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26/10/2016

leisure

La ricetta dell'eccellenza

Un "Viaggio-inchiesta tra le eccellenze della ricerca e del Made in Italy" attraverso incontri e interviste di Paolo Gila, che ha risposto alle nostre domande

Siamo soliti seguirlo in video, nei servizi televisivi sull'economia. Da quella che interessa i destini del mondo, alle notizie più nascoste dell'economia del nostro territorio. Paolo Gila, per una volta ha smesso i panni del giornalista televisivo per prendere in mano la penna e tratteggiare, nel suo libro "Ho visto più lontano. Viaggio-inchiesta tra le eccellenze della ricerca e del Made in Italy", edito da Guerini Editore (Milano, 2016), quella che possiamo ben definire l'equazione del successo italiano.
Attraverso interviste a prestigiosi scienziati, accademici, uomini di cultura e imprenditori italiani (da Edoardo Boncinelli a Piergiorgio Odifreddi, da Giovanni Bignami ad Alberto Mantovani, da Philippe Daverio a Giulio Giorello, da Mauro Moretti a Marco Fortis, solo per citarne alcuni), tutti protagonisti nei rispettivi settori di attività, Gila ci accompagna in un interessante percorso all'interno delle eccellenze del sapere del nostro Paese, con l'obiettivo di individuare le linee innovative e i trend più significativi che possano sostenere il nostro sviluppo economico, culturale, politico.


"Questo racconto evidenzia come un unico, inusuale filo rosso, ovvero un approccio multidisciplinare e non settoriale, connoti il successo delle imprese italiane. Dialogando con genetisti e matematici, filosofi della scienza ed economisti, imprenditori, astrofisici e critici d'arte, si viene delineando un quadro ricco e sfaccettato, reso unitario dal riconoscimento di metodi, obiettivi, visioni condivise su cui elaborare una strategia politico-economica a sostegno della crescita e della Ricerca. Insomma, la ricetta del nostro successo" spiega Gila, cui abbiamo fatto alcune domande.

Qual è la ricetta di fondo che si trae dallo studio che hai effettuato sulle eccellenze del Made in Italy?

L'Italia è la settima potenza economica a livello mondiale, ma - dicono l'Onu e l'Ocse - è la diciottesima per creazione di brevetti, la ventisettesima per gli investimenti in ricerca e la trentacinquesima per numero di ricercatori residenti. A ciò si aggiunga che dal 2008 ad oggi - per tutto il periodo della crisi seguita al tracollo di Lehman Brothers - la nostra produzione industriale è calata del 25%, anche il Pil è diminuito, di oltre il 10%.

Se questo è il quadro, come è possibile che il nostro Paese rimanga la settima potenza industriale al mondo? La futura traiettoria non è rosea, dal momento che il governo ha deciso di tagliare ancora gli investimenti alla ricerca e alla formazione universitaria. Ma la ricerca in Italia resiste, produce idee e innovazione: lo testimonia l'ampia bibliografia in diverse discipline, soprattutto in medicina, biologia, farmaceutica, fisica. Ma non solo. Nel tessuto delle medie imprese, oltre che nelle grandi, la ricerca viene intesa come trasferimento tecnologico, e questa è una dinamica molto attiva. Molti imprenditori hanno compreso che adottare nuovi ritrovati e applicarli nella produzione è la via giusta. Anche ricorrendo a soluzioni straordinarie, come produrre carta dagli scarti alimentari, moltiplicare la flora intestinale per individuare i batteri buoni per curare singole patologie, creare tessuti in gomma che si autoriparano se colpiti da proiettili (una soluzione che oggi viene inserita negli elicotteri, ndr), progettare velivoli leggeri in fibra di carbonio per trasporto locale. I casi sono numerosi e vari. L'Italia resta ancora un Paese dove la cultura rinascimentale che unisce scienza e umanesimo è ancora viva e vegeta.


Da questo strato rilucono ancora idee e innovazioni.

Come sono state scelte le eccellenze che racconti?

Molte eccellenze italiane vengono definite eccellenze per senso di orgoglio in un periodo difficile come questo. Ma è invece la normalità di un Paese dove la creatività è la linfa vitale del popolo, delle imprese, dei professionisti, siano essi tecnici o artistici. La definizione di eccellenze è un artificio comunicativo che comprendiamo solo noi: all'estero siamo solo e semplicemente italiani. Ci sono però casi di ideazione più curiosi e altri meno: lo spettacolo premia di più alcuni prodotti piuttosto che altri, ma anche nelle viti dei motori, nelle ventole dei condizionatori o nelle eliche dei motori degli arei il made in Italy si fa valere. Ci sono filiere produttive dove siamo i primi al mondo, in settori dove non c'è alcun clamore: si pensi al packaging, alle macchine utensili, alle guarnizioni in gomma, dove tedeschi, giapponesi e americani vengono dopo di noi. Ne avete mai sentito parlare? E' come nello sport. Alle Olimpiadi vinciamo in discipline che poi scordiamo. E anche nella vita normale e nella produzione scontiamo questa miopia.




Cosa si dovrebbe fare, in termini di politica economica e fiscale, per incentivare la crescita di eccellenza italiane?

Da tempo una certa stampa economica specializzata insiste sul ruolo e sulla necessità delle startup per rilanciare l'economia e la produzione. Ma le statistiche confermano un dato: sulle 5500 nuove società di questo tipo solo 50 producono utili (indagine Leanus del dicembre 2015), di altre 1200 non si hanno dati chiari, mentre il rimanente traballa su posizioni incerte. Risultato: le startup non sono il pilastro della futura crescita, potrebbero o potranno essere solo un marginale effetto. Come gestire allora un progetto di sviluppo? La comunità degli scienziati, dei ricercatori e dei manager intervistati nel libro (tutti qualificatissimi) esprimono il desiderio di dotare il Paese di un vero Piano strategico di Ricerca che si declini su due piani: da una parte occorre fortificare il sapere della tradizione attraverso la scuola secondaria e universitaria, dall'altra occorre rendere travasabile nei settori industriali le competenze di base e quelle acquisibili attraverso l'innovazione tecnologica (il trasferimento di cui si parlava).


Solo in tal modo, attraverso la creazione di vere, larghe e integre filiere conoscitive, è possibile giocare un ruolo in un panorama di globalizzazione. Dunque il tronco è il sapere di base, i rami sono i settori dove il sapere si specializza (chimica, biologia, farmaceutica, meccanica, legno, moda, etc.) e infine vi sono i nuovi rami che si innervano sul già esistente (le biotecnologie nel settore chimico ad esempio sono nate nella seconda metà degli anni '80). La strategia di sviluppo deve essere complessiva e gli scienziati come i manager dovrebbero avere un luogo, uno spazio, dove confrontarsi su cosa fare e dove investire: solo così si possono dare alla sfera politica le indicazioni precise su quali settori investire attraverso le leggi, le facilitazioni, la distribuzione delle risorse. La produzione industriale è l'effetto di un sapere e il suo rilancio non può che partire dalle idee. Bisogna creare, pensare, ricercare, amare tutto ciò che può derivare dai voli della fantasia. E' la nostra risorsa, perché davvero tutto ciò che si immagina diventa reale.

Titolo: Ho visto più lontano. Viaggio-inchiesta tra le eccellenze della ricerca e del made in Italy
Autore: Paolo Gila
Editore: Guerini Editore
Pagine: 230
Disponibile anche in ebook

@federicounnia - Consulente in comunicazione


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