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06/01/2016

economia

Politica monetaria e il Dilemma del prigioniero

Naumer (AllianzGI): tradire o no il proprio complice? Le banche centrali saranno di fronte a scelte di svalutazioni anche nel 2016, con tutte le implicazioni per tassi di cambio, mercati finanziari e naturalmente per l’'economia globale

Come fare per avere una crescita economica sostenibile, quando la politica fiscale (soprattutto nei Paesi avanzati) ha esaurito le armi a sua disposizione e le riforme strutturali sono di difficile applicazione o richiedono tempi lunghi prima di produrre gli effetti desiderati? Non rimangono che i tassi di cambio.
Le importazioni di un Paese sono le esportazioni di un altro. Un Paese che riesce a indebolire la propria moneta può attendersi un aumento delle esportazioni, a meno che la controparte non faccia lo stesso.
Il fatto che la politica monetaria sia sempre e comunque, lo si voglia o meno, anche una politica dei cambi, pone le Banche Centrali di fronte al cosiddetto "dilemma del prigioniero", dove il carcerato deve decidere se rimanere fedele al suo complice o confessare, danneggiandolo.
Il parallelo con la politica monetaria è piuttosto evidente. Se le Banche Centrali partono dal presupposto che nel lungo termine competere attraverso la svalutazione della divisa rappresenti, nel migliore dei casi, un gioco a somma zero, ma più spesso in perdita, la raccomandazione è una sola: non iniziare una guerra valutaria!
Tuttavia non mancano incentivi ed occasioni per abbandonare questa posizione, indipendentemente dal comportamento delle altre Banche Centrali.

Ma una volta che la guerra delle valute ha avuto inizio - posizione più facilmente difendibile quando i tassi di inflazione si aggirano attorno allo zero o persino in territorio negativo - è difficile fare marcia indietro.
Una Banca Centrale potrebbe quindi sentirsi autorizzata a spingersi sempre più in là nella spirale della svalutazione, anziché correre il rischio di ritirarsi troppo presto ed essere l'unica a pagare, e a caro prezzo, per il rialzo della divisa.
Il "dilemma del prigioniero" che le Banche Centrali si trovano ad affrontare, aiuta a interpretare gli oltre 700 tagli dei tassi operati dalle autorità monetarie di tutto il mondo dal crollo di Lehman del 2008, ma potrebbe anche spiegare la titubanza avuta della Fed a inasprire i tassi di interesse nonostante la solidità del mercato del lavoro. Insomma, se occorre modificare la politica monetaria, meglio attendere e farlo a piccoli passi.
Ma indipendentemente dal rialzo dei tassi USA, il "dilemma del prigioniero" probabilmente si ripresenterà anche nel 2016, con tutte le implicazioni per tassi di cambio, mercati finanziari e naturalmente per l'economia globale.




Hans-Jörg Naumer, Global Head of Capital Markets & Thematic Research di Allianz Global Investors
 


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