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16/11/2016

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di Montigny (Mediolanum): l'amore e' l'atto economico per eccellenza

I nuovi eroi protagonisti nel grosso cambio di epoca e nell'economia 0.0. Occorre rimettere l'uomo al centro di tutto

Si parla molto di economia 0.0 e anche al recente World Business Forum si è entrati nel tema. Significa sostanzialmente fare del bene e farlo bene: "fare della nostra vita un prodotto e fare di questo prodotto qualcosa di significativo per l'insieme". E' una nuova idea: un'economia sostenibile che esprime la capacità di esistere insieme, nella relazione col tutto e non soltanto come parte a sé stante. E' un'economia basata sul capitale creativo culturale, capace di riconoscere nell'Amore l'atto economico per eccellenza. Ne abbiamo parlato con Oscar di Montigny, Chief Marketing Communication and Innovation Officer di Banca Mediolanum.

L'economia 0.0. Come si può applicare oggi nelle aziende italiane?

Bella domanda. Non ho una risposta concreta da dare poiché l'idea è molto giovane e soprattutto ho appena iniziato a sperimentare queste idee in altri settori che non sono il mio unico di riferimento, che è l'economia e la finanza. Sono quindi in fase di sperimentazione con amici e colleghi che si sono adoperati, a titolo volontario, di divenire parte attiva alla divulgazione di queste idee.

Si sta lavorando con la moda, il real estate, la nautica, l'agricoltura e con l'arte. Naturalmente l'economia 0.0 non è una teoria. A me interessa lavorare con un agricoltore, un imprenditore dell'edilizia o della moda, persone che abbiano piacere di riportare al centro della loro industry il valore dell'uomo. Non posso certo insegnare a qualcuno che fa moda da 30 anni come farlo. Ciò che posso condividere con lui è l'utilità e il piacere di rimettere l'uomo al centro di tutto. Da un sano confronto con questi interlocutori sono convinto che arriveranno presto stravolgimenti molto rilevanti in tante industry in questo Paese. E da lì nel mondo. Può suonare molto ambizioso e arrogante, ma nel dire che l'uomo vada rimesso al centro non mi sento un visionario né tantomeno qualcuno di pericoloso. Mi sento di essere nel giusto tempo. Tra qualche mese potrò quasi certamente avere una risposta per un paio di industry.

Il giusto tempo per il giusto profitto?

Il giusto tempo sì, poiché se si fa il giusto profitto nel tempo sbagliato, non è un giusto profitto. Se credi di essere nel giusto tempo e non fai il giusto profitto probabilmente non sei nel giusto tempo.

In un'ottica in cui tutto ciò che semini raccogli - e mi rendo conto che sembra che reciti a memoria aforismi presi da Facebook, ma dobbiamo renderci conto che nella saggezza popolare ci sta la semplicità delle cose - questo accadrà. Il tempo è maturo. Sto semplicemente domandandomi in quanti potenziali nuovi eroi ci si possa dedicare tutti insieme a produrre una rivoluzione molto importante dal basso. Il fatto che molte persone si stiano avvicinando all'economia 0.0 mi lascia molto confidente che non siamo lontani dalla meta. Dove per meta intendo la messa in opera di alcune cose, non l'ultima azione. L'ultima azione non arriverà mai, perché probabilmente saremo persone alla ricerca di un ulteriore passaggio all'interno. Ripeto: l'economia 0.0 non è andare piano, bensì andare dentro. E' molto diverso.

Perchè abbracciare l'economia 0.0?

L'idea dell'economia 0.0 e dell'amore come l'atto economico per eccellenza sono idee di natura aspirazionale. Io non credo di essere un buon esempio di ciò che scrivo e di ciò che dico.


Non sono il modello compiuto di ciò che racconto, però sono una persona che ci prova. E' come per l'eccellenza: è un modello aspirazionale. Se poi si raggiunge, si rilancia immediatamente. L'idea di una economia che rimetta al centro il valore e l'uomo, pur mantenendo la velocità dell'innovazione e della tecnologia esponenziale della nostra epoca, è un qualcosa di senza fine. Chi è che conosce perfettamente sé stesso definitivamente? Però, mi piace immaginare un essere umano molto impegnato fuori a fare cose e al contempo, con una attenzione bifocale, altrettanto impegnato verso sé stesso a fare cose. Se siamo solo fuori il rischio è quello del disorientamento, della tecnocrazia, che ci sfugga di mano come la robotica. Nel mio lavoro cerco di essere coerente con quello che scrivo e quello che dico. E anche essere coerente è già una piccola sfida. Se la mia azienda non mi consentisse tutto questo, certamente la abbandonerei. Diciamo che una eccellente mediazione tra ciò che vorrei che il mondo fosse e ciò che oggi riesco a fare nel mondo.

Se dovesse dare un consiglio ai marketing manager italiani?

Credo che potremmo smettere di creare condizioni artificiose di bisogno per indurre il cliente all'acquisto.


Conseguentemente, iniziare ad essere pagati per essere riusciti a fare le cose per bene e non semplicemente per aver aumentato le vendite, ma avendo incrementato le vendite facendo le cose per bene. Ricordo che la comunicazione di cui ci occupiamo è l'arte più antica e nobile che l'uomo conosca, poiché è ciò che consente di entrare in comunione con altri. Noi siamo degli strateghi della comunicazione e non dei tattici. E credo che siamo la gran parte, visto che si parla di manager italiani, frutto civilmente e professionalmente di un Paese che è il più bello del mondo. Uno dei più antichi, per la propria civiltà, e che possiede circa il 70% del patrimonio culturale di questo pianeta. E' un valore di cui dobbiamo essere pregni in qualche modo. Poi non importa se si è nel marketing di un'azienda automobilistica o delle Belle Arti. Abbiamo un vantaggio competitivo che è l'idea del bello nei nostri geni, la bellezza oggettiva dell'arte classica o dell'arte rinascimentale. Sarebbe bello vedere dei direttori marketing che interpretano in chiave neo-rinascimentale il loro mandato.

Passando allo spirito VUCA, come ci è arrivato?

L'acronimo non è di mia invenzione.


Mi ci sono imbattuto nei miei studi e l'ho trovato una eccellente sintesi di ciò che sta accadendo. VUCA sta per Volatilità, Incertezza, Complessità e Ambiguità (declinati in inglese). E' quello che anche gli occhi meno attenti e sensibili vedono accadere intorno a noi. Quando dico che questo è un grosso cambio di epoca e non una grossa epoca di cambiamenti, sotto intendo che questo è un momento storico in cui stanno venendo a mancare tutti i riferimenti sociali su cui la nostra società si è retta per secoli. Questi non stanno venendo sostituiti da altri come è successo in epoche di cambiamenti. Nei cambi di epoca cambiano del tutto i riferimenti, cioè crollano. Se si fermassero 100 persone chiedendo loro se credono o meno in un governo, probabilmente fino a qualche anno fa la gente avrebbe risposto "si, ma non in questo", oppure "si ma non in questa persona o colore". Oggi la gente ha perso fiducia nella istituzione. Ieri almeno si poteva "incolpare" qualcuno. Oggi ha perso efficacia la fiducia nell'istituzione governativa. Sta accadendo la stessa cosa alle religioni, che si stanno radicalizzando.


La famiglia non è più il nucleo della società. La scuola ha perso il ruolo di orientamento alla vita. Lo sport non è più un riferimento. Stanno quindi cambiando tutti i paradigmi. Anche il concetto di realtà non è più un riferimento: è la prima volta nella nostra specie che c'è la realtà virtuale e aumentata. Lo stesso concetto di vita si è modificato: mai prima d'ora c'è stata una vita on e una vita off line. Per non parlare dell'introduzione degli emoticon nel linguaggio: in un tratto grafico oggi è universalmente riconosciuta una emozione. E' un salto quantico. E potrei fare altri infiniti esempi, a partire dalla generica. Quindi, se cadono tutti i riferimenti sociali si tratta di un cambio di epoca. Qualcuno lo subirà venendone schiacciato. Qualcun altro non se ne accorgerà neanche. Ma qualcuno ci vede una grande opportunità. Io voglio far parte di questi. E nella mia visione delle cose il concetto di opportunità si riferisce a me, all'altro e all'insieme che circonda entrambi.

L'amore è l'atto economico per eccellenza?

Il libro che ho scritto vorrebbe essere un piccolo contributo al mondo, se la cosa non suona troppo presuntuosa.


Io credo fortemente che ogni vita meriti un racconto. Ogni racconto merita un eroe. E quindi credendo nei nuovi eroi, che sono le persone normali e perbene, un domani sarà molto utile che quante più persone possibili raccontino le loro storie di semplicità, purché riescano a vedere nella loro semplicità proprio la ragione del loro successo. Ormai credo che il mondo cercherà storie semplici ma molto intense, non grandi epopee, grandi attraversate, avventure, battaglie. Cercherà una quotidianità vissuta perbene. Questa idea mi ha emozionato, ma non mi ritengo un abile romanziere e l'unica vita che conosco è la mia, ed ero consapevole che la mia vita è stata molto fortunata poiché per mia volontà o accidentalmente ho visitato luoghi importanti, ho incontrato molte persone che mi hanno raccontato tante storie eroiche, e quindi il racconto di me è un po' una scusa per raccontare gli altri. Io faccio solo da Virgilio in questo viaggio. Trovo comunque che ognuno di noi abbia delle cose da mettere a fattor comune con gli altri, quindi chissà, magari è anche un invito a tante persone a condividere di più si sé stessi col mondo.



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