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29/11/2017

economia

Venezuela sull'orlo del precipizio

Syzdykov (Amundi AM): occorre essere cauti perché non vediamo la possibilità che venga individuata rapidamente una soluzione al processo di ristrutturazione del debito

La situazione del Paese sudamericano sembra da tempo fuori controllo, e rappresenta un rischio non solo per i Paesi emergenti, per il mercato del petrolio, ma anche per i complessi rapporti commerciali della campagnia PDVSA. Ne abbbiamo parlato con Yerlan Syzdykov, Deputy Head of Emerging Markets Amundi AM.

Cosa ne pensa degli ultimi avvenimenti in Venezuela?

Il presidente Nicolas Maduro ha recentemente annunciato l'intenzione della Repubblica del Venezuela di ristrutturare tutto il debito estero, riconoscendo come insostenibile l'attuale livello di debito del Paese.
Il Venezuela non ha onorato il pagamento di cedole pari a 200 milioni di dollari entro il periodo di grazia di 30 giorni dalla scadenza, innescando il processo di declassamento fino al livello di default selettivo da parte delle agenzie di rating.
L'Associazione Internazionale dei Prodotti Derivati (ISDA) si riunirà per valutare se anche il ritardo di una settimana nei pagamenti da parte della compagnia petrolifera statale (PDVSA) possa costituire un evento di credito che faccia attivare la protezione fornita dai contratti di assicurazione (CDS) sottoscritti dagli investitori.

Noi pensiamo che le scelte di Maduro possano far parte di una strategia politica per aumentare le possibilità di essere rieletto nel 2018 e si affiancano al tentativo di consolidare il potere del regime, come avvenuto con il perseguimento della vittoria alle recenti elezioni regionali nonostante un indice di gradimento pari solo al 21%. Con questo capitale politico in mano, e rimandando ulteriormente i pagamenti per il servizio del debito, il chavismo affronta ora la questione del debito.
Per ritardare e complicare ulteriormente il processo negoziale, la Repubblica del Venezuela ha invitato tutti i detentori di obbligazioni a Caracas il 13 novembre per iniziare i negoziati per la ristrutturazione. La riunione è stata presieduta dal vice presidente venezuelano Tarek El Aissami. Tra i partecipanti, anche il ministro dell'Economia Simon Zerpa, che ricopre anche la carica di CFO di PDVSA. Entrambi si trovano nell'elenco dei soggetti colpiti dalle sanzioni OFAC, il che inibisce la partecipazione di investitori USA alla discussione. Non sembra che da questa riunione siano emerse proposte significative, ma gli ufficiali governativi hanno ribadito che è loro intenzione continuare ad onorare il debito.



Cosa si aspetta il mercato?

L'annuncio della volontà di ristrutturare il debito cambia il consensus sia verso il Venezuela che verso le obbligazioni quasi-governative del Paese. Il mercato si aspettava che il Venezuela onorasse il debito nel 2018 e che cercasse poi di ristrutturare solo le obbligazioni statali. Ora il mercato ha iniziato a valutare la tempistica delle azioni perseguita dalla Repubblica del Venezuela e i differenti possibili risultati.
Con Maduro in carica, il numero di possibili opzioni si è ridotto. La valutazione del mercato della probabilità di una transizione, e quindi valutazioni sul futuro di Maduro, sarà un importante driver dei prezzi delle obbligazioni. Le dichiarazioni di Maduro indicano che la Repubblica del Venezuela intende includere nella ristrutturazione PDVSA e altri emittenti quasi-governativi del Paese.
PDVSA e la compagnia di elettricità Elecar hanno insieme cedole arretrate per 750 milioni di dollari su 66 miliardi di obbligazioni in essere. Sembra che il Governo possa proporre di gestire questi arretrati in maniera collettiva o insieme a quelli del debito governativo.


Il Governo potrebbe tentare di salvaguardare PDVSA nell'ambito del processo di ristrutturazione. Data la complessità della posizione del governo, la decisione di ristrutturare può riflettere un desiderio di negoziare un risultato più favorevole. A nostro avviso questo esito è improbabile.

Cosa succede se il Venezuela dichiara il default?

Lo scenario di un totale default del Venezuela sul debito sovrano rappresenterebbe uno dei più complessi eventi di questo tipo e richiederebbe una ristrutturazione su larga scala. Solo la Repubblica del Venezuela conosce il livello del debito totale del Paese, stimato a circa 150 mld di $. Gli investitori americani detengono il 70% del debito venezuelano in valuta forte. Questo porta ulteriori complicazioni a una situazione già complessa, date le attuali sanzioni statunitensi.
I creditori comprendono i beneficiari di pagherò cambiari internazionali (cosiddetti "promissory note"), e le compagnie aeree. Questo crea un potenziale carico sullo stato attraverso controversie non risolte. E ciò contribuisce anche a generare incertezza sul peso del servizio del debito, poiché il valore totale di questi crediti non è ben chiaro.




Chi potrebbe venire in soccorso del Paese?

Vediamo un numero piuttosto limitato di opzioni. Il Venezuela ha alcune attività di cui potrebbe disporre, nonostante negli ultimi anni le riserve in valuta estere siano diminuite. Il Paese ha riserve SDR2 presso il Fondo Monetario Internazionale per un equivalente di 1,2 miliardi di dollari e circa 7,7 miliardi di USD in oro. È possibile un ulteriore supporto esterno dalla Russia (che si è già fatta avanti). Il governo potrebbe anche negoziare un'estensione di numerosi prestiti cinesi in scadenza a fine anno.
Crediamo tuttavia che la probabilità che il Venezuela ottenga ulteriori prestiti da Russia/Cina sia bassa. È improbabile che la Cina intervenga a supporto del governo, avendo in precedenza rifiutato di rivedere i termini di un prestito.
Il FMI entra nel processo affrontando diverse sfide. Sembrerebbe che il FMI rimpianga il suo ruolo nel salvataggio della Grecia. In quella circostanza, il Fondo è stato sottoposto a pressioni per assumere una partecipazione al programma nella misura del 30%, un coinvolgimento di cui ora si rammarica.


Questo può influenzare il grado di coinvolgimento del Fondo con la Repubblica del Venezuela. Il Fondo si inserisce nella discussione con informazioni incomplete e non aggiornate.
Il Venezuela ha ridotto i contatti con il FMI negli ultimi anni. La prima sfida del Fondo sarà acquisire una precisa comprensione della situazione - un obiettivo che potrebbe richiedere del tempo per essere raggiunto. Gli "holdout" (gli obbligazionisti che non aderiscono ad un eventuale accordo di ristrutturazione) sono una vera sfida a qualsiasi tentativo di ristrutturare o riprofilare le scadenze del debito.
Altra questione: negli Stati Uniti, un creditore con una sentenza del giudice ha il diritto di vincolare i crediti commerciali il che significa che i creditori potrebbero appropriarsi dei ricavi del petrolio. Di conseguenza, il Fondo potrebbe modificare il suo approccio tradizionale e tentare una risoluzione più diretta. Ad esempio, il Fondo potrebbe muoversi per coinvolgere prima il mercato andando verso un taglio anticipato del debito; se dovessero perseguire questa strada, ci attendiamo un considerevole scetticismo.
Infine, la decisione del FMI di supportare la ristrutturazione e riconoscere un sostegno finanziario al Paese ha una dimensione politica complessa, data la relazione antagonistica tra il governo del Venezuela e gli Stati Uniti.


In definitiva, crediamo che la questione del Venezuela continuerà diversi anni.

Che ruolo ha PDVSA in tutto questo?

PDVSA entra nelle discussioni sulla ristrutturazione del debito con circa 42 mld di dollari di obbligazioni, dei quali 29 denominati in dollari USA. L'EBIDTA del 2016 è stato stimato essere pari a 15 mld rispetto ai 66 mld del 2011.
L'azienda oggi gestisce solo 44 impianti di trivellazione, contro i 70 di pochi anni fa. La produzione di greggio è calata probabilmente al di sotto dei 2 milioni di barili al giorno (-11% anno su anno), poiché le sanzioni rendono complicato l'acquisto di attrezzature per le aree petrolifere. PDVSA consegna circa 1 milione di barili al giorno per coprire il costo del servizio del debito verso Cina e Russia, oltre che per onorare altri impegni politici assunti dal regime venezuelano. Questa situazione limita la quantità di greggio disponibile per onorare gli altri debiti.
PDVSA è una entità legale differente rispetto alla Repubblica del Venezuela, perciò un evento di credito che riguarda lo Stato non riguarda automaticamente anche la società (cosiddetto cross-default).



L'intenzione della Repubblica del Venezuela potrebbe essere di proteggere PDVSA e i flussi petroliferi per assicurare l'accesso a valuta straniera, i petrodollari. Tuttavia, i possessori di titoli governativi cercheranno di accedere rapidamente a questi flussi attraverso azioni legali basate sulla questione dell'?alter ego'. Inoltre, è improbabile che il FMI permetta il default sul debito sovrano della Repubblica del Venezuela senza coinvolgere PDVSA.

Vi attendete qualche ripercussione dalla crisi del Venezuela?

Il contagio tra i Paesi Emergenti è mitigato da diversi fattori. Innanzitutto, il fallimento del Venezuela è stato identificato anzitempo come possibile rischio dal mercato, tant'è che molti investitori ritenevano che il Venezuela avrebbe dovuto dichiarare il default molto tempo fa. Inoltre, i fondamentali dei Paesi Emergenti sono oggi più forti a livello generale e gli spread riflettono uno scenario macroeconomico positivo. Molti Paesi non sono sovra-indebitati e molte economie emergenti evidenziano surplus delle partite correnti.
Un'area di potenziale contagio è legata alle raffinerie americane.


Il Venezuela fornisce greggio a diverse raffinerie statunitensi, particolarmente nell'area del Golfo del Messico. Questi stabilimenti producono benzina e sono configurati per utilizzare la tipologia di greggio estratto in Venezuela. Un rallentamento dell'attività estrattiva venezuelana potrebbe impattare negativamente sulla produzione di benzina del mercato americano con possibili ripercussioni sull'inflazione e sulla crescita. Se questo è teoricamente possibile, allo stato attuale non sembra probabile.
In Russia, alcune società petrolifere sono investite in PDVSA (principalmente Rosneft, ma anche Gazpromneft e Bashneft). C'è anche un mancato pagamento documentato a favore di ONGC, la società pubblica petrolifera dell'India. Se il Venezuela onorerà o ristrutturerà il suo debito, l'effetto sarebbe irrilevante data la dimensione relativa dell'esposizione per queste società. In uno scenario improbabile di blocco delle esportazioni di petrolio dal Venezuela, le major americane e le società di servizi petroliferi avranno un impatto negativo ma limitato.

Questa crisi potrebbe far emergere delle opportunità?

Le tempistiche e il tenore delle proposte del governo potrebbero avere un impatto concreto sulle discussioni in corso.


PDVSA, che rappresenta la principale fonte di introiti da esportazioni in valuta forte, potrebbe permettere di avere una esposizione vantaggiosa ai rendimenti venezuelani se dovesse esserci qualche evento significativo.
Considerati il generale contesto di incertezza, la complessità della struttura di capitale della Repubblica del Venezuela e di PDVSA, e la mancanza di chiarezza sul reale ammontare delle passività, riteniamo che sia troppo presto per fare una accurata valutazione del potenziale valore di recupero dei crediti.
Un discorso a parte riguarda le opportunità di investimento alternative. Se lo spread sui titoli venezuelani dovesse continuare ad allargarsi, potrebbe richiamare investitori che attualmente favoriscono altri emittenti ad elevato rischio. Questo porterebbe ad un cambiamento della struttura dei rendimenti delle economie emergenti.
In generale, ci manteniamo molto cauti sul Venezuela, poiché non vediamo la possibilità che venga individuata rapidamente una soluzione al processo di ristrutturazione. Continuiamo a cercare opportunità tattiche, selezionandole quando si presentano e considerando il controllo del rischio come una priorità per i nostri investitori.



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