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25/03/2015

idee

Perche' i partenariati pubblico-privati non funzionano

In un report globale di PSIRU (Public Services International Research Unit) i molteplici vantaggi dell’alternativa pubblica

Esiste una strana contraddizione tra l'euforia per i cosiddetti partenariati pubblico-privati (PPP) e gli scarsi risultati ottenuti con questi strumenti negli ultimi 30 anni.
Molti governi ricorrono ancora ai partenariati pubblico-privati nella speranza che il settore privato finanzi le infrastrutture e i servizi pubblici. Tale speranza permea anche il G20, l'OCSE e i negoziati in corso alle Nazioni Unite sugli obiettivi di sviluppo sostenibile, che saranno confermati dai capi di stato nel settembre 2015.
La privatizzazione sta per diventare politica ufficiale delle Nazioni Unite. L'esperienza con i PPP dimostra tuttavia che è fondamentalmente fallace.
Il rapporto "Why Public-Private-Partnerships don't work" (Perché i partenariati pubblico-privati non funzionano) redatto da PSIRU (Public Services International Research Unit) ha valutato l'esperienza dei PPP nei Paesi ricchi come in quelli più poveri. In esso si giunge alla conclusione che i PPP rappresentano un modo costoso e inefficace di finanziare le infrastrutture e i servizi, perché occultano l'indebitamento pubblico e allo stesso tempo offrono a società private garanzie di Stato a lungo termine per i profitti.


La ricerca svela le pratiche poco trasparenti dei PPP, in gran parte tenuti segreti e nascosti dietro negoziati riservati per proteggere vantaggi commerciali. Non ci sono consultazioni pubbliche, bensì molte false promesse e contratti commerciali estremamente complessi, tutti studiati allo scopo di proteggere gli utili delle imprese.
"I governi e le Nazioni Unite sono fortemente influenzati da una potente lobby composta dalle maggiori società di servizi finanziari, di consulenza e legali, che cerca di trarre profitto da servizi pubblici primari come la sanità, l'acqua e l'energia", sostiene Rosa Pavanelli, Segretario generale di PSI (Public Services International).
"Dobbiamo tenere presente che le imprese del settore privato devono massimizzare i profitti se vogliono sopravvivere. Ciò è incompatibile con la necessità di assicurare un accesso universale a servizi pubblici di qualità, soprattutto per chi non è in grado di pagare tali profitti".

Ulteriori pericoli

Queste politiche di privatizzazione sono legate anche al nuovo ciclo di negoziati commerciali (TISA, TPP, TTIP, CETA), anch'essi conclusi in segreto e in assenza di consultazioni pubbliche tra le imprese commerciali e i governi che eseguono i loro ordini.

Negli accordi commerciali i PPP saranno facilitati e vincolati in modo tale che sarà quasi impossibile revocarli.
Un ulteriore pericolo è rappresentato dal tentativo della Banca Mondiale, il G20, l'OCSE e altri di "finanziarizzare" i PPP per accedere alle migliaia di miliardi di dollari detenuti dai fondi pensione, dalle società di assicurazione e da investitori istituzionali.
Per accedere a questi fondi, i governi sono invitati a formare un grande numero di PPP contemporaneamente per creare un insieme di attività che possono essere in seguito raggruppate e vendute a investitori a lungo termine. Questo è esattamente ciò che le società di servizi finanziari hanno fatto con i mutui casa all'inizio del 2000 e che ha portato alla crisi finanziaria globale del 2008.

Da Londra a Santiago

L'autore del rapporto, David Hall, che è stato direttore di PSIRU alla Business School dell'Università di Greenwich a Londra, ha analizzato e confrontato vari casi e Paesi dove i PPP non hanno mantenuto le promesse: l'insuccesso del programma "Transport for London", la performance negativa dell'aeroporto di Delhi, gli scandali legati alla corruzione nei progetti infrastrutturali in Cile, i problemi finanziari causati dal pacchetto di PPP imposto dalla Troika in Portogallo.


Ad esempio, ha spiegato Hall, "il Regno Unito ha utilizzato i PPP per un'ampia gamma di edifici e infrastrutture, come ospedali, scuole, strade, ferrovie, difesa e uffici governativi. L'aumento dei limiti neoliberisti sui prestiti statali è andato di pari passo con la diffusione dei PPP; come in Europa, dove le regole dell'Unione Europea hanno iniziato a limitare il disavanzo al 3% del PIL".
La Nuova Zelanda, l'Australia, il Canada e gli Stati Uniti hanno tutti iniziato a utilizzare i PPP come metodo per far quadrare i bilanci nascondendo l'indebitamento, per ridurre le dimensioni delle amministrazioni pubbliche e premiare i finanziatori privati.
Nei Paesi in via di sviluppo, le banche per lo sviluppo, i donatori bilaterali e le aziende multinazionali hanno incoraggiato la diffusione dei PPP negli anni '90, soprattutto nei settori idrico ed energetico, come parte di una strategia generale di promozione delle privatizzazioni e un modo per aggirare i vincoli fiscali imposti dalle stesse istituzioni finanziarie internazionali (IFI) sui paesi in via di sviluppo.


Anche se un certo numero di servizi è stato privatizzato, l'erogazione dei servizi ai cittadini non è migliorata.

Possibili alternative

Il rapporto di PSIRU propone un'alternativa pubblica a questo sistema, nella quale i governi nazionali e locali possono continuare a sviluppare infrastrutture utilizzando finanze pubbliche per gli investimenti e organizzazioni del settore pubblico per fornire il servizio. Tale sistema offre al settore pubblico numerosi vantaggi.
Il settore pubblico ottiene maggiore flessibilità, controllo ed efficienza comparativa, grazie alla riduzione dei costi delle transazioni, a una minore incertezza dei contratti, e anche alle economie di scala, con un incremento dell'efficienza dovuta a una maggiore responsabilità democratica.
"I servizi pubblici sono enormi fondi comuni di potenziali profitti societari e i PPP servono per accedervi. I "clienti" sono prigionieri, i servizi sono spesso dei monopoli", ha cocluso David Boys, Segretario generale aggiunto di PSI. Il report offre una sintesi frutto di molti anni di ricerche e viene messo a disposizione di tutti".




E' possibile scaricare il rapporto completo (in inglese)  qui

 


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