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Editoriale
L'Italia cresce, ma troppo poco
Se si ci si sofferma ai dati ISTAT, l'Italia starebbe sperimentando una buona fase di crescita. Magari inattesa, ma con parecchi indicatori che mostrano come il nostro Paese si stia effettivamente muovendo.
Pil trimestrale al +1,5%, inflazione all'1,1%, fiducia dei consumatori a 110,8, produzione industriale +5,3%, disoccupazione all'11,1%, sono gli ultimi dati disponibili, che sarebbero anche lusinghieri se non fosse il fatto che sono comunque peggiori di quelli dei nostri partner europei. E i dati dell'Eurostat vedono impietosamente l'Italia in fondo alle classifiche.
Cresciamo, certamente, ma gli altri crescono di più, e anche di parecchio.
E questo ci renderà estremamente vulnerabili nel momento in cui finirà il QE di Draghi: difficile che i nostri titoli di stato mantengano gli stessi tassi, anche poiché secondo Weidmann non può esistere uno spread così basso tra il BTP e il Bund, a causa del nostro debito pubblico. Eppure del QE non ne ha beneficiato solo l'Italia: anche una ricerca della Bundesbank di fine luglio ha messo nero su bianco che le politiche di Draghi hanno fatto risparmiare alla Germania 240 miliardi di tassi di interessi.
Ritornando alla nostra crescita, è chiaro che non basta un numero positivo per rendere migliore una rilevazione statistica che poi non trova molti riscontri nella realtà. Questa ci dice che dopo la cura Monti e governi successivi, i consumi languono, la disoccupazione non cala, la tassazione è ai massimi livelli e molte - troppe - aziende sono in crisi. E l'Europa ci ripete ciclicamente di spostare la tassazione sui consumi e su patrimoni (leggasi case), che andrebbe ulteriormente ad abbassare il Pil. Vogliono proprio che arrivi la troika...
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