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Editoriale
Le statistiche fantasiose
Il bimestre novembre-dicembre aveva visto l'Istat fornirci dati strabilianti su due indicatori fondamentali: la produzione industriale e l'inflazione. Nel primo caso si č verificata una doppietta +0,7% e +1,4% su mese, e addirittura +3,3% e +6,8% su anno, con un'impennata negli ultimi mesi dell'anno che sembrava lanciare l'Italia sulle strade di una importante ripresa, roba da gridare al miracolo.
Analoga performance per i prezzi al consumo, che nello stesso periodo hanno avuto risultati eclatanti, crescendo tendenzialmente di mezzo punto al mese tra novembre e gennaio (+1,5%). C'č da dire che comunque il 2016 si č chiuso lo stesso in deflazione.
Il problema per il governo č che prima o poi queste statistiche all'ingrosso (va ricordato che sono pur sempre stime) presentano il conto.
E se si guarda l'andamento degli ordinativi dell'industria negli ultimi mesi, oppure i consumi di energia, ben si comprende il crollo della produzione (-2.3% su mese e -0,5% su anno) rilevato a gennaio. Peraltro in un mese in cui la Germania ha fatto registrare un +3,3%, e persino la Grecia un +2,5%.
Quanto all'inflazione, se non ci fossero stati un aumento del petrolio e dei servizi (previsti), l'inflazione core sarebbe ancora in territorio negativo.
Sembrerā un caso, ma visti i momenti di rilevazione dei dati, quelli strabilianti di fine 2016 sembravano calzare a pennello per una vittoria dei SI al referendum e per blandire la UE. Strano, no?
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