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08/03/2017

economia

Mercati emergenti: possono ancora sovraperformare

Dover (Franklin Templeton): numerosi investitori alla ricerca di valore probabilmente effettueranno maggiori allocazioni nei ME nel 2017

Ritengo che la definizione mercati emergenti (ME) sia appropriata in quanto tali mercati stanno in effetti emergendo e nel tempo sono cambiati. Sulla scia di tali cambiamenti, credo che dovrebbe evolversi anche il modo in cui gli investitori vedono i mercati emergenti ed investono in tale classe di asset. Un esempio dell'evoluzione cui abbiamo assistito è la capitalizzazione di mercato. Nel 1988, quando è stato lanciato l'Indice MSCI Emerging Markets, soltanto due dei 10 paesi costituenti (Malesia e Brasile) rappresentavano oltre la metà della capitalizzazione di mercato dell'indice.
A quel tempo, l'intera capitalizzazione dell'indice si aggirava intorno a 35 miliardi di dollari statunitensi, equivalenti a meno dell'1% della capitalizzazione dei mercati azionari di tutto il mondo.
L'indice è via via cresciuto sino a comprendere 23 Paesi nel 2016, con una capitalizzazione di mercato di 4 trilioni di dollari statunitensi, corrispondente a circa il 10% della capitalizzazione di mercato mondiale. L'insieme dei Paesi nell'indice si è anch'esso evoluto nel tempo.

In termini di ponderazione geografica, l'India rappresenta l'8% dell'Indice MSCI Emerging Markets, mentre la Cina (che nel 1998 non era affatto rappresentata) costituisce oggi quasi il 27% dell'indice. Al contempo, l'attuale rappresentazione del Brasile è al momento decisamente inferiore, essendo pari soltanto all'8%.

ME: una percentuale maggiore dei mercati mondiali

Sebbene i mercati emergenti rappresentino attualmente almeno il 10% della capitalizzazione dei mercati azionari mondiali (in base agli indici MSCI), in varie discussioni con gli investitori abbiamo scoperto che la percentuale di portafoglio che la maggior parte di essi investe nei mercati emergenti è minore. Vale inoltre la pena notare che il 10% rappresenta i tradizionali indici MSC. Altre misure di capitalizzazione dei mercati emergenti dimostrano che i mercati emergenti in senso più ampio costituiscono una percentuale ancora più elevata. Abbiamo inoltre riscontrato che sebbene il mondo sia diventato più globalizzato, molti investitori evidenziano ancora una "propensione per il Paese natale", investendo unicamente entro i propri confini, anche se i mercati di altri Paesi appaiono più promettenti.


Nell'universo dei mercati emergenti, rileviamo spazi di crescita ed una grande potenziale opportunità di diversificazione che molti investitori non prendono neanche in considerazione. Osserviamo numerose opportunità anche entro i paesi dei mercati di frontiera, molti dei quali non sono nemmeno inseriti negli indici globali. Questi mercati rappresentano un sottogruppo più ristretto di mercati emergenti ancora meno sviluppati e comprendente la maggior parte dei paesi nel continente africano. Esaminando queste misure, possiamo notare quanto siano importanti i mercati emergenti per l'economia globale. I mercati emergenti rappresentano oggi quasi il 50% del prodotto interno lordo (PIL) mondiale misurato in termini nominali (intorno al 60% in base alla parità di potere d'acquisto) e quasi l'80% della crescita del PIL globale.

Economie in evoluzione

I mercati emergenti hanno registrato cambiamenti strutturali. Negli ultimi tre decenni, hanno conseguito la loro crescita fenomenale sostanzialmente grazie alle esportazioni e molti li hanno associati alle materie prime. Sebbene molti mercati emergenti dipendano ancora dalle esportazioni, queste economie stanno radicalmente cambiando.


Soltanto nel 2008, le materie prime ed i titoli dei materiali costituivano il 50% dei componenti dell'Indice MSCI Emerging Markets. Oggi, tale categoria costituisce circa il 15% dei titoli dell'indice.
L'elemento per noi veramente entusiasmante di questo mutamento è che crea un numero decisamente maggiore di opportunità d'investimento concentrate sui consumi e sui servizi.
Numerosi investitori probabilmente non si rendono conto del fatto che alcune società informatiche estremamente sofisticate hanno sede nei mercati emergenti. Nel 2008, le società informatiche (IT) rappresentavano circa il 7% dell'Indice MSCI Emerging Markets, mentre oggi il settore costituisce il 24% dell'indice ed i maggiori quattro componenti dell'indice in termini di ponderazione sono in effetti società IT. La ponderazione dei titoli orientati ai consumatori/consumo, nel 2008 pari al 7% dell'indice, rappresenta oggi il 17%. Di conseguenza, in realtà non è esatto sostenere ancora che i mercati emergenti siano operatori puri nel settore delle materie prime, anche se molti continuano a considerarli dipendenti dai capricci dei prezzi di queste.
La debolezza osservata nelle valute di molti mercati emergenti è un fattore che a nostro giudizio rafforza a sua volta la nostra tesi d'investimento.


Il dollaro statunitense è ai massimi degli ultimi 15 anni ed alcuni si aspettano che possa rafforzarsi ulteriormente, in quanto si prevede che la Federal Reserve continui ad aumentare i tassi d'interesse a mano a mano che sale l'inflazione.
A nostro giudizio, le valute dei mercati emergenti sono state piuttosto deboli, in alcuni casi in modo ingiustificabile. Riteniamo che questo sia un fattore favorevole.
Messico, Argentina, Colombia, Indonesia e Malesia sono tutti esempi di Paesi con valute scambiate a livelli che potrebbero essere considerati di difficoltà, valutate come se le economie in questione fossero in forte crisi. I fondamentali indicano una situazione diversa.
Siamo del parere che i fondamentali di questi Paesi appaiano decisamente migliori di quanto rispecchiato dai livelli delle loro valute. A nostro giudizio, l'inflazione sembra inoltre destinata a calare in molti Paesi dei mercati emergenti, tra i quali Brasile, Russia, Colombia e Nigeria e tali cali consentirebbero alle rispettive banche centrali di perseguire politiche monetarie accomodanti, il che potrebbe stimolare i mercati azionari locali.

Altri motivi di ottimismo

Nonostante alcune incertezze, rileviamo opportunità nei mercati emergenti nel 2017 e riteniamo ottimisticamente che numerosi investitori alla ricerca di valore effettueranno maggiori allocazioni a tali mercati.


La crescita del PIL è destinata a superare quella dei mercati sviluppati; per quest'anno, il Fondo Monetario Internazionale prevede infatti una crescita del 4,5% delle economie emergenti e sviluppate rispetto all'1,9% dei mercati sviluppati.
Osserviamo segnali indicanti che anche la crescita degli utili nei mercati emergenti potrebbe verosimilmente superare quella dei mercati sviluppati. In termini di crescita degli utili, i mercati emergenti sono rimasti arretrati, ma nel 2016 hanno sovraperformato i mercati sviluppati per la prima volta da oltre cinque anni. Riteniamo che vi siano ancora spazi di ulteriore recupero per i mercati emergenti.

Stephen H. Dover, CFA Managing Director Chief Investment Officer Templeton Emerging Markets Group e Franklin Local Asset Management
 


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