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21/10/2015

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Etica: un mix di responsabilita' e fiducia

Grasso (autore di Lineamenti di Etica e Diritto della Sostenibilità): la corporate social responsibility si coniuga su un reale sentimento di natura morale che investe tutta l’impresa e i suoi stakeholder. La Volkswagen ha fallito

Il modello culturale sullo sviluppo sostenibile formulato da Marco Ettore Grasso nel libro "Lineamenti di Etica e Diritto della Sostenibilità", parte dalla qualificazione di questo sviluppo fino a giungere alla descrizione di un diritto, una responsabilità ed una giustizia per la sostenibilità. Premesso che tale sviluppo possa essere definito in svariati modi (ad esempio come principio, obbiettivo, criterio, concetto, soluzione, norma o interesse), l'autore ritiene che sia meglio identificato con i termini "principio" o "norma". Tale norma, che manca però di un apparato sanzionatorio, si contraddistingue per un'indole interdisciplinare, capace di ravvisare la sua ragione di vincolatività nella consuetudine, vista nella sua dimensione sociale, politica, economica e giuridica.
La "norma sostenibile", incidendo su diversi sistemi, apre le porte alla "scienza della sostenibilità", nella quale ricopre un ruolo fondamentale il "diritto sostenibile", che detiene la funzione di composizione dei conflitti potenzialmente emergenti nell'era post-moderna oltre alle funzioni di riduzione della complessità e di stabilizzazione della contingenza.


Le tre tipologie descritte di giurisprudenza sostenibile, inoltre, si servono di questa norma come ratio delle diverse decisioni, compensando in un certo qual modo l'assenza di un impianto sanzionatorio. La responsabilità a favore della sostenibilità si struttura in una responsabilità valoriale, comune, equa, post-moderna e intergenerazionale, mentre la "giustizia sostenibile" è una giustizia sufficientemente retributiva, partecipativa, distributiva, globale, complessivamente antropocentrica, equilibrata, che si sviluppa in un orizzonte temporale che dal presente si dirige al futuro.
Partendo da questo articolato lavoro, abbiamo intervistato Grasso.

Qual è il rapporto tra responsabilità sociale e progetti di CSR (corporate social responsibility) come li vediamo promossi dalle imprese italiane?

Premetto innanzitutto che la responsabilità sociale di impresa è inquadrabile all'interno di una più complessa responsabilità sostenibile che è una responsabilità valoriale, comune, equa, intergenerazionale e post-moderna. Nell'ottica della sostenibilità il ruolo delle imprese è fondamentale innanzitutto perché contribuisce a definire la dignità dell'uomo attraverso il lavoro umano e la funzione che l'impresa esercita nella società, ma questa dignità può stabilizzarsi alla mera condizione che l'impresa stessa riesca a integrare tra loro questioni sociali, ambientali, etiche ed economiche, tentando con il proprio sforzo di salvaguardare l'ambiente umano, sociale e naturale.


I progetti di CSR nazionali in realtà non sono molto distanti, per funzione e finalità, da quelli posti in essere da altri Paesi europei, ma ciò non significa che le imprese che li promuovono siano moralmente e socialmente sostenibili. Si pensi solo alle vicende che in questi giorni hanno coinvolto la tedesca Volkswagen che, nonostante vanti eccellenti progetti di CSR, oggettivamente non ha saputo coltivare un'autentica responsabilità sociale. Questa responsabilità, quindi, non si coniuga solo sull'efficacia di progetti di CSR, ma su un reale sentimento di natura morale che investe tutta l'impresa e i suoi stakeholder.
Spesso questi progetti vengono utilizzati dal mondo imprenditoriale come strategia di affari, ossia come garanzia di buona immagine promozionale e non di rado anche per compensare danni sociali e ambientali già perpetrati nella società. La crisi economico-finanziaria, del resto, parrebbe non favorire l'impiego di adeguate misure di responsabilità sociale, che sembra siano destinate ad essere gestite e interpretate dalle imprese più facoltose, ovvero da quelle che resistono più facilmente alle crisi perché più stabili nel mercato, con il rischio che la responsabilità sociale sia svuotata di significato e trasformata in mero mezzo strategico aziendale, finalizzato principalmente a creare reputazione positiva nell'opinione pubblica.


Esistono report di sostenibilità invidiabili e ben costruiti che talvolta, però, omettono dati inerenti a variabili ambientali e sociali non secondarie o che più in generale non sono autenticamente trasparenti agli occhi dell'utente finale, ovvero il consumatore, poiché pongono in luce solo gli aspetti positivi, trascurando invece tutto ciò che non è in linea con un comportamento di impresa seriamente sostenibile (ad esempio, una scorretta, per non dire illegale, gestione dei rifiuti).

Esistono esempi di audit sulla responsabilità sociale di imprese? Di cosa si tratta?

Con riguardo al processo strategico di audit che aiuta le imprese a misurare la performance reale rispetto agli obiettivi sociali che si è prefissata, esistono diversi esempi sulla scena nazionale ed internazionale. Personalmente, ritengo che tali processi dovrebbero aver più cura della formazione di tutti i settori e comparti, con particolare riguardo a quella di dirigenti e manager. Troppo spesso, invece, le funzioni del CSR manager sono isolate dal resto del complesso aziendale, non integrate nelle altre sfere afferenti ai vertici aziendali. La prospettiva di integrazione dovrebbe sempre essere tenuta in considerazione.


L'impianto teorico relativo alla responsabilità sociale di impresa, sin dalle sue origini, ruota attorno al concetto di "stakeholder" (portatore di interesse; colui che vanta legittime aspettative nei confronti di un'impresa), che probabilmente dovrebbe essere sostituito dal concetto di "honesty-holder". All'etica dell'interesse, dello "stake", della posta in gioco, infatti, le imprese odierne, anche attraverso i propri processi di audit, dovrebbero mirare ad un'onestà sociale, quale ingrediente fondamentale della CSR.

Viene infine da chiedersi: un'impresa più etica e responsabile come migliora la sua performance economica?

Un'impresa eticamente responsabile migliora la sua performance economica se è innanzitutto garantita dalla fiducia e dalla credibilità che i cittadini, alias i consumatori, attribuiscono al bene aziendale, in virtù della trasparenza e dell'onestà dell'impresa medesima. Spesso si sottovaluta molto l'intelligenza del consumatore medio, forse perché l'economia risente ancora di un modello microeconomico arcaico che non riesce a comprendere davvero le esigenze del consumatore, il quale consumerà più volentieri un prodotto che ha rispettato norme di comportamento socialmente e moralmente sostenibili.


Il consumatore è colui che ha potere decisionale sul mercato, la sua preferenza, infatti, decide se premiare imprese trasparenti oppure imprese che tendono all'omissione, se non addirittura alla dichiarazione mendace. Un'impresa farebbe meglio a puntare sulla reale trasparenza e magari confessare che non detiene un adeguato sistema di smaltimento dei rifiuti, piuttosto che fornire un dato falso e svalutare così l'intelligenza del cittadino. L'onesta intellettuale dell'impresa sarebbe apprezzata maggiormente da quest'ultimo.
Ma la performance economica, da altro punto di vista, è funzionale anche al processo e alla capacità integrativa di impresa, che potremmo definire "CSR integration policy". A fronte, infatti, di una vera integrazione, anche l'impresa migliora i suoi obbiettivi economici, perché migliorano i rapporti verticali (cioè i rapporti tra i dipendenti), così come anche i rapporti orizzontali (ovvero le relazioni con l'esterno). L'impresa diventa così più attrattiva sotto il profilo degli investimenti, riducendosi peraltro il potenziale "conflitto socio-aziendale.

Titolo: Lineamenti di etica e diritto della sostenibilitàLineamenti di Etica e Diritto della Sostenibilità
Autore: Marco Ettore Grasso
Editore: Giuffrè
Pagine: 420


Federico Unnia, Consulente di comunicazione

 

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