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23/03/2016

economia

Rallenta la crescita nell'eurozona mentre soffiano venti deflazionistici

Bazzani (Saxo Bank): i recenti dati dei PMI e dell'inflazione significano che per Draghi era ormai arrivato il momento di concretizzare il suo "whatever it takes", pena il rischio di deludere i mercati

Il PMI manifatturiero si conferma per il mese di febbraio a 51,2, lievemente al di sopra dei 51 della scorsa settimana ma senza recuperare i livelli dei mesi precedenti. Le aspettative per la seconda lettura del PIL del Q4 rimangono intanto stabili a +0,3%, di cui soltanto +0,14% dovuto al settore industriale: la crescita implicita nel PMI composito di 52,7 sarebbe dello 0,324%.
Delle tre maggiori economie dell'Eurozona è l'Italia che rimane sui livelli più alti: il manifatturiero di 52,2 è rimasto sopra la media dell'area euro durante l'ultimo anno, sebbene sia calato dai 53,2 di gennaio.
Nella media la Germania, il cui manifatturiero subisce tuttavia il peggior calo, raggiungendo la Francia a 50,5 (contro i 52,3 di gennaio). Il business sentiment tedesco ha deluso le aspettative in precendenza scendendo per il terzo mese consecutivo, seguendo la riduzione della produzione industriale dell'ultimo bimestre 2015. Segnali positivi sono arrivati invece dalle vendite al dettaglio di gennaio, cresciute dello 0,7% dopo un semestre di declino che aveva portato le attese a 0,1%. Debole invece la Francia che rimane ben al di sotto della media e per buona parte dell'anno in area negativa, restando appena sopra il confine con 50,2.


Mentre il comparto industriale dell'Eurozona rallenta, la crescita nei servizi sembra mantenersi più solida e lontana dal rischio di contrazione: il PMI calato a 53, mentre la Germania si distingue con un 55,1.
Intanto l'inflazione primaria è scesa in area negativa per la prima volta dopo cinque mesi, col dato preliminare di febbraio a -0,2%, seguendo un gennaio già più debole del previsto. Sebbene spinta verso il basso dai prezzi dell'energia, non è il petrolio l'unico responsabile di quest'ondata deflattiva. Anche l'inflazione core, che esclude i comparti volatili di materie prime quali alimentari ed energia, è infatti calata a 0,7%, segnalando un problema più ampio e strutturale, combinato ad una debolezza della domanda, proprio in seguito allo 0,3% di gennaio (il più elevato da maggio) che manteneva la variazione annuale all'1%.
Il deterioramento delle prospettive economiche dell'Eurozona e l'accelerazione delle forze deflazionistiche si è fatto sentire proprio a pochi giorni dalla riunione della Banca Centrale Europea e dalla sua nuova ondata di stimolo: per Draghi era ormai arrivato il momento di concretizzare il suo whatever it takes, pena il rischio di deludere i mercati.



Vedremo se quanto deciso basterà. 

Gian Paolo Bazzani, AD Saxo Bank Italia 


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