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02/11/2016

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Fossati (RDS): al Salone del Franchising mostreremo come si puo' battere la crisi

La manifestazione di quest'anno avrà due anime: commerciale e di servizio. Compresi tutorial e consulenze personalizzate gratuite per chi si avvicina ad un settore in espansione  

Il franchising come scelta di impresa. E per questo deve essere informata e consapevole. Il panorama delle proposte di affiliazione della 31° edizione del Salone Franchising Milano dal 3 al 5 novembre, rappresenta un momento importante per coloro che intendono avvicinarsi a questo mondo, sia come investitori sia come operatori. Ne abbiamo parlato con Antonio Fossati, Presidente di RDS, che organizza con Fiera Milano la manifestazione.

RDS organizza la più importante fiera del Franchising in Italia. Qual è l'andamento del comparto?

I numeri sono molto chiari. Se guardiamo le statistiche del PIL, notiamo che negli ultimi 5 anni è sceso del 7,6%, mentre i dati sul franchising indicano una crescita del fatturato del 5,5%. Quasi 13 punti di delta, segno molto chiaro che si tratta di un modello di impresa utile in situazione complesse, come è il mercato oggi.

Ci può fornire qualche numero sul settore in Italia? (negozi, affiliazioni, fatturato ecc.)

Il fatturato si stima pari a 23 miliardi di euro, che è circa l'1,2% del PIL italiano, quindi questo dice molto del peso che ha questo settore.

Sul commercio al dettaglio si stima che il franchising sia intorno al 3-4%, che però è ancora la metà della media europea che è del 6-7%. Il che significa che su 100 negozi 6-7 sono in franchising mentre in Italia solo 3 o 4. C'è quindi uno spazio di crescita importante. Mai come rispetto agli Stati Uniti in cui gli ultimi dati ci dicono che il franchising pesa intorno al 30%, con il dovuto distinguo sul fatto che dentro questa definizione ci sono business, come le pompe di benzina o i concessionari d'auto, che in Europa non sono classificati nel perimetro del franchising.
Tornando all'Italia, sono circa mille le insegne (franchisor), 54mila i franchisee, cioè negozi o servizi che hanno aderito a una delle mille insegne. Interessante è anche il dato sugli occupati: in una situazione di difficoltà occupazionale oggi, si stima che il settore dia lavoro a 188mila persone, tra dipendenti del franchisor, franchisee, e dipendenti dei franchisee.

Quanto pesa il comparto B2B nel franchising?

Relativamente poco. Oltre il 90% è B2C: parliamo di fashion, food, servizi alla persona.

Il B2B sono soprattutto servizi per le imprese e servizi per l'edilizia, che valgono circa il 2,5-3,5%, con un cumulato intorno al 5%

Se dovessimo fare un borsino dei vari settori, quali sono quelli che vanno meglio e quelli che sentono (o hanno sentito) di più la crisi?

Le tre macrocategorie sono sempre quelle citate: fashion, food, servizi alla persona. Queste si sono mosse in modo differente negli ultimi anni. Prendiamo il fashion. Abbiamo dati interessanti da un matching online tra chi è interessato a cercare franchisor, che si candida o vuole più informazioni: abbiamo mediamente circa il 25% di soggetti che si rivolgono al comparto moda e abbigliamento. Nel primo semestre 2016 questa dichiarazione di interesse è cresciuta del 9%, quasi come se questa categoria sia tornata appetibile come possibilità di business. Non tutti coloro che sono interessati poi chiudono l'accordo: forse perché l'investimento è troppo alto, oppure perché la location necessaria è eccessivamente costosa. Ma il dato è comunque importante.
Il food è ancora più trainante, intrigante, dell'abbigliamento. Abbiamo un 28,3% degli interessati che cerca insegne di food.


Negli ultimi anni abbiamo visto fiorire street food, street food di nicchia, vegani, piccoli modelli di food nuovi. Da questo punto di vista l'Italia è cresciuta molto, e questo modello di food è cercato come una possibilità di mettersi in proprio.
A seguire troviamo i servizi per la persona, quindi per gli anziani, di lingua, di logistica per le persone ecc. E' un comparto che sta crescendo molto, e il 12,8% è la quota relativa ai servizi che noi vediamo. Il resto è a scendere: prodotti per la persona e accessori (12%), e servizi per le aziende.
Guardando all'andamento nell'ultimo anno stanno sicuramente tenendo fashion, food, servizi alla persona. Se dobbiamo guardare ai macrotrend possiamo vedere che ormai più un mercato di massa è una massa di piccoli mercati. Forse chi è andato meglio è chi ha saputo riconoscere dei bisogni di nicchia, e trovare un brand che soddisfacesse in un modo molto professionale e innovativo queste necessità.

Ci sono differenze con altri mercati europei?

Dieci anni fa c'era un divario notevole con alcuni Paesi, per esempio la Francia, dove il mercato era molto sviluppato e codificato, e l'Italia.


Oggi il nostro Paese è molto cresciuto, dal 2004 abbiamo una legge che sancisce cos'è il franchising e le regole del mercato, e quindi ci siamo avvicinati molto ai mercati europei principali.
In Italia c'è un fermento di nuove iniziative sempre molto forte rispetto ad altri mercati.

Quali saranno le principali novità del Salone 2016?

Quest'anno abbiamo dato una svolta molto importante creando un hub, in cui ci sono due anime. Un'anima commerciale, circa 200 brand saranno presenti al Salone e cercano affiliati. Parliamo dei settori più eterogenei: dall'edilizia acrobatica alle palestre per sole donne, dai fioristi ai ristoranti vegani o di nicchia. Qualcuno ci ha scritto sulla nostra pagina Facebook o su Twitter "andate al Salone perché è come fare una passeggiata su idee di impresa. Come pensare al futuro e mettersi in proprio". Il Salone ha quindi un'anima commerciale molto forte, ma di fianco abbiamo aggiunto e lavorato molto su un'anima di servizio. Il franchising è una scelta di impresa, è delicata, richiede investimenti, ha un suo rischio connesso, e quindi bisogna farlo in modo consapevole.


C'è sempre molta leggerezza nell'avvicinarsi al franchising. Il Salone ha creato una ventina di servizi, a disposizione gratuita dei visitatori, attraverso cui è possibile informarsi. Ne cito alcuni. Una Scuola di Franchising: ogni giorno ci sono una ventina di "pillole" su come diventare franchisee, come leggere i contratti, come fare un conto economico, come valutare gli investimenti ecc. Un altro è Franchising for You, che è un desk di consulenza, di counseling, ma soprattutto che cerca di rispondere alla domande "Sono adatto a fare l'imprenditore, se ho fatto una vita da dipendente?", "Reggo allo stess?", "Mi è chiaro cosa succede nella mia vita con questa scelta?", "Come trovo i soldi necessari?", "Come valuto se l'idea è utile nella mia location e per le mie competenze?". Si tratta quindi di consulenze personalizzate gratuite. Basta andare sul nostro sito, andare sul calendario e prenotare l'esperto che sarà a disposizione.
Interessante anche l'iniziativa Storie di Impresa. Abbiamo invitato alcuni franchisor e alcuni franchisee che l'hanno fatta raccontarci il come, quali sono state le loro ansie, i loro errori, le cose che farebbero in un modo diverso.


Io penso che questa sia un'ottima occasione al Salone per trovarsi faccia a faccia e chiedere.
Piuttosto che altri servizi, come la possibilità di Find Franchising, in cui si può preparare la visita al Salone. Si tratta di un sito con un motore di ricerca, se vogliamo un Google del franchising, in cui si può selezionare l'investimento a disposizione, il settore di interesse, l'area geografica in cui si vuole aprire un punto vendita, e il motore di ricerca propone una serie di brand che incontrano i bisogni espressi. Con questi nomi si può preparare la visita alla fiera.
Da questi pochi esempi si capisce che il Salone quest'anno ha come novità moltissimi contenuti di servizio, che crediamo siano fondamentali per far crescere il mondo del franchising.

Quali sono le aspettative dei franchisor per il Salone?

Vediamo negli anni perchè sono cambiate le aspettative. Innanzitutto il primo motivo è commerciale: il Salone è il luogo in cui mi propongo e cerco nuovi affiliati. Gli stand devono esser costruiti in modo molto chiaro per piegare subito cosa si offre e cosa si cerca nel candidato ideale.


Il secondo motivo è visibilità e immagine. E' comunque un salone che ha una forte presenza sui media, TV, radio. Essere al Salone per le aziende significa presentarsi al mondo del franchising.

Anche quest'anno ci sarà anche una nutrita componente internazionale. L'Italia è quindi un Paese interessante?

I dati parlano molto chiaro. Negli ultimi noi siamo stati un Paese di esportazione di brand. Sono cresciuti a due cifre, e in alcuni anni anche del 18-20%, alcuni marchi che sono andati all'estero cercando il master franchising in Europa e soprattutto in Asia. Da circa un anno assistiamo ad un interesse anche verso il sistema Paese Italia e per questo al Salone abbiamo una forte crescita di brand stranieri che si presentano come espositori, cercando di aprire punti vendita con affiliati sul nostro territorio. Lo scambio di internalizzazione si è molto animato in entrambi i sensi. Cito una importante novità di quest'anno: avremo una delegazione di investitori da Dubai, pianificata nel dettaglio con le istituzioni italiane, e una presenza cinese. Quel Paese è giù stato vicino al Salone negli anni passati, ma in questa edizione ci sarà un fondo di investimento di Hong Kong, con una società di retail cinese quotata in borsa, che propone delle piazze italiane in oltre 50 mall di primo livello in Cina, in cui accogliere brand di franchising del nostro Paese.


L'Italian Feeling in Cina funziona moltissimo: food, abbigliamento, accessori, pelletteria, sono merceologie molto ricercate. Al Salone sarà possibile incontrare questo fondo di investimento e la società di real estate proprietaria dei 50 mall.

L'identikit del Franchisee che verrà al Salone?

Abbiamo tre grossi gruppi di profili di visitatori. Il primo è composto da "chi si vuole mettere in proprio". E' un gruppo molto eterogeneo, con una fascia di età che va dai 25 ai 55 anni. Nella fascia 25-35 anni vi sono molti soggetti che non desiderano una vita lavorativa da dipendente o che capiscono di avere meno possibilità in tal senso rispetto ad anni fa, e quindi decidono di mettersi in proprio. E poi c'è la fascia 40-55 anni spesso vi sono ex manager che per diversi motivi hanno lasciato l'azienda in cui lavoravano, hanno competenze, una certa somma che vogliono investire rilanciandosi in una nuova vita da imprenditore.
Il secondo gruppo è composto da investitori, soggetti con un capitale, che anziché tenerlo in banca o acquistando obbligazioni a rendimento zero lo utilizzano per avviare una attività d'impresa, che poi fanno gestire da dei dipendenti.


Molti franchisor hanno progetti proprio rivolti ad investitori: è chiaro l'investimento iniziale e il potenziale ritorno dell'investimento stesso. Questo è un qualcosa che io vedo come molto interessante. Negli USA c'è proprio un filone specifico, in cui i miei 100mila euro posso decidere se investirli in azioni (alto rischio), obbligazioni (rischi più bassi ma rendimenti altrettanto bassi se non negativi), lasciarli liquidi (rendimenti negativi), oppure apro un'impresa. Posso farlo da solo (rischio alto), oppure affiliandomi. Io ho un track record dei franchisor che mi dice che i 100 affilati che hanno aperto hanno investito tot, e hanno avuto un rendimento medio su un investimento di un certo tipo. Ecco perché è in forte crescita questo gruppo di visitatori al Salone.
Il terzo gruppo è composto da negozianti. Si tratta di soggetti che non vogliono più avere una attività indipendente ma collegarsi ad un franchisor che gli semplifica la vita. Gli fa gli assortimenti, il marketing, li aiuta nelle vetrine, sul pricing, e nella parte online e digitale. Quindi mantengono la location, mantengono l'attività, ma in modo più moderno.  


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