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13/05/2015

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Marietti Andreani (AIBA): i broker chiedono polizze piu' chiare

L'intermediatore opera nell'interesse dell'azienda-cliente, e anche se gran parte del mercato assicurativo è concentrato sull'RC Auto, sono molti i vantaggi che la consulenza può offrire alle imprese italiane. A partire dai rapporti con la banca

In Italia abbiamo una cultura assicurativa abbastanza scarsa, specialmente tra le PMI, complici insufficiente comprensibilità delle polizze, sensibiltà sulla materia e indifferenza delle banche. Eppure ci sarebbe molto da fare, specialmente in tema di responsabilità civile conto terzi. Ne abbiamo parlato con Carlo Marietti Andreani, presidente di AIBA (Associazione Italiana Brokers di Assicurazioni e Riassicurazioni).

Cosa differenzia un broker da un'agente assicurativo?

C'è una differenza macroscopica, anche se non sempre immediatamente avvertita: l'agente opera su un mandato, normalmente con rappresentanza, da parte di una compagnia di assicurazioni. Il broker opera su un mandato, normalmente senza rappresentanza (talvolta si), conferito dal cliente. Quindi sul mercato ci sono due tipologie di intermediazione, di pari nobiltà, ma che si differenziano perchè l'agente di assicurazione opera per conto di una o più compagnie di assicurazione identificate; mentre il broker opera per conto del cliente, senza vincolo alcuno con gli assicuratori, ed è libero di negoziare ipotesi assicurative con interi mercati autorizzati.

Nel caso di un broker italiano, all'interno della Comunità europea.

Come valuta l'andamento del comparto?

Storicamente in Italia il broker ha una clientela rappresentata prevalentemente da aziende, con un grande impatto della PMI. Quest'ultima è in questa fase molto negativamente condizionata dalla congiuntura economica, e quindi anche il broker ne risente.

Quali sono i benefici per un'azienda che si affida a un broker?

Credo che il beneficio più significativo sia rappresentato dall'ampiezza dei possibili interlocutori assicurativi che il broker raggiunge. Tramite la sua attività il cliente acquisisce l'accesso a un dialogo diretto con tutto il mercato assicurativo, nessuno escluso. E questo credo sia uno dei vantaggi più significativi.

Quali sono le polizze più richieste?

In Italia la risposta è facile poichè ci sono delle coperture di carattere obbligatorio. La regina di queste, spesso al centro di un'attenzione spasmodica, è l'RC auto, che da sola copre circa il 60-70% dell'intero mercato del ramo danni, quindi escluso il ramo vita.

A livello aziende ci sono poi altre coperture assicurative obbligatorie, figlie di contratti nazionali collettivi di lavoro. Mi riferisco, per esempio, ad alcune coperture di infortunio per i dirigenti, ma gli esempi sono molti.
C'è a mio parere una consapevolezza non sufficientemente diffusa verso le problematiche della responsabilità civile verso terzi, che invece, a giudizio del broker, è un comparto che richiederebbe molta attenzione. Per una considerazione abbastanza semplice: mentre in un danno "property" (che colpiscono cose di proprietà o nella disponibilità dell'assicurato) è possibile immaginare e quantificare la dimensione economica di un possibile danno, cioè nel caso di un'azienda posso immaginare costo di rimpiazzo di un macchinario, ben più difficile è ipotizzare la quantificazione economica di un danno verso terzi. E l'incertezza è il presupposto logico che suggerisce di far ricorso ad uno strumento assicurativo. Il problema della diffusione delle coperture è molto condizionato dalla consapevolezza e dalla conoscenza dello strumento. I danni sono caratterizzati da due variabili semplici: la frequenza e la dimensione economica.

Tipicamente oggetto di una copertura assicurativa dovrebbe essere il danno di scarsa frequenza e di grande impatto economico, cioè la situazione da dover affrontare con le spalle coperte.

Per l'Italia l'export è un fattore fondamentale. Quali tipologie di strategie di consulenza offre il broker alle imprese che operano sui mercati esteri?

Il broker ha un ventaglio di responsabilità operative nei confronti di un cliente. La prima riguarda la movimentazione delle merci, in cui occorre valutare con attenzione quali strumenti adottare e a chi imputare certi oneri di copertura assicurativa. C'è poi una riflessione sulle eventuali coperture obbligatorie nei Paesi coinvolti dall'import o export. C'è tutto il fronte dell'assicurazione eventuale del credito commerciale, che ha delle sue specificità. L'importante è che il broker sia in grado di assistere il cliente nel coordinare le coperture proprie con quelle dell'interlocutore, che spesso possono essere più di uno, specialmente in presenza di spedizionieri o vettori con regole e normative locali, che costituiscono le variabili da coordinare.




L'Italia vive da tempo una condizione di sottoassicurazione, specialmente per le PMI. Quali sono i fattori principali?

In Italia abbiamo una cultura assicurativa abbastanza scarsa e le chiavi di lettura possono essere molteplici. Sicuramente abbiamo avuto un'incidenza dei costi estremamente significativa per la copertura sul ramo veicoli, che ha assorbito molte delle capacità economiche dei potenziali assicurati, riducendo la possibilità di acquisto di altri strumenti. C'è poi, a mio avviso, un problema di non chiarezza nell'elaborazione dei contratti di assicurazione. Posso affermare che talvolta anche il broker è in difficoltà ad interpretare certe normative approntate dalle compagnie. Questo risponde a molteplici ragioni e questa non è la sede per approfondire. Però ritengo che se le polizze fossero scritte in maniera più intelleggibile aiuterebbe a favorire la convinzione sull'utilità dello strumento. Un terzo aspetto, tipico, è che l'acquisto di un'assicurazione riguarda un qualcosa di intagibile, ma anche incerto ed eventuale, e quindi il grado di soddisfazione psicologica è riservato solo a chi in qualche modo è in grado di capire che tipo di valorizzazione di copertura dei propri asset va ad acquistare.


Tutto ciò che è oneroso, eventuale e - uso un termine non corretto ma che rende l'idea - un po' evanescente, non è uno stimolo significativo all'acquisto.
In questo il broker credo che abbia delle grandi possibilità per il futuro di dare un contributo significativo. Soprattutto se riusciamo a spiegare alla nostra clientela, oppure che questa sia sufficientemente aperta, che il broker è un professionista che opera nell'interesse del cliente. Non svolge il suo ruolo per vendere polizze, ma esso prevede l'acquisto insieme alla clientela di strumenti assicurativi. Un approccio totalmente rovesciato a quello psicologico del cliente al tema.

Assicurazione e accesso al credito bancario: perchè il combinato disposto non funziona? Perchè le banche non risconoscono il reale valore delle polizze?

Questo è un problema importante, poichè in Italia non è storicamente mai avvenuto. Io credo che un tema di fondo sia la capacità di valutazione del contenuto di uno strumento assicurativo. Questo perchè le polizze non sono tutte uguali e quindi non si può risolvere la questione in maniera "enigmistica" o barrando delle crocette su Assicurazione Esistente o Non Esistente, e da qui trarre delle conclusioni.


E anche su questo credo che il broker possa dare contributi significativi. Per poter valutare la portata e la valenza di uno strumento assicurativo occorre che qualcuno di esperto sia in grado di "soppesarlo". Perchè sarebbe deteriore il ricorso ad uno strumento assicurativo acquistato male da un'azienda-cliente, al solo scopo di venire incontro ad una valorizzazione del sistema bancario. Credo che un modo per cominciare a far dialogare il sistema bancario con la valorizzazione dello strumento assicurativo sia, innanzitutto, quello di individuare un circuito perchè ci siano dei soggetti in grado di valutare la qualità dello strumento stesso. Quindi, parliamo di tavoli di lavoro, con la disponibilità del broker, in quanto incaricato dal cliente, con uno sguardo eticamente obiettivo e oggettivo, con la necessità di avere una corretta remunerazione con un rapporto costo/risultato il più virtuoso possibile.
Il problema oggi è sapere che questo tipo di "diligence" da parte del cliente possa avere un qualche tipo di riconoscimento da parte del sistema bancario. E spesso non è una spesa in più, in quanto si tratta di valorizzare strumenti assicurativi già esistenti se correttamente articolati.




Siamo alla vigilia di passaggio delicato: la seconda direttiva europea sull'intermediazione IMD2...

Questa nuova normativa europea arriva in un momento in cui si sta ancora cercando di interpretare correttamente la prima direttiva. Mi riferisco alle applicazioni nei singoli Paesi. Condivido fino in fondo alla necessità di mettere ordine nell'attività di intermediazione. Ritengo peraltro che siano necessari degli adattamenti alle norme e agli usi locali. Personalmente plaudo a quello che IMD2 dovrebbe contenere. Dovrebbe, perchè in qualunque iter legislativo spesso il testo si può stravolgere, e a livello europeo è ancora più complicato. Nell'ottica del broker italiano sono tre i passaggi fondamentali cui teniamo, ma non so quanto riusciremo a far sentire la nostra voce.
Il primo riguarda la possibilità di personalizzare alcuni passaggi della norma, diversificandoli a seconda che l'intermediario sia un agente o un broker, per la diversa natura ed origine dell'incarico.
Il secondo riguarda il differenziare gli strumenti assicurativi con la separazione tra strumenti di natura finanziaria da quelli più tecnicamente di natura assicurativa.


Per esempio, alcune soluzioni del "ramo vita", a mio giudizio, di assicurativo hanno poco (vedi i contratti di accantonamento, per usare un termine non tecnico) e sono strumenti più finanziari che assicurativi. L'approccio, la rapidità, le conoscenze, le tutele di garanzie che un assicurando deve avere sono diverse. Io non posso pensare di risolvere un problema, per esempio, del ramo trasporti in cui ho una nave in partenza, e dover fornire tutta una serie di documentazioni preventive al mio cliente di cui non ho il tempo materiale di allestimento. Su uno strumento assicurativo tipicamente finanziario, in genere non ci sono emergenze o premure tali da precludere un certo iter. Tutto ciò per ribadire che occorre una diversificazione del contratto assicurativo.
Il terzo punto è la necessità di semplificare il rapporto tra assicuratori e clienti e la relativa normativa. Oggi abbiamo una produzione di informazioni e di carta scarsamente letta dall'assicurato, che genera confusione - che si aggiunge magari alla scarsa comprensibilità della polizza - con delle sottoscrizioni per avvenuta presa di coscienza e conoscenza da parte dell'assicurato, che non raggiungono assolutamente l'obiettivo.


E' un po' come accade con l'adesione a contratti di diversa natura, per esempio luce, gas, telefono o quello di un conto corrente in banca, dove credo di non essere il solo a sottoscriverli per necessità o per dovere, ma senza ricavarne informazioni utili alla decisione.

E per il futuro?

Ho un timore: la corsa compresibile alla disintermediazione, cioè l'acquisto diretto da parte della clientela di strumenti assicurativi, tende inevitabilmente a standardizzare l'offerta da parte delle compagnie. E questo è in contrasto con l'obiettivo, che credo importante, di trovare soluzioni ad hoc per le necessità tipiche dei singoli assicurati. E mi riferisco soprattutto alle aziende. Questo potrebbe anche avere un influsso nefasto qualora questi contratti acquistabili sul web, o comunque con degli automatismi, continuino ad essere redatti in maniera poco comprensibile. Anche qui è un problema di acculturamento dell'utenza ma che richiede anche uno sforzo per le compagnie di dotarsi di strumenti che siano più semplici, più facili e più agili. In fondo, anche il broker è un utente e la nostra clientela si fida molto delle nostre valutazioni.


Perchè l'evoluzione degli strumenti è virtuosa, ma se gestita con metodi virtuosi e con premesse virtuose.

L'avvento nel mondo assicurativo di grandi player del web come Google o Amazon può avere un impatto sulla vostra attività?

La nostra attività è fatta di due momenti. Il primo è la consulenza al cliente nel momento dell'intermediazione in senso tecnico, all'acquisto dello strumento assicurativo. Il secondo momento, che ha la stessa importanza del primo, riguarda l'assistenza al cliente durante tutta la fase di vita della polizza. Parliamo di gestione, l'assistenza sui sinistri, ecc. Io ritengo che, parallelamente all'avvento sul mercato di strumenti di acquisto diretto e automatico, quindi non negoziabile, di strumenti assicurativi da parte della clientela, è vero che da un lato questo fattore comprime la nostra partecipazione al momento tecnico dell'intermediazione, ma apre spazi assolutamente significativi sulla necessità di assistenza successiva a favore della clientela. Il fenomeno riguarderà soprattutto il mercato retail, perchè prima di pensare di risolvere le necessità operative assicurative di un'azienda con strumenti preconfezionati, passerà parecchio tempo.


Ma forse quello sarebbe un bel giorno, perchè significherebbe che il mercato assicurativo avrebbe avuto un'evoluzione assolutamente significativa che, in questo momento, purtoppo non siamo in grado di intravedere.
 


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