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28/06/2017

fare

La strategia di dire No

Bombini (Qlik): per ogni azienda i non-obiettivi richiedono sforzi di ricerca, lavoro e negoziazione. Ma una volta che si sarà creata una mappa chiara di dove non andare, il viaggio diventerà molto più semplice

In tutto il Paese, nelle grandi come nelle piccole aziende, nella pubblica amministrazione come nelle imprese private, la pianificazione strategica tiene i dirigenti svegli la notte. Passiamo ore in riunione fissando gli obiettivi e valutando budget e risorse e poi, finalmente, presentiamo la strategia completa con ottimismo e fiducia. Quello che succede dopo però, è che, troppo spesso, non rispettiamo il piano!

Comodamente alla deriva

Naturalmente nessuno getta via l'intera proposta. Ci ancoriamo alla nostra lista di azioni da compiere e ai nostri obiettivi. È il mutare degli eventi e lo svilupparsi di nuove circostanze ad allontanarci dalle linee di condotta inizialmente stabilite. Il risultato, è che ci concentriamo spesso su azioni che ci distolgono dall'obiettivo, anche se al momento possono sembrarci corrette. Le opportunità che ci tentano potrebbero non adattarsi perfettamente al piano, ma sembrano così semplici o redditizie che le seguiamo comunque. Perché? Perché ci è sfuggito una parte cruciale della nostra strategia: accanto ai nostri obiettivi a lungo termine, abbiamo bisogno anche di un quadro chiaro di altre possibilità da cui dovremmo stare alla larga.



Il peggior migliore affare che abbia mai visto

Conosco una startup del settore software che è caduta malamente in questa trappola. Hanno sviluppato il prototipo di un eccellente prodotto basato su cloud che semplificava effettivamente alcune complesse funzioni di business. Avevano elaborato una buona strategia e ottenuto sufficienti finanziamenti per poter portare avanti il progetto.
Il problema che li ha alla fine sconfitti, non sembrava affatto un problema all'inizio. In effetti, al CEO era parsa un'ottima opportunità. Aveva previsto una partenza difficile per il loro progetto: ottenere un certo numero di piccoli contratti e aumentare poi gradualmente la loro base clienti. Tuttavia, in pochi mesi, un primo cliente - una grande compagnia assicurativa - era così impressionato dal software che ha firmato un contratto di valore molto ingente. Il CEO ne era molto contento. Adesso potevano sostenere la loro attività senza chiedere ulteriori finanziamenti, avendo un cliente garantito per i nuovi piani in programma.
Nel giro di pochi mesi, questo cliente ha rappresentato una percentuale significativa dei loro guadagni.

E, come fanno i buoni clienti, dava loro dei feedback, delle richieste di nuove funzionalità e delle proprie proposte. Nel primo anno la tabella di marcia originalmente prevista per il software era stata completamente revisionata. Gli sviluppatori avevano per lo più lavorato a correzioni e a nuove caratteristiche studiate appositamente per questo unico importante cliente.
Rivedendo i progetti iniziali, il CEO sapeva che si stavano allontanando dal percorso tracciato e di avere bisogno di ulteriori finanziamenti sia per sostenere nuovi sviluppi per il servizio cloud originalmente progettato, che per supportare al contempo il loro influente cliente. Ma come ha detto un potenziale sostenitore: "Noi investiamo in fornitori di software, non in fornitori di servizi".
La risposta? Hanno trovato un altro grosso cliente e quindi la loro storia è potuta proseguire. Mentre altre startup sono cresciute rapidamente sul cloud e hanno trovato soluzioni attraenti, i nostri amici non avevano IPO in vista e i migliori membri del loro staff se ne sono andati cogliendo offerte più interessanti. Si sono quindi posizionati nel ruolo di fornitore per un ristretto numero di grandi aziende.


Mi aspetto che saranno presto acquisiti a buon mercato da uno di questi grandi clienti, diventando così solo un'ulteriore tassello del comparto IT aziendale.

Il cuore della strategia

Cosa è andato storto? Semplicemente questo: hanno perso di vista l'unico elemento che ritengo sia essenziale per un piano strategico. Non sapevano quando dire di No.
La maggior parte dei piani strategici sono costruiti intorno a ciò che abbiamo intenzione di fare. Ma abbiamo anche bisogno di definire chiaramente che cosa non andremo a fare. Se la strategia prevede di attrarre centinaia di clienti attraverso un servizio in abbonamento a costo moderato, deve essere chiaro che non si firmerà con un unico importante cliente, perché questo ti porterà fuori strada. Se il successo sta invece nel vendere a grandi imprese, non bisogna lasciarsi distrarre dalla possibilità di vittorie facili nel mercato delle medie aziende.
In ogni piano su cui lavoro, da quello relativo a una singola caratteristica fino a una strategia aziendale pluriennale, insisto nel porre un semplice paragrafo che descriva i "non-obiettivi".


Come ogni altro elemento della proposta strategica, i non-obiettivi richiedono sforzi di ricerca, lavoro e negoziazione. Ma una volta che si sarà creata una mappa chiara di dove non andare, il viaggio diventerà molto più semplice.

L'obiettivo dei non-obiettivi

Quando sai come dire No, è meno probabile imbattersi in offerte pericolosamente attraenti che nascondono spesso problemi imprevisti. Con una buona lista di non obiettivi è anche più facile valutare la propria strategia iniziale, perché la si potrà seguire più chiaramente e con maggior responsabilità.
Naturalmente, in ogni progetto qualcosa andrà storto. I non-obiettivi non solo conferiscono maggiore responsabilità, ma permettono anche di affrontare gli sbagli e gli errori strategici con maggiore autorità e integrità. Al contrario, quando ci si allontana dalla strategia originale, dal motivo per cui lo stai facendo, i passi falsi e le relative conseguenze tendono a confondersi molto di più.
Insomma, impara a dire No quando stai elaborando i tuoi piani strategici. E assicurati di tenerlo ben chiaro a mente ogni volta che sviluppi una policy.




Rosagrazia Bombini, Vice President & Managing Director per l'Italia di Qlik
 


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