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14/10/2015

economia

Mercati emergenti con molte incertezze

Quotazioni azionarie ad agosto ancora sotto pressione e deboli tentativi di ripresa nella prima metà di settembre. Continua il rallentamento della crescita in Cina. Inflazione cala oltre le previsioni in India. Annuncio di tagli ingenti e aumenti fiscali in Brasile

Nel consueto report sui Paesi Emergenti, Raiffeisen Capital Management fa il punto della situazione per una serie di Paesi che sono direttamente o indirettamente coinvolti nel rallentamento della crescita globale.
Ad agosto sono continuati i ribassi dei corsi sui mercati azionari dei paesi emergenti, ancora una volta soprattutto sulle borse cinesi. Hanno, invece, tenuto abbastanza bene i mercati in Europa dell'est, inclusa la Russia. L'indice MSCI EM ad agosto ha ceduto circa il 9% e in questo modo ha rotto la zona di supporto, alla quale avevamo già fatto riferimento nei precedenti em-report e che negli ultimi 4-5 anni aveva sempre frenato con successo ogni ribasso. Di conseguenza, il quadro tecnico di medio-lungo periodo è peggiorato ulteriormente. Dall'altro lato, non bisogna, però, darvi troppo peso. Proprio per quanto riguarda le valute ci sono già stati significativi ribassi e in ogni momento è possibile almeno una forte ripresa. Diversamente dai mesi precedenti, ad agosto sono stati decisamente più deboli anche i mercati azionari sviluppati. La svalutazione della valuta in Cina e le conseguenti maggiori preoccupazioni sulla crescita economica globale hanno iniziato ad avere delle significative ripercussioni sui corsi azionari anche negli USA e in Europa.



Tutti in attesa della FED

A ciò si sono aggiunte le continue speculazioni sulla politica monetaria USA. Le turbolenze sui mercati e la nuova spinta deflazionistica prevista in Cina dovrebbero aver contribuito al posticipo, per ora, del rialzo dei tassi d'interesse già scontato dai mercati per settembre. Il primo rialzo dei tassi d'interesse da parte della banca centrale USA (Fed) ci sarà probabilmente solo a ottobre o dicembre.
Nel frattempo sono sempre di più gli economisti e politici influenti che chiedono, tuttavia, alla banca centrale di posticipare significativamente gli eventuali rialzi dei tassi, tra l'altro per il motivo che altrimenti si rischierebbero ulteriori problemi specialmente nei paesi emergenti. Al di là del fatto che in passato la banca centrale USA si era preoccupata ben poco dei problemi che la sua politica poteva eventualmente creare in altre parti del mondo, questa argomentazione sembra un po' esagerata. Perché comunque nessuno si aspetta seriamente che la Fed adesso aumenti drasticamente i tassi d'interesse a ritmo serrato. Sembra in un certo modo esagerato che un aumento dello 0,25% dei tassi a breve potrebbe avere un tale effetto negativo sull'economia e i mercati finanziari di molti paesi emergenti, anche perché non si era mai discusso così a lungo e intensamente prima di un rialzo dei tassi d'interesse come questa volta.

La fissazione di molti operatori di mercato, analisti e media con questo tema sembra, nel frattempo, esagerata. In ogni caso, questo dibattito e le attuali turbolenze sui mercati danno ragione a tutti quelli che da tempo avevano messo in guardia di fronte a una politica dei tassi a zero troppo prolungata. Le loro previsioni, secondo le quali specialmente i mercati finanziari farebbero fatica a disabituarsi dalla "droga" del denaro super conveniente, sembrano però avverarsi proprio ora.

Cina

I dati congiunturali cinesi continuano a segnalare tendenze di rallentamento. Intanto, la banca centrale si impegna a ridare più stabilità all'andamento dei cambi e le autorità stanno cercando tuttora di stabilizzare i mercati azionari. Inoltre, sono stati nettamente rafforzati i controlli sui movimenti dei capitali, una misura per contrastare i continui deflussi di capitale. Perchè se questi dovessero proseguire o addirittura aumentare, la banca centrale dovrebbe immettere ulteriori riserve di dollari sul mercato per sostenerlo, cosa che nel paese avrebbe, però, l'effetto di una restrizione della politica monetaria. Per sostenere la congiuntura e il settore bancario, in particolare peró anche i mercati azionari, la banca centrale cinese ha effettuato un altro taglio dei tassi guida (a ormai 4,6%) e ha tagliato, inoltre, le riserve obbligatorie per le banche commerciali.



Nonostante tutti gli sforzi per supportare i corsi azionari, le borse sul continente e a Hong Kong hanno continuato la loro picchiata verso il basso ad agosto, in media hanno ceduto oltre il 12%. Le valutazioni ormai molto convenienti nel confronto internazionale continuano più che mai a deporre a favore in particolare delle azioni H quotate a Hong Kong. Nei prossimi mesi dovremmo assistere, tuttavia, ancora a elevate oscillazioni dei corsi.

India

La produzione industriale indiana a giugno ha ripreso a salire e l'indice dei direttori d'acquisto a luglio ha indicato la continuazione dell'andamento congiunturale abbastanza robusto. Il deficit della bilancia commerciale a luglio è aumentato nonostante i prezzi significativamente più bassi del greggio, in particolare a causa delle importazioni maggiori di oro e delle esportazioni in calo. La valuta indiana si è deprezzata di quasi il 4% rispetto al dollaro USA dopo l'imprevista svalutazione dello yuan cinese. Secondo la banca centrale indiana (RBI) si tratta di un andamento normale e accettabile. Nel frattempo, a luglio l'inflazione è scesa inaspettatamente forte. Nonostante ciò, ad agosto la RBI ha lasciato invariati i tassi guida come da attese.


Tra tutti gli avvenimenti e dati congiunturali nel complesso abbastanza positivi, ci sono stati, però, anche dei punti negativi. Da una parte, le piogge monsoniche così importanti per l'India finora sono state inferiori alla media e, dall'altra, c'è tuttora una situazione di stallo politico. Nei mesi passati, in parlamento ci sono stati pochi risultati concreti riguardo a nuove leggi e programmi di riforme.
Gli indici azionari indiani ad agosto hanno ceduto in linea con il trend azionario negativo globale e hanno perso il 6% circa. Gli investitori istituzionali stranieri hanno venduto relativamente tanto, mentre gli istituzionali locali hanno, invece, effettuato acquisti quasi nella stessa misura.
Vediamo ora la situazione in alcuni Paesi.

Brasile

In Brasile la situazione continua a inasprirsi sempre di più sul piano economico e della politica interna. A un anno soltanto dalla sua rielezione di stretta misura, la presidente Rousseff rischia la fine politica. Per di più, l'agenzia di rating Standard&Poor's ha inaspettatamente declassato il Brasile a livello "spazzatura", solo un mese dopo aver tagliato il rating ponendolo sul gradino più basso dell'investment grade e dando un outlook negativo.


Di conseguenza, anche moltissime obbligazioni societarie brasiliane sono automaticamente finite fuori dal segmento investment grade. Una conseguenza inevitabile sono i costi di rifinanziamento più alti, ed è proprio questa l'ultima cosa di cui hanno bisogno le società brasiliane in questo momento. S&P ha fondato la propria decisione sul fatto che si dubita sempre di più della capacità e volontà del governo brasiliano di implementare effettivamente le correzioni già annunciate a livello di politica economica. Il problema di base, infine, è che il paese, da un lato, ha bisogno di un percorso di risanamento della politica fiscale per ridurre il debito pubblico e l'inflazione. Ma, dall'altro, proprio adesso un tale percorso potrebbe peggiorare molto la recessione in corso e quindi avere un effetto del tutto controproducente. Sul piano della politica interna è naturalmente poco allentante per il governo, ridurre le spese nel sociale proprio quando gli interessati ne risentirebbero ancora di più. Considerando la situazione precaria, pochi giorni fa la presidente Rousseff ha lo stesso annunciato tagli consistenti. Si vuole eliminare un quarto dei ministeri, tagliare le prestazioni sociali e ridurre gli stipendi degli impiegati statali.


In questo modo si dovrebbe risparmiare l'equivalente di circa sei miliardi di euro; altri sette miliardi dovrebbero entrare attraverso gli aumenti delle imposte. Inoltre, si tagliano sovvenzioni e anche gli investimenti indispensabili nelle infrastrutture vengono fortemente ridotti. Rimane da vedere, se questo programma funzionerà, e sul piano della politica interna potrebbe alimentare ancora di più l'atteggiamento anti-Rousseff. Il mercato azionario ad agosto è sceso nettamente in linea con il trend globale e ha ceduto quasi il 9%.

Russia

L'economia russa continua a rallentare, tuttavia, almeno al momento non si registra nessuna accelerazione della contrazione. Prezzi delle materie prime più bassi, quotazioni del greggio estremamente volatili, tensioni crescenti con gli USA e salari nominali in netto calo nell'economia russa non rappresentano sicuramente un ambiente favorevole. Nonostante tutto, l'economia russa finora sta tenendo meglio di quanto previsto e la banca centrale ha tagliato ancora una volta i tassi guida nonostante un'inflazione troppo alta. Contemporaneamente ha ribadito il suo obiettivo di voler aumentare le proprie riserve valutarie portandole all'equivalente di circa 500 mrd.


di dollari USA nei prossimi 5-7 anni. Considerando le enormi sfide per l'economia russa è probabile che la banca centrale nel prossimo futuro si orienti meno ai dati sull'inflazione, ma che invece sposti l'attenzione su fattori esterni, in primo luogo naturalmente sul prezzo del petrolio. Ad agosto il rublo ha nuovamente ceduto nei confronti del dollaro ed è sceso sotto la soglia dei 70 rubli per dollaro USA. È interessante notare che nel frattempo i salari russi (in dollari) iniziano a scendere sotto quelli cinesi, cosa che potrebbe, almeno temporaneamente, determinare investimenti maggiori da parte di produttori stranieri in Russia. Nonostante il taglio dei tassi d'interesse e la ripresa del prezzo del petrolio, le obbligazioni russe sono state più deboli e nel frattempo si trovano su livelli abbastanza attraenti. Il mercato azionario russo, invece, ha guadagnato quasi il 4% e, di conseguenza, contrariamente al trend globale è stato uno dei pochi a far registrare un aumento.

Turchia

La situazione della politica interna in Turchia rischia di inasprirsi sempre di più. Sono sempre più frequenti attacchi contro negozi e istituzioni curde e contro i mezzi d'informazione critici nei confronti del governo.


Allo stesso tempo, l'esercito intensifica quasi quotidianamente i suo attacchi contro postazioni del PKK e per questo motivo è avanzato profondamente in territorio iracheno. Nel caso dell'annunciata lotta all'IS in Siria e nell'Iraq del Nord finora, però, si tratta evidentemente solo di parole vuote. Come prevedibile, i negoziati tra AKP e CHP per formare una coalizione si sono conclusi senza risultati, per cui, per il primo novembre sono state indette nuove elezioni. Fino ad allora alla guida del paese ci sarà un governo provvisorio. I più recenti sondaggi dimostrano, tuttavia, che l'atmosfera non è quasi cambiata rispetto alle elezioni di luglio; al momento, l'AKP non raggiungerebbe di nuovo nessuna maggioranza assoluta. Le incertezze a livello di politica interna continuano, dunque, a esistere.. In linea con il trend globale, il mercato azionario ha subito una flessione e ha ceduto il 6% circa. Hanno evidenziato di nuovo un andamento molto debole soprattutto le azioni bancarie.

CE3 - Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria

Nell'intera regione centro-europea l'andamento dell'economia per il momento continua a rimanere positivo. I bassi prezzi del petrolio contribuiscono ulteriormente.


Quest'anno, sia la Repubblica Ceca sia la Polonia dovrebbero crescere del 3,5% circa in termini reali.
Intanto il governo ungherese ha nettamente ridotto l'imposta bancaria e deciso l'istituzione di una "bad bank" che dovrebbe acquistare i crediti problematici dalle banche commerciali. Inoltre, gran parte dei prestiti in valuta estera delle famiglie ungherese sottoscritti per l'acquisto di auto e beni di consumo saranno convertiti in prestiti in fiorini, come è già stato fatto per i prestiti ipotecari.
Per la prima volta dal 2013, a luglio e agosto la banca centrale ceca è intervenuta di nuovo sui mercati valutari per non fare apprezzare ulteriormente la corona rispetto all'euro. Poiché l'inflazione nella Repubblica Ceca continua a essere vicino allo zero nonostante la solida crescita economica, la banca centrale potrebbe essere costretta a portare avanti la sua politica monetaria più a lungo del previsto, probabilmente oltre l'anno prossimo. I mercati obbligazionari CE3 non hanno subito quasi variazioni e hanno quindi tenuto meglio della maggior parte degli altri mercati dei paesi emergenti. Anche i mercati azionari della regione hanno tenuto meglio della maggior parte degli altri mercati a livello mondiale.


Nel complesso, ciò dovrebbe essere dovuto al fatto che alla fine la BCE è molto più importante per la regione della banca centrale USA. E, a differenza della Fed americana, la BCE segnala addirittura ulteriori misure di allentamento monetario.


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