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24/05/2017

economia

Il dollaro nei primi 100 giorni di Trump: ha cambiato idea?

Wade (Schroders): non c'è stata l'ondata di protezionismo che avrebbe potuto condurre a una guerra commerciale e danneggiare l'outlook globale. Sembra però che il Presidente abbia abbandonato la politica della valuta forte

Il Presidente Trump ha abbandonato la tradizionale politica presidenziale del dollaro forte, facendo leva sugli effetti indesiderati derivanti dalla forza della valuta. Il dollaro è forte e riteniamo che stia pesando sull'attività economica statunitense. Il Presidente sembra aver ragione, ma il biglietto verde si indebolirà davvero, specialmente in una fase di inasprimento della politica monetaria della Federal Reserve?
Per certi versi, questo cambio di direzione non dovrebbe sorprendere, visto l'istinto protezionista del Presidente. Trump ha costantemente affermato che le società americane sono state svantaggiate dagli accordi commerciali del passato e, chiaramente, il tasso di cambio è una determinante chiave della capacità di fare business. Tuttavia, i margini di influenza del Presidente sul dollaro sono limitati. L'outlook della moneta sarà determinato da un ampio spettro di fattori. Ci sono argomentazioni favorevoli a un'inversione della forza del dollaro e l'intervento di Trump potrebbe dimostrarsi puntuale.
Non ci sono dubbi sulla forza del biglietto verde, che si è apprezzato di quasi il 23% da luglio 2014.

Ciò mette le aziende statunitensi sotto pressione, quando competono sui mercati internazionali. Ciò detto, sembra che la divisa non rappresenti un freno per gli Stati Uniti. Il deficit delle partite correnti resta intorno all'1,5% del Pil ed è rimasto relativamente stabile dal 2014. Da una prospettiva ciclica, la stabilità del deficit rappresenta una buona performance, visto che la disoccupazione è scesa e l'economia si è ripresa e che questa combinazione, di norma, è associata con un deterioramento della bilancia commerciale, con le importazioni che crescono più rapidamente delle esportazioni.
Tuttavia, il quadro cambia se guardiamo al contributo del commercio alla crescita reale dell'economia. Esaminando la differenza tra export e import reali, vediamo che le esportazioni nette sono rimaste stabili fino circa al 2014, quando hanno iniziato a deteriorarsi e a pesare sull'economia. Di conseguenza, a partire dal rapido apprezzamento del dollaro, il settore del commercio ha penalizzato la crescita. Il rafforzamento della valuta inizialmente ha supportato la bilancia commerciale, in quanto le importazioni sono diventate più convenienti e le esportazioni più care, mentre i volumi sono variati di poco.

Man mano che i consumatori hanno alterato la spesa, però, i volumi si sono aggiustati e le esportazioni si sono stabilizzate, mentre le importazioni sono salite drasticamente. La continuazione di questo trend causerà un deterioramento della bilancia commerciale.

Outlook del dollaro

Il dollaro è stato sostenuto dall'inasprimento della politica monetaria statunitense, in una fase in cui le altre Banche Centrali stanno mantenendo un atteggiamento accomodante, quindi sembra che gli ulteriori rialzi dei tassi della Fed possano supportare la moneta e fornire la base per ulteriori apprezzamenti, andando contro i desideri di Trump di una valuta più debole. In realtà, la relazione tra tassi di cambio e tassi di interesse non è lineare. Le valute tendono a muoversi in anticipo rispetto ai tassi, in quanto gli investitori rivedono le loro aspettative in termini di rendimenti. Anche nei precedenti cicli di inasprimento della Fed, il dollaro in media si è leggermente indebolito o è rimasto laterale dopo che il Fomc ha iniziato ad alzare i tassi. Lo stesso sembra avvenire oggi.

Alcune implicazioni

Porre fine al rafforzamento del dollaro rimuoverebbe un fattore deflazionistico per l'economia USA.


I prezzi delle importazioni salirebbero più rapidamente, facendo accelerare l'inflazione. La Fed lo considererebbe come un allentamento delle condizioni monetarie e dovrebbe tenerne conto nelle valutazioni sulla politica monetaria. Dall'altro lato, le condizioni monetarie altrove sarebbero più stringenti. Per la BCE e la BoJ, ancora preoccupate per il pericolo deflazione, un movimento significativo del dollaro potrebbe risultare problematico. Per i Mercati Emergenti, invece, la fine dell'apprezzamento del dollaro sarebbe un sollievo, per via dei prestiti in dollari. Il periodo di rafforzamento del biglietto verde è coinciso con la sottoperformance dei mercati azionari emergenti rispetto al resto del mondo. Negli ultimi mesi, questa performance si è stabilizzata e potrebbe invertire la rotta se il dollaro si indebolisse.

I primi 100 giorni di Trump

Il rally di Trump sarà davvero finito? L'impennata di mercati azionari, dollaro e rendimenti dei bond USA che ha accolto l'arrivo di Trump alla Casa Bianca ha iniziato a mostrare segnali di cedimento, nel corso dei primi 100 giorni di presidenza.



Sul fronte valutario, il Presidente non ha etichettato la Cina come un manipolatore di valuta e anzi ha fatto completamente marcia indietro su questa minaccia. Più in generale, non c'è stata l'ondata di protezionismo che avrebbe potuto condurre a una guerra commerciale e danneggiare l'outlook globale. Le aree dipendenti dal commercio, come gli Emergenti, ne hanno tratto sollievo.
Il Presidente ha però rotto la tradizione nei confronti del dollaro, lamentandosi della sua forza. Sembra aver abbandonato la politica del dollaro forte e questo potrebbe avere conseguenze significative nei prossimi 100 giorni.

Keith Wade, Chief Economist & Strategist, Schroders


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