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17/06/2015

economia

I dirigenti cinesi risoluti verso il rafforzamento del renminbi

Briscoe (AllianceBernstein): i recenti avvenimenti accaduti in Cina confermano la nostra convinzione secondo cui la valuta continuerà ad apprezzarsi in maniera costante e che il Paese proseguirà il suo percorso di riforme più speditamente di quanto in tanti si aspettino

Tra coloro che criticano le politiche cinesi, molti ritengono che un deprezzamento del renminbi (RMB) sia necessario per stimolare il settore cinese delle esportazioni, altri sostengono che la moneta cinese si svaluterà comunque perché la ripresa economica americana comporterà un rafforzamento del dollaro. In effetti, la valuta sì è già un po' svalutata di recente per questa ragione.
Noi, invece, siamo sempre più del parere che il RMB rimarrà stabile nel breve periodo, ma continuerà ad apprezzarsi nel medio e lungo termine, per tre validi motivi.
Primo, durante una recente visita a Pechino, abbiamo incontrato alti funzionari cinesi che hanno dichiarato con fermezza di non aver pianificato alcuna svalutazione del RMB o allargamento della banda di oscillazione rispetto al dollaro USA, sostenendo che non c'è bisogno di svalutare, dato il continuo buon andamento delle esportazioni se confrontato a quello degli omologhi mercati emergenti e regionali. Inoltre, hanno sottolineato che l'apprezzamento del RMB in termini di tasso di cambio effettivo reale non ha danneggiato la competitività delle esportazioni cinesi.


Un dirigente ha ribadito che se la Cina dovesse svalutare la propria moneta, anche le economie degli altri mercati emergenti e regionali si vedrebbero costrette a svalutare, e ha aggiunto che alla base della volontà di rafforzare la valuta ci sono non solo ragioni di carattere nazionale (la necessità di importare componenti per l'industria manifatturiera cinese per aumentare la catena del valore e impedire i flussi di capitali verso valute più forti), ma anche la necessità di mantenere un RMB forte che favorisca la sua internazionalizzazione.
Secondo, in occasione della conferenza tenutasi a marzo a Pechino, il Governatore della Banca centrale della Repubblica popolare cinese (PBC), Zhou Xiaochuan, ha annunciato che la banca centrale si è prefissata di raggiungere quest'anno la totale convertibilità del renminbi. Noi avevamo pronosticato due o tre anni di tempo per la conclusione di tale progetto. I politici si sono posti due traguardi nel breve termine: l'inclusione del RMB nel paniere di valute dello Special Drawing Rights del Fondo Monetario Internazionale e l'inclusione della Cina negli indici globali dei mercati azionari e obbligazionari.

In entrambi i casi una valuta forte, o almeno stabile, ne costituisce il presupposto.
Terzo, all'inizio del mese, il Financial Times (in inglese) ha pubblicato un'intervista con il Premier Li Keqiang nella quale ribadiva la propria volontà di non voler più assistere a un'ulteriore svalutazione della valuta, facendo eco a quanto espresso da uno dei funzionari cinesi sopra menzionati quando ha detto "non voglio un ulteriore deprezzamento del RMB perché prima di incentivare le esportazioni attraverso la svalutazione occorre dedicarsi al miglioramento della domanda interna. Diversamente, sarà molto difficile per la Cina riequilibrare la propria struttura economica".

Il ritmo delle riforme accelera, ma i rischi politici rimangono

Il RMB pienamente convertibile può apparire un obiettivo ambizioso, ma il ritmo delle riforme in Cina è alquanto sostenuto. A marzo il Premier Li ha autorizzato alcuni enti locali a convertire mutui bancari in obbligazioni municipali. Anche se non è ancora chiaro in che modo i fornitori originali di debito ne risentiranno in termini di flussi di cassa da ricevere, lo swap loan-for-debt libererà in qualche misura i bilanci delle banche e contribuirà a ridurre il rischio sistemico.


Questa operazione rappresenta un passo importante verso lo sviluppo dei mercati dei capitali cinesi— soprattutto perché farà crescere il settore delle obbligazioni municipali di 300 milioni di dollari praticamente dall'oggi al domani.
Il rischio legato agli obiettivi delle riforme cinesi risiede nell'obbligo politico di gestire il rallentamento dell'economia e al contempo sostenere l'occupazione. Se fosse necessario un ulteriore incentivo, quanto è probabile che Pechino scelga di svalutare anziché tagliare ancora i tassi di interesse?
Secondo noi, molto improbabile. Sebbene la Cina abbia messo in atto una politica monetaria espansiva nel corso dell'ultimo anno, siamo convinti che abbia ancora margine per tagliare i tassi di interesse. I tassi di riacquisto a uno e a sette giorni della PBC (il tasso al quale la banca centrale presta denaro alle banche commerciali) sono saliti. Ciò può sorprendere, dato il volume di liquidità che è stato immesso nel sistema dalle successive consistenti eccedenze commerciali su base mensile.
Ma la liquidità monetaria interna mostra in realtà aspetti problematici a causa degli investitori nazionali che cercano di sfruttare l'aumento del dollaro, tramite operazioni che hanno visto il trasferimento tra conti nazionali anziché la fuoriuscita di capitali, come dimostrato dal forte aumento dei depositi in valuta straniera registrato l'anno scorso.


Alla luce di ciò, i politici saranno ancora più riluttanti a svalutare il RMB, che comporterebbe ulteriori afflussi.
Un'altra ragione per ritenere improbabile la svalutazione è che la Cina non ha mai cambiato il tasso di cambio per ragioni interne, perché il paese è un importatore netto di materie prime e una valuta forte lo avvantaggerebbe. Poiché i prezzi delle materie prime continuano a scendere, un RMB forte aiuterebbe ad ampliare i margini delle imprese nazionali—un fattore cruciale per il sostegno della crescita.

Hayden Briscoe, responsabile Reddito fisso dell'area Asia Pacifico di AllianceBernstein
 


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