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20/01/2016

economia

Mercati obbligazionari: domanda non significa liquidita'

Bartholomew (Aberdeen AM): anche se un'accentuata volatilità e crolli improvvisi possono essere destabilizzanti, la verità è che alla fine riservano potenziali benefici per gli investitori di lungo termine

Il 15 ottobre 2014 è accaduto qualcosa di straordinario. Il mercato dei titoli di Stato USA ha vissuto una seduta di intensa volatilità, con il rendimento sui decennali in oscillazione entro un trading range di 37 punti base, che statisticamente rappresenta un evento "a 7 sigma". Tanto per dare un'idea, gli eventi a 7 sigma dovrebbero avvenire solo una volta ogni qualche miliardo di anni.
Tralasciando cosa questo implichi per le statistiche di rischio standard che generano predizioni tanto assurde, per molti operatori dei mercati finanziari gli avvenimenti di quel giorno di ottobre sono stati la pura e semplice conferma dei loro timori per le condizioni della liquidità sui mercati obbligazionari. Come ha fatto notare Janet Yellen, presidente della Federal Reserve, in un suo intervento del maggio 2015, molti operatori "temono che la liquidità di mercato possa deteriorarsi in condizioni di stress, citando come fattori scatenanti l'evoluzione del trading elettronico, l'aumento della concorrenza e l'introduzione di nuove discipline normative".

Molto semplicemente, preoccuparsi per la contrazione della liquidità sui mercati obbligazionari è ormai diventata la moda del momento. E tale resterà, probabilmente, ancora per molto.
Tuttavia, la liquidità è un concetto talmente ampio che è facile lasciarsi distrarre dagli aspetti meno rilevanti. Per lo stesso motivo, è difficile capire su quali fenomeni bisogna concentrare l'attenzione. Da parte mia, non intendo contribuire al mare d'inchiostro già versato per descrivere il tipo di liquidità generato negli ultimi anni attraverso le misure straordinarie delle banche centrali. Né voglio entrare nel merito del dibattito sulle implicazioni che l'attività regolatoria comporta a livello di liquidità, limitandomi a dare per scontato che il potenziamento delle normative ha diminuito il tipo di liquidità associato con le transazioni di mercato.
A mio avviso, il modo migliore per andare alla radice dei timori più profondi e sistemici che riguardano la liquidità di mercato è mettersi nei panni dell'investitore, tralasciando quindi il punto di vista dei market maker.
Liquidità e domanda non si equivalgono.

In altre parole: il rischio di liquidità non deve essere confuso con la liquidità in quanto tale.
Il mercato appare ormai dominato da un certo numero di fondi comuni e fondi negoziati in borsa (ETF) di grandi dimensioni e questo, nell'economia del generale posizionamento di mercato, ha portato a un sovraffollamento su determinate posizioni, per cui numerosi investitori sono esposti a rischi simili. Se dovesse verificarsi un'accentuata inversione del sentiment (ad esempio, la Federal Reserve che innalza i tassi d'interesse), anche il posizionamento di mercato potrebbe subire un forte sconvolgimento.
E quando si verificano eventi estremi, tende a insorgere uno squilibrio tra la liquidità offerta da fondi comuni ed ETF e quella degli strumenti del mercato obbligazionario in cui questi sono investiti.
Grandi deflussi dai fondi sottostanti potrebbero incoraggiare ulteriori vendite sul mercato obbligazionario. Questa sorta di correlazione positiva potrebbe essere ulteriormente esasperata dal numero elevato di fondi basati su strategie algoritmiche di trading che replicano l'andamento del mercato e pertanto vendono quando tutti vendono.


Se una folla di investitori si precipita all'unisono nella stessa direzione, la liquidità non può fare altro che crollare di colpo. Naturalmente, la volatilità aumenterebbe, provocando oscillazioni ancora più estreme.
Un pensiero potenzialmente rassicurante è che tutta l'apprensione scatenatasi per la liquidità del mercato obbligazionario avrà certamente infranto qualsiasi illusione gli operatori potessero avere riguardo al protrarsi di una liquidità abbondante. Assistiamo dunque a un interessante paradosso: maggiore è la consapevolezza di un rischio, minore è la probabilità che tale rischio si concretizzi. Se sappiamo che una strada è pericolosa, guidiamo con maggiore prudenza e questo la rende di fatto meno pericolosa.
Tuttavia, anche se un'accentuata volatilità e crolli improvvisi possono essere destabilizzanti, la verità è che alla fine riservano potenziali benefici per gli investitori di lungo termine. Sono loro, infatti, ad agire come acquirenti di ultima istanza, contribuendo a controbilanciare le oscillazioni estreme. Quando i prezzi si allontanano dal valore fondamentale, gli investitori che si concentrano su di esso hanno davanti a sé un'opportunità da cogliere.


Anche se la contrazione della liquidità impone qualche aggiustamento, può anche offrire nuove occasioni a coloro che sono in grado di identificare il valore ignorando il brusio del mercato. Non dobbiamo mai dimenticare che la liquidità o, forse più opportunamente l'illiquidità, non va di pari passo con la domanda (o la sua carenza).
Liquidità e domanda non si equivalgono. In altre parole: il rischio di liquidità non deve essere confuso con la liquidità in quanto tale.

Luke Bartholomew, Investment Manager, Fixed Income Aberdeen AM


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