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16/03/2016

economia

L'era dei tassi negativi continuera': un bene o un male per le banche?

Bazzani (Saxo Bank Italia): davanti a questa tassa politica, gli istituti di credito si trovano quindi costretti a scegliere tra due strade: scaricarne il peso sui clienti in termini di tassi e commissioni più elevate, o subirne l'intero impatto con un taglio dei costi 

E' la speculazione, bellezza

Per un investitore è sempre fondamentale distinguere tra opportunità di trading di breve termine e ottica d'investimento di lungo periodo, ma lo è ancora di più in questo momento di volatilità e soprattutto se parliamo di banche europee. Su un orizzonte di lungo periodo ho avuto più occasioni di ribadire la mia convinzione di evitare il settore bancario, privilegiando invece settori più flessibili in grado di realizzare business model sostenibili. Categoria quest'ultima in cui le banche "tradizionali" non rientrano. Nel breve termine, chiamiamola tattica o speculazione se preferite, possiamo invece trovare opportunità di trading interessanti, soprattutto se ci concentriamo su azioni che al momento sembrano penalizzate da valutazioni eccessivamente severe.

Lo scenario

Due parole sullo scenario in cui ci troviamo. La ripresa del comparto bancario che ha immediatamente seguito il lancio del quantitative easing è durata poco, trattandosi del preludio dell'era dei tassi negativi - che quest'anno saranno facilmente destinati a subire ulteriori tagli.

Se l'idea della BCE era quella di tranquillizzare i mercati e soprattutto stimolare le banche a concedere credito, purtroppo non stiamo andando nella giusta direzione.
Le banche europee stanno già pagando il prezzo, destinato ad aumentare perchè la BCE non si fermerà, dei tassi negativi in termini di costi e capitale, dovendo rimanere fedeli ai propri azionisti nell'impegno alla massimizzazione dei profitti. Davanti a questa "tassa politica" dei tassi negativi, gli istituti di credito si trovano quindi costretti a scegliere tra due strade: scaricarne il peso sui clienti in termini di tassi e commissioni più elevate, o subirne l'intero impatto con un taglio dei costi. E taglio dei costi in Europa significa soprattutto chiudere filiali, come alcune banche hanno già annunciato di voler fare.

L'investimento di lungo periodo

Il calo del 19% vissuto quest'anno dal comparto sembra proprio confermare il fatto che il "bancario" non rappresenti un'opportunità di investimento sul lungo termine. Ci sono diversi fattori, questi a mio parere i pricipali:
- Cresce il peso dei costi regolamentari.

.. senza poter essere tempestivamente controbilanciato da un adeguato taglio dei costi. Per tacere delle multe assai salate ricevute da alcuni big del settore, Basilea III e MiFiD II continueranno a pesare sulla flessibilità bancaria e sulle strutture di costo, costringendo alcuni nomi a raccogliere nuovo capitale. Abbiamo di fronte le prove, vedi il posticipare l'entrata in vigore di alcune normative, che il settore non sembra in grado di assorbire così tanti cambiamenti in così poco tempo.
- Il nuovo framework per gli asset non performanti... introdotto dall'European Banking Authority e agente scatenante del crollo delle banche italiane, risultanti in alcuni casi sotto-capitalizzate alla luce delle notevoli modifiche apportate alla stima delle sofferenze. La soluzione Bad Bank, o la versione di bad bank che l'unione europea permetterà di realizzare, dovrebbe permettere di isolare diversi miliardi di sofferenze in entità separate, permettendogli di ricevere un rating e di essere collocate sul mercato in caso investment grade (magari anche acquistate dalla BCE...), corredate da una garanzia del Tesoro.

L'idea è buona ma il mercato non perdona i ritardi e tentennamenti tipici della politica.
- La pressione sui margini... è evidente da diversi anni a causa della combinazione tra una riduzione della domanda di credito (di migliore qualità) e i tassi BCE, e schiaccerà ulteriormente i profitti bancari limitando le valutazioni, e questo anche nel caso si riesca a vedere una crescita dell'Eurozona lievemente migliore.
- L'esposizione sull'energia... è la più elevata: soltanto 13 istituti hanno rivelato le proprie esposizioni complessive per ben 230 miliardi di $, mentre il mercato teme che i volumi siano ben più consistenti, data la ritrosia di numerose banche a svelare i propri numeri, al contrario degli Stati Uniti dove tutti i principali nomi hanno comunicato le proprie esposizioni (da sola JPMorgan vanta 44 miliardi di dollari...). Non nascondo la curiosità di sapere, ad esempio, la effettiva esposizione di Deustche Bank. I timori sono ovviamente concentrati sulle riserve di greggio in quanto spesso utilizzate come collaterale attraverso i cosiddetti Decks, sostanzialmente delle previsioni di lungo termine dei prezzi delle commodity utilizzati per valutare le riserve.


Il crollo dei prezzi petroliferi e le prospettive di lungo periodo su livelli strutturalmente bassi (tra 50-60$/barile) taglierà il valore del collaterale, costringendo le banche ad allocare nuovo capitale.
- I CoCo... sono un altro problema: si tratta di titoli convertibili emessi per migliorare il proprio CET1 ratio, la cui conversione si scatena appunto nel caso in cui il CET1 scenda sotto una certa soglia. Il declino nel Q4 del CET1 di Deutsche Bank, e le prospettive di una sua ulteriore caduta nel Q1, hanno acceso concreti timori riguardo la conversione dei suoi CoCo bond, con un rilevante peggioramento delle condizioni di finanziamento non soltanto per la stessa Deutsche Bank ma anche per le altre banche europee.
- Una trappola di valore... il P/E prospettico di settore dell'8,7x è storicamente piuttosto basso, sebbene realistico nel riflettere le prospettive di crescita e profittabilità. La media su cinque anni è infatti di 10,5x ma non ci si attende un fenomeno di correzione verso questo livello.

Il trading di breve periodo

Per tutte queste ragioni, in un'ottica di lungo termine, meglio ridurre l'esposizione alle banche europee, che non sono in grado di utilizzare efficientemente il proprio capitale, presentando tassi di crescita prospettici piuttosto bassi.



Passando invece alle opportunità di trading di breve periodo, alcuni nomi presentano valutazioni sbilanciate al ribasso: per questo può valere la pena aprire una posizione lunga sul bancario europeo, nonostante non intendiamo mantenerla a lungo. Una volta che le banche avranno recuperato il terreno perso contro lo STOXX 600 chiuderemo la posizione.
Se invece si vuole osare fino allo stock picking, al momento sono tre le banche che presentano una valutazione fin troppo distaccata dalla realtà dei loro numeri, e che potrebbero riprendersi durante il corso dell'anno. Il mio collega Peter Garnry, Head of Equity Strategy di Saxo Bank, suggerisce Credit Suisse, Barclays e Deutsche Bank. Il prezzo delle loro azioni potrebbe crescere da qui alla fine dell'anno se riusciranno a realizzare i loro annunciati, e massicci, piani di ristrutturazione.

Gian Paolo Bazzani, AD Saxo Bank Italia


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