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Editoriale
La ricreazione è finita
Tutti i nodi vengono al pettine, recita un antico adagio. E i dati di dicembre lo confermano.
Le roboanti e ottimistiche previsioni da parte del governo e di Uffici Studi vari sono state smentite dai fatti: la produzione industriale è calata dello 0,7% su mese e dell'1% su anno; il PIL del IV trimestre ha registrato un anemico +0,1% sul precedente e riverbera un esangue +0,7% annuale.
La disoccupazione è ferma da due mesi all'11,4%, mentre l'export è crollato a dicembre del 2,2% pur rimanendo positivo nell'anno.
Dati che preoccupano ancora di più se si tiene conto che sono stati ottenuti in un anno in cui il prezzo del petrolio si è dimezzato e il denaro non è mai stato così a buon mercato. Senza tener conto della cospicua svalutazione dell'euro.
Quindi, è stata una crescita sostanzialmente solo per fattori esterni. A testimonianza di questo, il ristagno dei consumi interni, che non possono certo ripartire data la compressione dei salari e l'alta tassazione.
Ovviamente, la frase "meglio avere un segno più che un segno meno", non merita commenti. Forse una risata sarcastica.
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