasi solo a termine e i licenziamenti non si contano più, sono argomento quotidiano per le famiglie.
Magari non saranno tanti i laureati in scienza delle finanze, ma i conti in tasca propria gli italiani li sanno ancora fare.
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