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Editoriale
Fallite le politiche sul lavoro
Gli ultimi dati diffusi dall'Istat hanno messo a nudo il totale fallimento del governo sul fronte del lavoro. In 12 mesi si è passati da un tasso di disoccupazione dell'11,6% all'11,3% (eurozona al 9,3%). In mezzo ci sono state varie e decantate iniziative, l'abolizione dei voucher e altri annunci roboanti di risultati ottenuti. I freddi numeri raccontano un'altra storia. Sempre secondo l'Istat, a maggio 2017 risultano occupati circa 23 milioni di italiani, disoccupati poco meno di 3 milioni, e (questo sì che è preoccupante) circa 13 milioni e mezzo sono gli inattivi tra i 15 e i 64 anni. Quest'ultima cifra rappresenta oltre il 60% degli occupati ed è francamente assurda. Si tratta di soggetti che nemmeno lo cercano un lavoro, magari perché scoraggiati dai troppi no dopo un licenziamento, oppure perché non sufficientemente qualificati. Magari troppo vecchi per sperare in un'assunzione. Così come è altrettanto inaccettabile un tasso di disoccupazione giovanile al 37%, che fa da anticamera al fenomeno dei "cervelli in fuga". Gli inoccupati e i giovani sono solamente due degli aspetti della assenza totale di politiche a favore dell'occupazione. Ormai non passa giorno in cui non ci siano aziende che annunciano esuberi, che mettono in mobilità, che licenziano, che tagliano gli stipendi. O imprese che chiudono, delocalizzano, strozzate dalla pressione fiscale e da una concorrenza non più sopportabile, da crediti inesigibili, da ritardi nei pagamenti pubblici e una burocrazia opprimente. Ma il governo e il parlamento sono impegnati nella battaglia di civiltà dello "ius soli", tema certamente non procrastinabile e fondamentale per le sorti della nostra economia e del bilancio delle famiglie. Tra poco arriveranno le vacanze, perché pensare al lavoro?
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