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27/09/2017

economia

Tra crescita mondiale più robusta e il dilemma dell'euro

Ithurbide (Amundi AM): se l'euro si stabilizzerà la BCE potrebbe annunciare una riduzione del QE a partire dal gennaio 2018, se salisse troppo rimanderà il tapering

I dati e gli indicatori congiunturali continuano a evidenziare un proseguimento dell'espansione mondiale alimentata, nella maggior parte dei Paesi, dalla domanda interna. La ripresa dell'economia nell'Eurozona si è rafforzata nel Q2 e sta diventando generalizzata, come confermato dai dati recenti sul PIL.
Gli indicatori della fiducia delle imprese stanno raggiungendo nuovi massimi ciclici non solo in Germania, ma anche in Italia e in Francia, e gli indicatori sulla fiducia dei consumatori sono anch'essi in rialzo. Inoltre, la spesa per gli investimenti è in aumento e giungono notizie positive anche sul fronte del lavoro, con un costante calo del tasso di disoccupazione e un lieve aumento del tasso di partecipazione.
Ciò fa sperare in un probabile miglioramento della crescita potenziale e in una revisione al rialzo della stima di consenso e delle previsioni della BCE. Attendiamo ancora una stabilizzazione della crescita del PIL USA attorno al 2% e un progressivo avvicinamento del PIL dell'Eurozona al 2%.
Siamo ancora convinti che l'economia britannica sia a rischio, mentre quella dei Mercati emergenti ci appare solida, soprattutto nel caso dei Paesi asiatici.

La Russia e il Brasile dovrebbero uscire gradualmente dalla recessione. La situazione sta migliorando anche in Giappone, con una crescita del PIL superiore all'1,5% e ben più forte della crescita potenziale (attorno allo 0,5%).
Di conseguenza, grazie anche alla risincronizzazione del ciclo globale, il commercio mondiale si è rafforzato: tasso annuo del 6,5% nel primo semestre, ovvero +5,1% su base annua, un livello che non si vedeva dal 2011. Tuttavia, ci aspettiamo un rallentamento nei prossimi mesi, con una stabilizzazione del rapporto tra commercio mondiale e PIL mondiale.
Da inizio anno, l'inflazione sottostante è scesa negli Stati Uniti a causa di fattori temporanei; dato il livello d'inflazione così basso, è evidente la presenza di fattori strutturali dal lato dell'offerta. Prevediamo che l'inflazione sottostante riprenderà a salire, ma rimarrà comunque moderata.

L'euro, ai livelli attuali, non rappresenta una minaccia per la ripresa dell'eurozona

La moneta unica, ai livelli attuali, non mette a repentaglio la ripresa dell'Eurozona (da gennaio +14% sul dollaro USA e da maggio +6% in termini ponderati per l'interscambio).

Fin quando l'apprezzamento dell'Euro rimarrà graduale e sarà guidato dai fondamentali, avrà un impatto trascurabile sulle nostre previsioni macroeconomiche. Infatti, esso supporta il nostro scenario macroeconomico.
I modelli della BCE indicano che un apprezzamento persistente dell'euro ha un impatto limitato sulla crescita del PIL, ma significativo e negativo sull'inflazione sottostante. Si noti che alcuni dei timori relativi agli attuali trend valutari e a un eccesso di rischio sono stati discussi a luglio durante la riunione del comitato di politica monetaria della BCE perché rappresentano una misura implicita di inasprimento monetario e potrebbero modificare l'outlook sull'inflazione (la BCE potrebbe essere costretta a rivedere al ribasso le sue stime).
Tra settembre e ottobre la dinamica dell'euro avrà di certo una posizione di primo piano nel dibattito sulla politica monetaria della BCE. Se la moneta unica si stabilizzerà o continuerà ad apprezzarsi gradualmente come previsto nel nostro scenario di base, la BCE potrebbe annunciare, forse a ottobre, una riduzione del programma di QE dal gennaio 2018.


Se invece dovesse invece continuare ad apprezzarsi rapidamente in termini ponderati per l'interscambio, la BCE potrebbe assumere una posizione più accomodante e rimandare il tapering.

La crescita USA è a rischio?

L'euro è solido perché l'economia europea sta andando meglio e i rischi politici, intensi all'inizio dell'anno, sono gradualmente scomparsi. Questi stessi rischi hanno invece investito l'economia USA, con due temi che stanno ora attirando l'attenzione di media e investitori: l'impatto dell'uragano Harvey e i rischi di uno shutdown del governo.
L'impatto dell'uragano in Texas dovrebbe essere temporaneo, così come quello di Irma in Florida, e sparire ben presto dai dati sulla crescita del PIL come già avvenuto nel caso dell'uragano Sandy.
Riguardo invece al potenziale shutdown del governo, siamo dell'idea che un tale scenario, secondo cui il governo finirebbe col trovarsi senza soldi perché il Congresso si rifiuterà di votare il piano di spesa, è molto improbabile ad un anno dalle elezioni di mid-term. Le nostre stime sul PIL USA restano invariate nonostante questi due rischi.




Philippe Ithurbide, Global Head of Research, Strategy and Analysis Amundi AM


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