BusinessCommunity.it

09/09/2015

economia

Guerre monetarie in Asia?

Koll (WisdomTree Europe): la tensione tra le autorità cinesi e i market player internazionali resterà alta, ma Pechino per motivi politici ed economici non ricorrerà a misure estreme

Il deprezzamento dello yuan cinese difficilmente segnerà l'inizio di svalutazioni monetarie competitive in Asia. Anche se il movimento è stato certamente scatenato da forze economiche reali non ritengo si tratti del primo passo verso una serie di svalutazioni future. Perché? Sono convinto che uno degli obiettivi principali delle autorità cinesi sia quello di elevare lo yuan allo status di valuta internazionale di riserva, una conquista che richiede credibilità, resistendo alla tentazione di adottare politiche cosiddette del "rubamazzo" (o "beggar thy neighbour", secondo la locuzione anglosassone) a discapito degli altri Paesi.

I mercati crederanno alle autorità del Dragone?

Per quanto il ragionamento appaia sensato nel medio/lungo termine, è chiaro che i mercati internazionali vorranno testare la risolutezza della Cina nel breve periodo. Da oltre un anno il Paese assiste a persistenti deflussi di capitale e la costante perdita di riserve monetarie ha evidenziato le ingenti vendite di dollari USA da parte della Banca centrale cinese per mantenere stabile il cambio contro il biglietto verde.


Il deprezzamento della yuan dovrebbe ridurre il divario tra il mercato e i fixing giornalieri. Se però, nelle prossime settimane, la banda di oscillazione fissa del cambio spot continuerà ad abbassarsi di sicuro aumenteranno i rischi di una correzione al ribasso. Resta da chiedersi se il deprezzamento provocherà di fatto un calo dei flussi di capitale in uscita. Purtroppo potrebbe accadere esattamente il contrario: la fuga di capitali potrebbe accelerare se istituzioni e consumatori dovessero interpretare il movimento come un'ulteriore conferma d'incertezza della politica economica. Lo stesso dicasi per la diminuzione degli investimenti internazionali in Cina (fenomeno che indirettamente rema contro le autorità del Paese, riducendo la domanda globale di yuan).
La sempre più probabile eventualità di una completa desincronizzazione della politica monetaria tra gli USA e la Cina complica il quadro. Il movimento evidenzia come proprio mentre la Federal Reserve (Fed) inizia ad irrigidire, le autorità cinesi cercano nuovi strumenti di accomodamento e allentamento monetario.
Parliamoci chiaro: la tensione tra le autorità cinesi e i market player internazionali resterà alta.

I premi per il rischio in Asia, incluso il Giappone, sono destinati ad aumentare - fino a quando le autorità riusciranno a riprendere il controllo ripristinando la fiducia delle borse. Un intervento sui mercati monetari - con l'acquisto di yuan e la vendita di dollari USA - rappresenterebbe, nell'immediato, un valido strumento per agevolare il processo. Sul fronte dei fondamentali, sarebbero necessari una ripresa credibile della crescita economica cinese oppure una massiccia reflazione fiscale (che incoraggerebbero l'investimento dei risparmi su territorio nazionale anziché all'estero).

La Cina è la Germania asiatica, non la Francia

Ritengo ci sia una motivazione molto forte per la quale le autorità cinesi non scateneranno una guerra monetaria in Asia, più di ordine politico che economico. Si tratta del dichiarato obiettivo di rendere lo yuan, nel medio-lungo termine, la valuta di riserva dell'Asia. Per raggiungere lo scopo è indispensabile difenderne forza e stabilità, analogamente a quanto fece la Germania durante gli anni settanta e ottanta.



Avviare una serie di svalutazioni monetarie, a nostro avviso, sarebbe estremamente controproducente per l'immagine e la credibilità della Cina in Asia e nel mondo. Quest'ambizione politica sarà ovviamente messa alla prova dagli sviluppi nazionali. Se l'attività rallentasse fino a provocare un aumento della disoccupazione s'intensificherebbero le pressioni per adottare rapide misure di stimolo. Fino ad ora, il tasso di disoccupazione cinese è rimasto sorprendentemente stabile attorno al 4% e, stando ai dati, non ci sono molte prove concrete che la macchina occupazionale cinese stia operando al disotto della zona di confort del Partito comunista. Eventuali segnali di cambiamento in tal senso ci metterebbero in allarme, poiché un aumento della disoccupazione in Cina comporterebbe una maggiore probabilità di svalutazioni competitive in Asia.

Correzioni cicliche contro Obiettivi strutturali

Ciò detto, il movimento di queste settimane sottolinea chiaramente il desiderio della Cina di consentire una maggiore flessibilità della moneta e fluttuazioni più in linea con gli sviluppi ciclici dell'economia cinese.


Tuttavia, ciò non segna l'inizio di un cambiamento fondamentale delle priorità politiche; l'obiettivo di creare una divisa asiatica forte e stabile che meriti di attirare un premio come moneta di riserva rappresenta, a mio avviso, ancora un punto focale.

Jasper Koll, WisdomTree Europe


ARGOMENTI: marketing - retail - ecommerce - intelligenza artificiale - AI - IA - digital transformation - pmi - high yield - bitcoin - bond - startup - pagamenti - formazione - internazionalizzazione - hr - m&a - smartworking - security - immobiliare - obbligazioni - commodity - petrolio - brexit - manifatturiero - sport business - sponsor - lavoro - dipendenti - benefit - innovazione - b-corp - supply chain - export - - punto e a capo -

> Vai al sommario < - > Guarda tutti gli arretrati < - > Leggi le ultime news <

Copyright © 2009-2024 BusinessCommunity.it.
Reg. Trib. Milano n. 431 del 19/7/97
Tutti i Diritti Riservati. P.I 10498360154
Politica della Privacy e cookie

BusinessCommunity.it - Supplemento a G.C. e t. - Reg. Trib. Milano n. 431 del 19/7/97
Dir. Responsabile Gigi Beltrame - Dir. Editoriale Claudio Gandolfo


Copertina BusinessCommunity.it